2021-01-14
Giocano d'azzardo sulla nostra pelle
Beppe Grillo, Matteo Renzi e Giuseppe Conte (Getty Images)
Ho ascoltato con attenzione le parole con cui Matteo Renzi ha annunciato le dimissioni delle ministre di Italia viva e l'uscita del suo partito dal governo. E mentre l'ex presidente del Consiglio parlava mi chiedevo: ma gli imprenditori che sono sull'orlo del fallimento, i ristoratori che non sanno più mettere insieme il pranzo con la cena, i lavoratori che hanno perso il lavoro e le famiglie che hanno perso per coronavirus un loro caro, che capiranno di questa crisi? Renzi ha parlato di democrazia, di pieni poteri, di servizi segreti e di regole istituzionali, ma di concreto, che cosa ha detto? Ad essere sinceri io non ci ho visto nulla di nuovo, al punto che i famosi tre punti con cui ha esordito mi sono sembrati una ripetizione di ciò che aveva detto prima e di ciò che ha ripetuto nelle 26 interviste concesse a giornali e tv nell'ultimo mese. Oh, certo Teresa Bellanova, che gli stava a fianco nella conferenza stampa, ha aggiunto che ci si deve interrogare sulle tre ore che servono per andare da Roma a Milano mettendole a confronto con le sei che sono necessarie per raggiungere Lecce dalla Capitale. Ma il problema dei trasporti in questo Paese non si è certo scoperto ieri. Io che pure non sono tenero con Giuseppe Conte non posso che riconoscere come nelle infrastrutture ci sia un ritardo di decenni, che nemmeno Renzi, negli anni trascorsi a Palazzo Chigi e quelli passati a guidare il governo per interposto Gentiloni, ha accelerato. Forse il fondatore di Italia viva si è pentito dopo un anno e mezzo di aver dato vita a un mostro senza testa come l'esecutivo giallorosso? Ma sapeva perfettamente chi fosse Giuseppe Conte e quali fossero gli alleati con cui intendeva spingere il suo partito (all'epoca militava ancora nel Pd) al matrimonio, prova ne sia che fino al giorno prima aveva giurato che mai si sarebbe unito ai grillini, proprio come adesso giura che mai farà ribaltoni per fare governi con il centrodestra. Sì, suona un po' ipocrita oggi la scoperta dell'acqua cheta, ovvero che Conte è un presidente del Consiglio sui generis, uno che bada soprattutto alla sua fortuna e meno a quella degli italiani. I like, i post e le dirette Facebook il premier non le ha scoperte ieri e del resto lo stesso Renzi in questi anni ne ha fatti grande uso, dispiegando la potenza dei social per poter raccogliere consensi. Dunque, perché il senatore semplice di Scandicci si indigna ora, proprio nel momento in cui c'è da decidere che cosa fare per riuscire a portar fuori il Paese dall'emergenza? Che cosa propone di concreto che non sia la sua nomina a presidente del Consiglio in sostituzione di Conte? Dopo averlo ascoltato per circa un'ora rispondere alle domande dei giornalisti ho provato a sintetizzare il suo pensiero e lo propongo ai lettori così come io l'ho recepito. Di fatto l'ex segretario del Pd ha detto di no solo a un governo con Matteo Salvini, perché si è dichiarato indisponibile a un'alleanza con i partiti sovranisti e populisti. Per il resto l'ex presidente del Consiglio si è tenuto le mani libere, lasciando aperta qualsiasi porta, anche quella che gli consenta una marcia indietro. Alla domanda precisa se avesse una pregiudiziale sul nome di Giuseppe Conte, Renzi non ha infatti risposto sì, ma ha lasciato intendere che se proprio gli toccasse trangugerebbe anche quel rospo. Certo non si tratterebbe di una digestione facile, ma se fosse necessario a evitare le elezioni chiuderebbe gli occhi e aprirebbe la bocca. In pratica, le dimissioni delle ministre paiono un modo per negoziare il posto per altri ministri o ministre. Del resto, gli onorevoli di Italia viva che ambiscono a un posto di rilievo sono tanti e dunque bisogna farli ruotare e questo spiega il peana in apertura di conferenza stampa a Bellanova, Bonetti e Scalfarotto, il Trio Lescano dell'uomo di Rignano. Ma oltre a non escludere un reincarico a Conte nel caso proprio non si potesse evitare, Renzi non ha sbarrato la porta neppure a un governo istituzionale, ovvero a un esecutivo guidato da un tipino come Marta Cartabia (che, lo ribadiamo nonostante le smentite del Colle, l'altro ieri è stata vista al Quirinale). L'importante, par di capire, è che il professore o la professoressa che dovessero prendere il posto dell'avvocato di Volturara Appula riservino il giusto numero di poltrone per gli aspiranti ministri di Renzi e soprattutto consentano al senatore semplice di Scandicci di diventare segretario generale della Nato. Altre due cose poi abbiamo capito, ma più dai tic che dal discorso di Renzi, ed è che comunque se toccasse a lui decidere, la palla a Conte non la ridarebbe più e sempre se toccasse a lui, abolirebbe definitivamente le elezioni, perché quella è l'unica cosa che teme davvero. In sostanza, lo spettacolo che abbiamo visto andare in scena ieri è il solito braccio di ferro per il potere. Da una parte Renzi che vuole contare di più, dall'altra Conte che non vuole cedere neanche un millimetro della sua autorità e dunque potrebbe non dimettersi e aspettare un'eventuale sfiducia. Fra loro ci sono gli italiani, sempre più disperati e soli. Ribadisco, resta una speranza: che la guerra dei due mezzi (nessuno di loro è un grande statista) sfugga di mano e ci scappi il voto. Il mio è un augurio: in fondo hanno votato in America, si vota in Israele e Olanda e nessuno ci vede la fine del mondo.