2021-08-19
Giuseppi non sente i colpi di pistola: «Il regime talebano? È distensivo»
Giuseppe Conte (Simona Granati - Corbis/Getty Images)
L'ex premier: bisogna dialogarci. Mario Draghi al lavoro sul G20. L'Europa congela i finanziamenti e attacca Joe Biden sul ritiro.Mentre i Talebani consolidano il proprio potere in Afghanistan, Bruxelles sta (difficoltosamente) cercando di elaborare una strategia. Il responsabile della politica estera dell'Unione europea, Josep Borrell, ha annunciato la sospensione degli aiuti economici che la Commissione aveva promesso lo scorso novembre a Kabul: si tratta, nella fattispecie, di un pacchetto per lo sviluppo dal valore di 1,2 miliardi di euro, che avrebbe dovuto essere spalmato su un arco di quattro anni. La notizia, di per sé, sarebbe anche buona. Il problema è tuttavia che non si tratta di una sospensione secca, ma sub condicione. «Nessun pagamento è in corso per l'Afghanistan in questo momento. Nessun pagamento di assistenza allo sviluppo finché non chiariamo la situazione», ha in tal senso dichiarato Borrell. «Dobbiamo vedere prima che tipo di governo organizzeranno i Talebani», ha aggiunto. Insomma, l'Unione europea non si smentisce mai. E, come spesso le accade, si limita ad adottare misure a metà. Del resto, è stato lo stesso Borrell martedì a invocare un generico «dialogo» con i Talebani «per prevenire un potenziale disastro umanitario e migratorio».Il nodo risiede nel fatto che tale linea ambigua rischia di incorrere in due errori. Il primo è quello per l'appunto di dialogare con un fronte – quello talebano – storicamente noto per la sua scarsa affidabilità. Il secondo è quello di avvalorare una certa narrazione, che sta prendendo piede in alcuni ambienti: quella, cioè, dei «Talebani 2.0». Una narrazione, secondo cui – tutto sommato – i nuovi «barbuti» sarebbero migliori e più umani di quelli al potere vent'anni fa. A tal proposito, si pensi soltanto alle parole del leader pentastellato, Giuseppe Conte, che ha parlato della «necessità di un serrato dialogo con il nuovo regime talebano, che si è dimostrato abbastanza distensivo». Ma tu guarda: i Talebani sono talmente «distensivi» che sparano sui cortei di protesta. Ma la posizione di Conte (che ha poi corretto il tiro affermando che «è vergognoso strumentalizzare» le sue parole soprattutto da parte di chi «ha inneggiato al rinascimento arabo») stupisce poco, soprattutto alla luce del fatto che, appena lunedì scorso, la sua amata Cina si fosse detta pronta a «relazioni amichevoli» con il redivivo regime islamista. Tra l'altro, giusto ieri la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha definito i «barbuti» di oggi «più sobri e razionali» rispetto a quelli di ieri. Insomma, la sintonia tra l'avvocato del popolo e la Repubblica popolare sembra davvero perfetta. Tornando a Borrell, va invece riconosciuto che l'Alto rappresentante Ue abbia colto nel segno quando ieri ha polemizzato con il presidente americano, Joe Biden. Spiegando il senso del caotico ritiro americano lunedì scorso, l'inquilino della Casa Bianca aveva dichiarato che non fosse un obiettivo degli Stati Uniti quello di portare avanti una strategia di nation building in Afghanistan. Una presa di posizione che è stata duramente criticata dal capo della politica estera europea. «Questo è discutibile. Abbiamo fatto molto per costruire uno Stato in Afghanistan… uno Stato che potesse garantire lo Stato di diritto e il rispetto dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali», ha dichiarato. Intanto, mentre ieri si è tenuto il G7 dei ministri degli Esteri in formato virtuale, fonti di Palazzo Chigi hanno confermato che il governo italiano stia lavorando per indire un G20 straordinario. Le date non sarebbero state ancora decise, ma circolano ipotesi sul mese prossimo. È anche in questo quadro che, nelle scorse ore, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto colloqui telefonici con vari leader: dal premier britannico Boris Johnson al presidente russo Vladimir Putin, passando per il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron. Sotto questo aspetto, è probabile che saranno due i temi (correlati) a tenere banco in sede di G20: il coinvolgimento di vari attori internazionali per cercare di stabilizzare l'Afghanistan e la questione dei rifugiati. Una questione, questa, particolarmente spinosa, visto che l'Europa teme possa replicarsi una crisi migratoria simile a quella del 2015. E infatti il nervosismo su questo fronte serpeggia un po' ovunque. Macron ha espresso delle preoccupazioni in diretta televisiva pochi giorni fa, mentre in Germania il dibattito rischia di avere delle ripercussioni sulla campagna elettorale per le elezioni federali di settembre. Se la Merkel lunedì ha avanzato una linea parzialmente aperturista, il presidente della Cdu e candidato cancelliere, Armin Laschet, ha invece seccamente twittato: «Il 2015 non si ripeterà». La questione dei rifugiati afghani sta del resto dividendo anche la maggioranza di governo in Italia, come testimoniato dall'ennesimo duello, consumatosi tra Matteo Salvini ed Enrico Letta. «L'Italia non può permettersi di accogliere decine di migliaia di persone visto che i centri di accoglienza stanno già esplodendo», aveva detto il leader del Carroccio. Parole che il segretario dem ha definito «inaccettabili». L'Afghanistan ha insomma aperto un ulteriore fronte di scontro in questo complicato semestre bianco.
Robert Kennedy Jr e Orazio Schillaci (Ansa)
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