2020-10-21
Giuseppi se ne lava le mani e sull’ipotesi coprifuoco ogni Regione pensa per sé
Dopo il passo in avanti di Fontana, Campania e Piemonte si accodano. Mentre Emilia, Veneto e Basilicata dicono di no. E in Liguria Giovanni Toti vieta ogni tipo di assembramento. S'è presentato con l'abito sartoriale, il ciuffo domo e la chirurgica impeccabilmente sistemata sul volto. Ma Giuseppe Conte avrebbe dovuto accompagnare la conferenza stampa che ha annunciato l'ultimo decreto presidenziale con il pugno alzato e l'eskimo d'ordinanza. Perché i suoi confusi proclami si sono già prevedibilmente tradotti nella totale anarchia. Dopo il coprifuoco in Lombarda, anche Campania e Piemonte reclamano adesso ferree restrizioni per contenere i contagi. Altre Regioni, probabilmente, seguiranno. Del resto, mica penserete che il balbettante Giuseppi, perfino in crisi di popolarità, si prenda la briga di decidere al posto di sindaci e governatori? Il reincarnato doroteo, il Capitan tentenna tricolore, l'Azzeccagarbugli che complica il ragionamento semplice… L'improvvisazione al potere è stata così sintetizzata dal maccheronico: fate vobis. Il più lesto è stato il presidente lombardo, Attilio Fontana. E Conte, pur di evitare le critiche dei rigoristi o dei lassisti, non aspettava di meglio. Centri commerciali chiusi nel weekend. E soprattutto lockdown notturno. Misure già definite con il ministro della Salute, Roberto Speranza: falco sanitario e poliziotto cattivo, antinomico all'accondiscente e deresponsabilizzato premier. Che si limiterà, conferma, «a mantenere un coordinamento nazionale». Ma il domino è cominciato. Ecco dunque Vincenzo De Luca. Il governatore della Campania, la regione più colpita dopo la Lombardia, annunciare i blocchi a partire da questo fine settimana. «Volevamo partire», aggiunge, «dall'ultimo weekend di ottobre ma partiamo ora. Si interrompono le attività e la mobilità per contenere l'onda di contagio». Dalle 23 alle 5: proprio come già deciso dal Pirellone. Almeno però, lo sceriffo con il lanciafiamme fa parziale retromarcia sulla chiusura delle scuole, contestata perfino dal mellifluo premier. «Autorizziamo da subito progetti speciali per bambini disabili e autistici», spiega De Luca, «e da lunedì anche le lezioni delle elementari». Ma, dopo un'estate passata a insolentire gli untori nordici, il presidente campano ha perso ogni baldanza. Perfino il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, adesso infierisce: «Penso ci siano stati errori molto gravi della Regione e non è uno scaricabarile. I numeri parlano da soli. Le persone a casa sono sole, appena aumenta la febbre vanno in ospedale, il virus è fuori controllo, la medicina territoriale è stata smantellata già prima della pandemia. De Luca ha vietato pure ai medici di dire la verità: il tampone viene fatto dopo molti giorni». Il sindaco fa previsioni nefaste: «Andremo sicuramente al lockdown in Campania, sono rimasti solo 15 posti in terapia intensiva». Arriva la stretta anche in Piemonte. Dal prossimo lunedì fino al 13 novembre 2020 per gli studenti delle superiori, eccetto quelli del primo anno, entrerà in vigore la didattica alternata. Un provvedimento che ricalca quello lombardo. Per arginare invece gli assembramenti serali si pensa a restringere l'accesso ad alcune zone della movida, come suggerito dal nuovo dpcm contiano in base alla ferrea logica dello scaricabarile. Si fermeranno poi i centri commerciali nei fine settimana. «Teniamo aperti solo alimentari, farmacie e generi di prima necessità», spiega Alberto Cirio. La chiusura è una «scelta anti assembramento molto forte», aggiunge il presidente piemontese, convinto di avere deciso «misure di grande rigore». Perché «quando si è prudenti non si sbaglia mai». Ed è questo, adesso, il punto. Le selvagge deroghe governative sono un modo per andare incontro alle esigenze dei territori. Solo in teoria, però. In pratica rischiano di tradursi in una corsa tra sindaci e governatori a chi chiude di più. In Liguria, il presidente Giovanni Toti vieta ogni tipo di assembramento da lunedì in ogni zona della Regione («Vietiamo alle persone di stazionare in gruppi»). E a Roma si studiano analoghi provvedimenti. Con Giuseppi pronto a incassare i meriti, se le cose andranno bene. O, viceversa, ad addossare ad altri le colpe. Il Veneto, intanto, presenta un piano ospedaliero. E l'assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, assicura: «Oggi in Veneto all'orizzonte non c'è nessun pensiero di lockdown o di coprifuoco». Appunto: oggi. Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, concorda: «Adesso non serve». Già: adesso. Al domani, invece, è costretta a pensare la Lombardia. Ottenuto l'avallo di Speranza si lavora alla nuova ordinanza, che scatterà da domani. Misure, regole, divieti ed eccezioni. Coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino, dunque. Fino al prossimo 13 novembre. Sono previste eccezioni solo per motivi di salute, lavoro e comprovata necessità. Ma, in assenza di suggerimenti governativi, regna totale confusione. Lo stesso leader della Lega, Matteo Salvini, chiede chiarimenti. E da capire restano ancora diversi aspetti. La chiusura dei locali adesso è prevista a mezzanotte. Invece il coprifuoco arriverà alle 23. Quindi a che ora si dovranno cominciare a cacciare i clienti dai ristoranti, in modo che possano battere in tempo la ritirata? E se trovano un incidente sulla via di casa? E poi, soprattutto, chi farà i controlli? I vigili o l'esercito? La passeggiata del cagnolino rimane un valido motivo per derogare alle regole? O, per i bisognini canini, si aspetterà l'alba? Insomma, il caos. O meglio: l'incapacità decisionale mascherata da federalismo emergenziale. Una politica basta sui «vedremo»: ad andare avanti ci pensino gli altri. Così, l'atroce dilemma si ripropone: a che cosa serve, allora, un governo?