2019-11-16
Gli audio di Mifsud nelle mani degli Usa. Già a fine mese arriverà il verdetto
L'indagine sul Russiagate procede spedita. Verdetto imminente sulle eventuali ingerenze di Mosca. E sul ruolo di Barack Obama.Ora dopo ora, il cerchio intorno ai protagonisti del Russiagate si stringe sempre di più. E sull'altra sponda dell'Atlantico, negli uffici federali che si stanno occupando delle indagini sulle presunte ingerenze russe nella campagna presidenziale del 2016, la temperatura sale vertiginosamente. Da ieri i file inviati nella notte tra martedì e mercoledì alle redazioni di Adnkronos e Corriere della Sera e contenenti un audio di un uomo che sostiene di essere Joseph Mifsud (il misterioso professore maltese al centro della presunta cospirazione ai danni di Donald Trump) sono nelle mani di John Durham. A consegnare il vocale nelle mani del procuratore statunitense incaricato di svolgere le indagini è stato Stephan Roh, l'avvocato di Joseph Mifsud. Contattato dalla Verità, il legale del maltese ha confermato di aver discusso «direttamente con Durham del contenuto del nastro», aggiungendo che «l'interesse si concentra sulla voce di donna che si sente al termine del secondo file». In effetti, sul finire della registrazione, si percepisce una voce femminile pronunciare «2» (o «22», secondo altre interpretazioni). Chi è la misteriosa signora del nastro? E perché parla italiano? Senza dubbio, al dipartimento di Giustizia americano possiedono tutte le competenze e gli strumenti informatici necessari a rispondere a queste e a molte altre domande. Ma soprattutto, dalla scorsa estate, John Durham e William Barr (capo del dipartimento) sono in possesso della deposizione spontanea rilasciata a maggio del 2018 da Mifsud nello studio di Roh. Elemento che permetterà ai due non solo di mettere a paragone l'audio dei vocali registrati nelle due differenti occasioni, ma anche confrontarne i contenuti. L'avvocato, infatti, sostiene che nel corso della testimonianza resa a Zurigo, Mifsud ha ribadito di essere stato «costretto» a recarsi a Esanatoglia, dove avrebbe trascorso due mesi (da ottobre a dicembre 2017) da «prigioniero libero». «Gli inquirenti Usa mi hanno chiesto copia di queste registrazioni, e poiché è nell'interesse di Mifsud collaborare con gli Usa, gliele ho fornite quest'estate», ha spiegato Roh al nostro quotidiano, «informando preventivamente anche la Link, dal momento che è un atto d'accusa contro alcuni dirigenti». Parole che cozzano con le affermazioni del presunto Mifsud del nastro: «Sono stato informato in maniera affidabile che Link campus è stata accusata di mettere in atto questioni o essere coinvolta con servizi (di intelligence, ndr). Categoricamente smentisco e mi rifiuto di accettare qualsiasi cosa di questo tipo». Nuova versione che, dunque, assolverebbe da ogni colpa il trio della Link tirato in ballo da Roh e composto da Vincenzo Scotti (presidente), Vanna Fadini (amministratore unico della società di gestione della Link) e Pasquale Russo (direttore generale). E proprio lo stesso Russo, nell'intervista rilasciata giovedì al Fatto Quotidiano, ha tentato di ridimensionare la permanenza di Mifsud a Esanatoglia, presso l'abitazione di Alessandro Zampini, compagno della Fadini: «Erano appassionati di scacchi e trascorrevano giornate insieme. Vanna Fadini non era stata informata». Una bella gatta da pelare per Barr e Durham, che ora si trovano a dover far fronte a questo nuovo rompicapo.Nonostante tutto, l'indagine sulla genesi del Russiagate prosegue spedita. Una delle due inchieste volte a verificare l'effettiva esistenza dell'ingerenza di Mosca, quella condotta dall'inspector general, Michael Horowitz, dovrebbe produrre i suoi frutti a brevissimo, forse già a fine mese. «È stato scritto, ed è anche la mia convinzione, che l'uscita del rapporto finale sia imminente», ha affermato Barr mercoledì a Memphis (Tennessee), «a un certo numero di persone che sono state menzionate nel rapporto è stata data la possibilità di commentare i passi nei quali vengono citati. Una volta che tutti questi passaggi saranno conclusi, il rapporto verrà pubblicato». Nello specifico, l'indagine condotta da Horowitz si concentra sul possibile abuso, da parte dell'amministrazione Obama, della norma che regola la sorveglianza fisica e la raccolta di informazioni di intelligence straniera (Fisa). Tra le risposte che ci si attendono da questo documento: chi ha autorizzato le intercettazioni a carico di Carter Page, membro della campagna di Trump nel 2016 e nel 2017, ma anche chi e perché ha ritenuto credibile il dossier Steele, il testo che descrive i rapporti dei consiglieri dello staff del futuro presidente e intermediari del Cremlino. Anche se sulla carta l'ambito del rapporto è il primissimo periodo del Russiagate, non è escluso che dalla relazione di Horowitz si possano apprendere elementi decisivi sul rapporto tra Joseph Mifsud e George Papadopoulos, e dunque anche sul ruolo dell'Italia nella vicenda. A tal riguardo, in questi giorni ha ripreso a circolare con insistenza un leak, cioè un documento trafugato, che riguarda una mail inviata dal maltese l'11 febbraio 2017, vale a dire il giorno dopo aver avuto un colloquio a Washington con gli agenti dell'Fbi. «Posso confermare che l'unico funzionario russo che ho presentato a Papadopoulos», scrive il professore, «è Ivan Timofeev (direttore di un think tank a Mosca con numerosi legami con gli Usa, ndr)». Le cose sono due: o Mifsud ha mentito all'Fbi, e allora dovrebbe essere incriminato, oppure ha detto la verità, e con i russi non c'entra nulla. Meglio preparare i popcorn, il bello deve ancora venire.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)