2021-08-26
Giorgetti smonta il reddito di cittadinanza
Giancarlo Giorgetti (Claudia Calderone/Pacific Press/LightRocket via Getty Images)
Il titolare del Mise critica il sussidio ma abbassa i toni sul dl anti delocalizzazioni e propone una clausola per favorire le assunzioni dei dipendenti di aziende in difficoltà. Alla Finanziaria mancano tre mesi: servono risorse per le politiche attive e il taglio delle tasse.«La maggioranza deve mantenere toni bassi, per quanto sia possibile in una coalizione eterogenea, quando è più che necessario far prevalere l'interesse generale del Paese», spiega dal palco del Meeting di Rimini Giancarlo Giorgetti confermando la sua indole mediatrice. Anzi qualcosa di più. Visto che conferma la sua propensione all'apertura proprio con un appello ad abbassare i toni in un momento in cui a parte qualche urletto i toni sono già raso terra. «Ci sono», spiega, «due dimensioni: una dimensione di governo e una dimensione politica. Questo è un governo particolare che ha una ampia rappresentanza di partiti diversi. Il governo ha necessità di toni bassi, la politica, in particolare quando ci sono le campagne elettorali ha bisogno di toni alti. Le due cose, che devono essere conciliate, sono difficilmente conciliabili: spero che, in qualche modo, prevalgano gli interessi generali del Paese e quindi che i toni siano bassi». Insomma, «le divisioni nel governo sono fisiologiche ma ogni tanto, fortunatamente, si vota». Sulle dimissioni di Claudio Durigon reclamate da Pd e M5s, sottolinea che «quando si è investiti di responsabilità di governo bisogna essere molto attenti a quello che si fa»; e comunque, sottolinea, «un membro del governo si dimette o perché glielo chiede il presidente del Consiglio o il segretario del suo partito». La pratica interna al Mef viene solo sfiorata da Giorgetti che coglie l'occasione per fare da sponda alle altre mediazioni in cantiere. La prima potrebbe già dover essere scodellata oggi. Alle 17 potrebbe (ma non ci sono ancora convocazioni ufficiali) tenersi un cdm dedicato non solo all'accoglienza dei profughi afghani, ma anche alle nuove norme di distribuzione degli incentivi alle aziende e, soprattutto al famigerato decreto anti delocalizzazioni. Su quest'ultimo le incertezze sono più delle certezze. L'ultima bozza è ormai superata dai fatti. Però lo stesso Giorgetti ha preferito non prendere una posizione netta. Si è limitato a spiegare che ci sono molti punti di vista e che bisognerà trovare il punto di caduta. Speriamo che le tesi più orlandiane vengano sfilate e che alla fine esca un decreto all'acqua di rose. Avremmo preferito una scelta più liberista e non un messaggio minatorio. Certo, vedremo che succederà, ma il precedente sulle norme sui licenziamenti non promette bene. Diverso è invece il tema appena scodellato dal Mise. L'atto di indirizzo, firmato dal capo di gabinetto e indirizzato a tutte le direzioni generali (oltre che ai viceministri Alessandra Todde e Gilberto Pichetto Fratin), introduce una «clausola di preferenza per l'assunzione dei lavoratori di aziende in crisi, che impegna le aziende che beneficeranno di incentivi, agevolazioni o misure di sostegno finanziario». Su indicazione del ministro si invitano quindi tutte le direzioni generali del ministero a inserire questa clausola negli atti di prossima adozione «che comportino la concessione di incentivi, agevolazioni o misure di sostegno finanziario a valere su risorse Mise comunque denominate, ove compatibile». La clausola prevede che i soggetti beneficiari, nel caso in cui sia previsto un incremento occupazionale, si impegnino «a procedere prioritariamente, nell'ambito del rispettivo fabbisogno di addetti, e previa verifica della sussistenza dei requisiti professionali, all'assunzione dei lavoratori residenti nel territorio ove viene localizzato l'investimento che risultino percettori di interventi di sostegno al reddito, ovvero risultino disoccupati a seguito di procedure di licenziamento collettivo e, successivamente, dei lavoratori delle aziende del territorio di riferimento coinvolte dai tavoli di crisi attivi presso il Mise». Una norma non solo di buon senso che potrebbe in un certo modo bilanciare l'esborso degli aiuti. Certo il tema di fondo resta sempre quello del lavoro e anche su questo dal palco del Meeting Giorgetti ha voluto precisare il suo punto di vista sul reddito di cittadinanza. «La norma bisogna leggerla tutta e quella norma prevedeva che ai beneficiari del reddito di cittadinanza venissero offerte delle possibilità di lavoro alla declinazione delle quali era subordinata la revoca del reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza deve essere attuato e applicato integralmente, allora ha un senso». Tradotto: il reddito di cittadinanza senza l'ultima parte «non può reggere». Da qui alla stesura della legge Finanziaria ci sono poco più di tre mesi. È importante porre le basi adesso per fare in modo che le risorse buttate sul reddito di cittadinanza vengano in parte destinate a un vero rilancio delle politiche attive e in parte al taglio delle tasse. Non ci sono alternative a un Paese totalmente sussidiato e quindi sempre più povero. Speriamo che su questo tema la Lega si dimostri meno dialogante e accetti la sfida invocata da molti imprenditori.