2020-01-22
Giustizia, Iv è sempre di traverso
Fallisce l'ennesima mediazione di Giuseppe Conte sulla prescrizione. A Palazzo Chigi vertice di maggioranza infuocato. Italia Viva non accetta compromessi: «È incostituzionale».Un miracolo, o forse un miraggio. E cioè un processo penale che, invece degli attuali sei-sette anni, ne dovrebbe durare quattro: per la precisione, 12 mesi in primo grado, 24 mesi in Corte d'appello e altri 12 mesi in Cassazione. Una bozza di riforma del processo. È questo il «coniglio magico» che ieri il ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede, ha tirato fuori dal cilindro per sedare gli attriti nel vertice di maggioranza sul busillis della prescrizione, a Palazzo Chigi: attriti pericolosissimi, agli occhi suoi e del governo, visto che al cruciale voto in Emilia-Romagna e in Calabria mancano appena cinque giorni.La bozza firmata da Bonafede, in 28 pagine che dovrebbero trasformarsi in una legge-delega, ha l'evidente obiettivo di disinnescare la polemica sul blocco della prescrizione che spacca la maggioranza. Fortemente voluto dal Movimento 5 stelle, che un anno fa l'aveva infilato nel decreto Spazzacorrotti e l'aveva approvato con la Lega, il blocco della prescrizione è entrato in vigore il primo gennaio 2020 e scatta dopo ogni sentenza di primo grado. Il problema è che il Pd è contrario al blocco, perché teme (giustamente) possa creare «processi eterni». Ma ancor più negativa è Italia Viva, il partitino di Matteo Renzi.Il vertice di ieri, il quarto in cui la maggioranza cerca di trovare una difficile via d'uscita sul tema, era stato preceduto dal viatico del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che aveva dichiarato: «Confido si possa trovare finalmente la piena condivisione». Bonafede ha tentato di riuscirci promettendo un'intensa accelerazione ai tempi del processo penale. Il Guardasigilli ha sostenuto addirittura che, quando tra due anni la sua riforma andrà (forse) a regime, i processi penali dureranno tre anni in tutto, dal rinvio a giudizio alla sentenza definitiva. Secondo il ministro l'obiettivo, miracoloso, sarà garantito da scadenze più strette per le indagini preliminari, da un più ampio ricorso ai riti alternativi, da giudici monocratici anche in appello. Ieri Bonafede ha detto di voler portare la sua riforma in Consiglio dei ministri al più presto, forse già domani.Il progetto del Guardasigilli ha recepito anche il «lodo Conte», proposto lo scorso 9 gennaio dal presidente del Consiglio. Il premier aveva suggerito d'introdurre una modifica al blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, distinguendo il destino degli imputati condannati, per i quali la prescrizione si dovrebbe fermare sempre e comunque, da quello degli assolti. Nella bozza di riforma, Bonafede ha aggiunto questa novità: se il pm fa ricorso in appello contro un'assoluzione, nel procedimento di secondo grado la prescrizione viene sospesa per un tempo «non superiore a due anni». Se però i due anni trascorrono invano, la difesa può fare istanza per arrivare a sentenza entro sei mesi: a quel punto, se il giudice non riesce a portare a conclusione il giudizio, rischia sanzioni. È garantito che la novità scatenerà le critiche dell'Associazione nazionale magistrati. Al momento in cui scriviamo, il vertice è ancora in corso. Matteo Renzi registrando Porta a Porta ha parlato di problemi di «costituzionalità, non c'è punto di caduta per ora, vedremo», mentre la delegazione del Pd ha ipotizzato di accelerarne il varo inserendolo in un emendamento al decreto Milleproroghe. Lo stesso stratagemma hanno adottato Lucia Annibali di Italia Viva e il responsabile giustizia di Forza Italia, Enrico Costa, che hanno presentato emendamenti paralleli al Milleproroghe per chiedere un più drastico rinvio di un anno per il blocco della prescrizione, rinviandone la partenza al gennaio 2021. Il problema è che il blocco della prescrizione è già in vigore, quindi sarà da vedere se gli emendamenti verranno ammessi. Decideranno i presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio: il grillino Giuseppe Brescia e il leghista Claudio Borghi.