2021-04-23
Giocano al coprifuoco, tanto ci bruciamo noi
Mario Draghi (Getty Images)
Nessuna base scientifica, tanta tattica partitica: «Matteo Salvini ha ottenuto l'anticipo delle aperture, noi vogliamo lo scalpo del tutti a casa alle 22». E che importa se in questo modo si uccidono le imprese, si segano le gambe al turismo e si affama chi ha bisogno di lavorare. Coprifuoco sì? Coprifuoco no? Coprifuoco alle 22? Oppure coprifuoco alle 23? Ci manca solo qualcuno che proponga un vertice di maggioranza per arrivare democristianamente al compromesso storico del lockdown: coprifuoco alle 22.30, magari con annessa spiegazione sulle convergenze parallele della zona rossa. Ci manca solo quello e poi avremmo visto quasi tutto. Perché, dopo un'intera giornata trascorsa a inseguire tweet e dichiarazioni sull'oscuramento coatto, risulta chiaro che la cosa più oscurata è la mente di chi l'ha imposto. Anche per il fatto che l'ha imposto per una sola e unica ragione: che non è la sicurezza dei cittadini. Che non è la salute. Che non è la lotta al virus. Ma è, solo e semplicemente, una ragione politica. Che il Covid non sia un essere notturno come i vampiri e che esso non si levi al calar del sole per tendere agguato ai mascalzoncelli che non vanno a nanna presto, è piuttosto evidente da un pezzo. Così come è evidente che il rischio di contagio in un ristorante o in un bar non cambia fra le 21.30 e le 22.30. Ho visto in queste ore virologi star arrampicarsi sugli specchi di fronte a semplici domande del tipo: perché un ragazzo che passeggia lungo il fiume con la fidanzata alle 22 non è pericoloso e alle 23 invece sì? E non è peggio se rientra in casa e si mette a giocare a carte con i suoi genitori? Ovviamente nessuna persona sana di mente può pensare che la pandemia viaggi con in mano l'orario ferroviario: alle 15 è ferma in stazione, alle 18 pure, ma alle 22 mette il turbo e parte veloce come un Frecciarossa. Vi pare? Il paradosso è totale: sono mesi e mesi che ci sfracassano gli zebedei con il fatto che dobbiamo seguire la scienza, e poi decisioni così importanti vengono prese sulla base di criteri scientifici che al confronto il mago Otelma è Einstein. Il motivo, come dicevamo, è uno solo. Politico. Il barometro del palazzo dice infatti che siccome il premier Draghi ha dato un contentino alla Lega di Matteo Salvini (e all'ala aperturista) anticipando piccoli semafori verdi al 26 contro il parere del ministro Speranza (e dell'ala chiusurista), adesso doveva dare un contentino al ministro Speranza contro il parere della Lega di Matteo Salvini. Perciò il coprifuoco non si tocca: non perché sia utile al Paese ma perché è utile a un partito politico piuttosto che a un altro. Ed è incredibile che in mezzo alla pandemia mondiale, con l'Italia sull'orlo della catastrofe economica, milioni di lavoratori a rischio e centinaia di migliaia di imprese che chiudono, ebbene, è incredibile che le decisioni siano prese con il manuale Cencelli del Covid: un po' di coprifuoco a te, un po' di aperture all'altro, il bilancino della politica applicato alla tragedia nazionale. Ci vorrà il pass per andare da una Regione all'altra? Sì ma nessuno si chiede se serve a qualcosa. Al massimo se serve a qualcuno. Cioè a qualche leader di partito. Ed è sconsolante perché, per quanto dentro i palazzi della politica ciò possa sembrare strano, queste decisioni non influenzano solo la vita dei partiti. Influenzano anche e soprattutto la vita delle persone. L'esistenza stessa delle imprese. La possibilità per milioni di famiglie di avere cibo in tavola oppure no. Per dire: tenere il coprifuoco alle 22, vuol dire impedire a molti locali di fare il doppio turno e di tornare così a lavorare decentemente dopo mesi di chiusura. E vuol dire bloccare sul nascere ogni speranza di far ripartire la stagione turistica. Quale straniero, infatti, prenota le vacanze in Italia sapendo che alle 22 verrà sbattuto a nanna? E avere oggi prenotazioni dall'estero o non averle, aprire oggi un ristorante o non aprirlo, per molti significa poter sopravvivere oppure no. Significa poter pagare i propri dipendenti oppure no. Significa lavorare oppure trovarsi presto nella coda alla mensa dei poveri. Tutte cose che, con il dovuto rispetto dei contendenti ministeriali, sono leggermente più importanti delle loro poltrone. Tutte cose che dovrebbero meritare un po' più attenzione dell'ultimo sondaggio Swg o Tecnè. E invece niente: gli equilibri da retrobottega romano passano al primo posto. Sempre. Nonostante tutto. Anche in questi tempi così eccezionali si prendono decisioni seguendo il solito criterio normale: il loro effetto politico. E pazienza se queste decisioni sono inutili dal punto di vista sanitario e devastanti dal punto di vista economico. Salvini «si è intestato» (come recitano ossessivamente i talk tv) l'anticipazione delle aperture al 26 aprile? Bene. Anzi, male: occorre dare qualcosa ai suoi avversari. E così il coprifuoco, cioè una misura talmente delicata e antidemocratica che dovrebbe essere usata in via straordinaria come arma della lotta al virus, viene invece banalizzata come ordinaria arma della lotta politica. E infatti, non appena confermato, il coprifuoco viene subito politicamente messo in discussione. «Quell'orario si potrà rivalutare», dice il ministro di Italia viva Elena Bonetti. «Quell'orario non durerà», assicura il ministro di Forza Italia Mariastella Gelmini. Nessuna delle due mi pare parli in nome della scienza. Ma tant'è. Segue dibattito. Segue mediazione. E compromesso. Facciamo alle 22.30? O alle 22.45? O a mezzanotte e un quarto? Ditemi voi se tutto questo ha un senso. Per quanto mi riguarda, la prossima volta che sento dire «lo dice la scienza», metto mano al coprifuoco.
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