2025-02-13
Gaza, corsa a ostacoli per salvare la tregua
Hamas conferma che rinvierà il rilascio degli ostaggi previsto per sabato e rilancia: «Non accettiamo minacce dagli Stati Uniti» Sforzi di Qatar ed Egitto per scongiurare il peggio. L’Ue getta benzina sul fuoco: «Il piano di Trump per sfollare l’area è illegale».Sempre più tesa la situazione in Medio Oriente, con Hamas che ieri ha affermato che non accetterà minacce da parte di Stati Uniti e Israele in merito alla tregua in corso a Gaza. Il gruppo jihadista palestinese ha ribadito che che rinvierà il rilascio degli ostaggi previsto per sabato. Il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha detto: «La nostra posizione è chiara e non accetteremo il linguaggio delle minacce americane e israeliane. Israele deve impegnarsi a implementare i termini dell’accordo di cessate il fuoco per il rilascio degli ostaggi». Come noto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha avvertito martedì che «si scatenerà l’inferno» se gli ostaggi israeliani non saranno liberati entro sabato, come stabilito dal cessate il fuoco. Benjamin Netanyahu ha promesso «di riprendere intensi combattimenti a Gaza se Hamas non libererà i prossimi ostaggi entro mezzogiorno di sabato». La posizione degli Stati Uniti è stata ribadita ieri dall’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff: «Ci sarà un grosso problema» se Hamas non libererà gli ostaggi come previsto. «Hamas è un’organizzazione terroristica. Non dovrebbe essere loro permesso di far parte del governo di Gaza. Questa è una situazione malsana, devono andarsene. Il presidente ha detto tutto quello che tutti noi dobbiamo sapere, ovvero che sabato a mezzogiorno si aspetta che accada qualcosa di diverso e che se non sarà così ci saranno grossi problemi», ha detto Witkoff a Cspan.Per il segretario di Stato americano Marco Rubio non si può permettere a Hamas di ricostruirsi approfittando della tregua con Israele: «La sfida è in parte che Hamas continua a usare le sue reti per introdurre col contrabbando le armi e gli aiuti per sé, per ricostruirsi. Israele non può permettere che questo accada», ha dichiarato in un’intervista all’emittente americana Newsnation, ripresa dal Times of Israel. Con la tregua appesa a un filo, Egitto e Qatar stanno intensificando gli sforzi per salvare l’accordo di cessate il fuoco a Gaza, in seguito alle pressioni di Stati Uniti e Israele. Intanto il leader di Hamas Khalil al-Hayya è arrivato al Cairo con una delegazione per incontrare funzionari egiziani in merito all’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco di Gaza, afferma il gruppo terroristico in una nota. Secondo fonti egiziane, ci sarebbero «segnali positivi» in vista di una tenuta della tregua. Sempre a proposito dell’Egitto, il presidente Abdel Fattah al-Sisi non parteciperà ai colloqui alla Casa Bianca se l’agenda includerà il piano di Trump per lo sfollamento dei palestinesi da Gaza, secondo quanto riferito da due fonti della sicurezza egiziana. Durante una telefonata tra il presidente statunitense e al-Sisi il 1° febbraio scorso, il leader Usa aveva rivolto un invito aperto al suo omologo del Cairo per una visita a Washington, come già annunciato dalla presidenza egiziana. Ma un funzionario Usa ha confermato che non è stata ancora fissata una data per l’incontro. Il piano di Trump per la Striscia di Gaza continua a far discutere. Ieri l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas nel corso di un’intervista con la European newsroom, di cui l’Ansa fa parte, ha affermato: «È chiaro che le persone non possono essere cacciate via con la forza e che Gaza è parte integrante del futuro Stato palestinese, ogni acquisizione di territorio sarebbe illegale. Penso che sia anche nell’interesse degli attori regionali che l’Europa si sieda al tavolo per discutere di come sia la governance di Gaza, perché questo è uno degli elementi chiave per una pace sostenibile. È anche chiaro che Gaza non deve mai più diventare un rifugio per i terroristi». Sul tema Hamas ha elogiato Giordania ed Egitto per la loro ferma opposizione al piano di Trump, che prevede il controllo di Gaza e il trasferimento della popolazione nei Paesi confinanti. In una dichiarazione, il gruppo jihadista afferma che le posizioni di Amman e del Cairo «confermano l’esistenza di un piano arabo per la ricostruzione di Gaza senza lo sfollamento della sua popolazione». In realtà non esiste nessun piano (se non quello di non volere i palestinesi nei Paesi arabi), anche se ieri il ministero degli Esteri egiziano ha annunciato un generico e frettoloso «piano per una visione globale per la ricostruzione della Striscia di Gaza che garantisca che i palestinesi rimangano sulla loro terra». Infine, Trump ha chiesto al re di Giordania Abdullah II in visita a Washington, di contribuire a far comprendere a Hamas «la gravità della situazione se il gruppo terroristico non rilascerà gli ostaggi entro sabato», afferma la Casa Bianca. Infine ieri sera, Trump su Truth ha scritto: «Ho appena avuto una lunga e altamente produttiva telefonata con il presidente russo Vladimir Putin. Abbiamo discusso di Ucraina, Medio Oriente, energia, Intelligenza artificiale, il potere del dollaro e vari altri argomenti».
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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