2024-12-10
Per Gentiloni già pronta una poltrona all’Onu
L’ex premier guiderà una task force incaricata di risolvere la crisi del debito dei Paesi poveri. Proprio lui, che fece salire il nostro di 109 miliardi. Al suo fianco, l’economista cinese Wang: spiegherà come Pechino ha messo nei guai i conti pubblici di mezza Africa?Va bene che dopo l’incarico Ue a Luigi Di Maio nel Golfo Persico il mondo non è più lo stesso, ma adesso una bella poltrona-ponte toccherà anche a Paolo Gentiloni, beneficato niente meno che dall’Onu. Il commissario uscente agli Affari economici dell’Unione europea sarà il co-presidente di una task force delle Nazioni unite per risolvere la crisi del debito di decine di nazioni impoverite. Non male, per un politico che nei suoi 536 giorni da presidente del Consiglio ha visto il debito pubblico italiano salire di 109 miliardi. E nella pattuglia di consiglieri speciali del segretario generale Antonio Guterres, il conte di origini marchigiane troverà un’economista cinese di stanza a Boston, la signora Yan Wang, che potrà certamente spiegare ai colleghi come ha fatto Pechino a indebitare in pochi anni mezza Africa e a mettere le mani su quasi tutte le miniere del continente. In politica le date sono importanti, specie ai fini delle poltrone. Sabato 30 novembre ha completato il proprio mandato la prima Commissione Ue presieduta da Ursula von der Leyen e sabato scorso le agenzie di stampa hanno reso noto che Guterres nominerà Gentiloni in un gruppo di super esperti per occuparsi della «crisi del debito». Un fenomeno che a dispetto del nome congiunturale è ormai qualcosa di eterno. Ed è un’ottima fonte di reddito per chi sta dalla parte giusta, anche solo a dare consigli. Come spiega OnuItalia.com, il giornale italiano delle Nazioni unite, la task force dovrà «promuovere soluzioni politiche e galvanizzare il sostegno politico e pubblico necessario per risolvere la crisi del debito». Avrà a disposizione sei mesi per mettere a punto delle ricette economiche in vista della Quarta conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo, un processo intergovernativo facilitato dalle Nazioni Unite, che si terrà dal 30 giugno al 3 luglio 2025 a Siviglia.Una nota dell’Onu illumina come meglio non si potrebbe la filosofia che c’è dietro a questa ennesima operazione di facciata: «Il mondo in via di sviluppo sta attualmente affrontando una crisi del debito senza precedenti, con decine di Paesi che lottano sotto il peso del servizio del debito, minacciando la stabilità economica, il progresso sociale e lo sviluppo sostenibile. Eppure, fino ad oggi, la risposta globale è stata insufficiente». Come sempre, quando queste riflessioni arrivano dal Palazzo di Vetro, ci si dimentica di alcuni piccoli particolari come il fatto che molti Paesi «troppo indebitati» non sono democrazie, hanno governi che non sanno prendersi cura dei loro cittadini, hanno classi dirigenti corrotte e irresponsabili, sprecano miliardi nell’acquisto di armi per massacrare i vicini o i propri stessi compatrioti. Ciò detto, vediamo chi compone la task force Onu. Gentiloni lo conosciamo: è stato presidente del Consiglio dal 12 dicembre 2016 al primo gennaio 2018 in un governo di centrosinistra che ha poi portato alla débacle nelle elezioni vinte dai grillini. Ma lo si perdona, perché il suo governo fu una soluzione architettata in provetta da Sergio Mattarella al solo scopo di evitare le urne e di tornare alla normalità soporifera dopo la folle cavalcata di Matteo Renzi. Negli uggiosi giorni di Gentiloni a Palazzo Chigi, il debito pubblico italiano è passato da 2.218 miliardi a 2.327 miliardi di euro, con un incremento di 109 miliardi che corrisponde al 4,9%. Come si vede, un curriculum di prim’ordine per andare a insegnare al mondo come ridurre il debito. Con una missione così alta, l’incarico dovrebbe essere meramente onorifico, anche se poi con il meccanismo dei rimborsi spese in strutture come l’Onu si sopravvive discretamente. Mediamente, comunque, un consulente al Palazzo di Vetro prende almeno 50.000 dollari l’anno. A ieri, sul sito dell’Onu, non era dato capire se la nuova task force preveda stipendi o simili. In ogni caso Gentiloni va ad affiancare come co-presidente l’economista egiziano Mahmoud Mohieldin, che ha un lungo passato nella Banca Mondiale e proviene da una nazione che nel 2023 aveva un debito pubblico pari al 95,8% del prodotto interno lordo, almeno secondo la Banca centrale dell’Egitto. Sotto il regime militare di Al Sisi, l’economia è al collasso, la moneta viene svalutata ormai ogni sei mesi e la Banca centrale da due anni non è più indipendente ed è sotto controllo del governo. Onestamente, si capisce che Mohieldin preferisca vivere tra Washington e New York. Poi abbiamo Trevor Manuel, ex ministro delle Finanze del Sud Africa, che invece può vantare di aver fatto conseguire al proprio Paese il primo avanzo di bilancio (nel 2007). Ma il personaggio più interessante è l’economista cinese Yan Wang, che da anni guida il «Global China Initiative Program» dell’Università di Boston. Uno dei suoi ultimi lavori certificava, nella scorsa primavera, che dal 2000 al 2023 «prestatori cinesi hanno fornito 1.306 prestiti per un ammontare di 182,3 miliardi di dollari a 49 governi africani e a sette istituzioni finanziarie regionali». Insomma, la scelta di Wang da parte dell’Onu di Guterresci dice che sì, tutti i Paesi prestatori sono affamatori del popolo. Tranne i cinesi.
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