2021-10-09
Gas, il piano Ue sugli acquisti comuni ci regalerà blackout e scontri interni
L'Europa ignora la bassa resa delle rinnovabili e scarica le colpe della crisi energetica sulla Russia. Spera che i Paesi si aiutino a vicenda quando ci saranno i contingentamenti. Ma Berlino punta sul suo Nord stream.Il panico che ha investito il mercato energetico europeo ha assistito a un raffreddamento negli ultimi giorni. Dopo aver raggiunto il massimo storico a 149 euro/megawattora, il Ttf, il contratto sul gas naturale scambiato ad Amsterdam utilizzato dagli operatori come riferimento, ha chiuso la giornata di ieri sotto quota 100. A offrire il pretesto alle vendite sono giunte le rassicurazioni del presidente russo, Vladimir Putin (da cui dipende il 43% del fabbisogno europeo), il quale ha aperto all'ipotesi di aumentare le forniture in favore del Vecchio continente. Rassicurazioni che però lasciano il tempo che trovano e che sono solo servite al mercato come scusa per assestarsi in vista di nuovi probabili rialzi. Il problema della grave carenza infatti rimane. Secondo la narrativa propugnata dall'Ue, la colpa di questa situazione risiederebbe nella minor offerta di Gazprom, che detiene il monopolio dell'export di gas russo. Ora, che Mosca ricopra un ruolo primario nulla quaestio. Dopo il depauperamento dei propri stock in Europa, determinati dalle basse temperature verificatesi lo scorso inverno, al minimo storico di 1,4 miliardi di metri cubi toccati a maggio, oggi il livello è cresciuto ad appena 2,3 miliardi di metri cubi. Si tratta di appena il 23% dei 10 miliardi di metri cubi che Gazprom aveva nei depositi nel settembre 2019 e ben al di sotto degli 8,9 miliardi di metri cubi pari alla media degli ultimi cinque anni. La criticità emerge anche dall'analisi dei flussi, se pensiamo che il transito di gas in Germania attraverso l'oleodotto Yamal (che passa per Bielorussia e Polonia e rappresenta uno dei tre pipeline che trasporta gas dalla Russia all'Europa) nei primi quattro giorni di ottobre si è assestato a soli 12 milioni di metri cubi rispetto alla media di 74 milioni nell'ottobre dello scorso anno. La tesi di Bruxelles è che le difficoltà della Russia di soddisfare appieno le necessità energetiche europee sarebbero indotte, ossia troverebbero spiegazione nella mancata approvazione del gasdotto Nord Stream2, che collegherà Russia e Germania. Ma si tratta di un'interpretazione pregiudiziale, che non considera come anche gli stessi player russi si ritrovino oggi in una condizione di difficoltà determinata da un autunno particolarmente freddo che sta spingendo i consumi in rialzo di 200 milioni di metri cubi su base annuale. Non va poi tralasciato il fatto che, come ha confermato all'agenzia Reuters la stessa Eni, Mosca stia rispettando i contratti di fornitura di lungo termine. Per farla breve, la carenza nel mercato energetico europeo nasce dalla maggior richiesta sul mercato spot. E qui casca l'asino: perché a contribuire al deficit energetico europeo se da un lato giunge l'energy crunch a cui si sta assistendo in Cina e in India (che sta spingendo i buyer asiatici a fare incetta di gas naturale liquefatto sui mercati internazionali), dall'altro lato una responsabilità non di secondo piano è giocata dalla bassa generazione di energia dalle fonti rinnovabili. Nel magico mondo della transizione verde infatti l'Ue sta scoprendo che cosa significa fare affidamento a fonti energetiche dipendenti dal meteo, come l'eolico e l'idroelettrico. La generazione di energia ha assistito a un forte calo quest'anno a causa dei deboli venti di quest'estate, che ha richiesto una produzione di gas maggiore del previsto per circa 10 milioni di metri cubi al giorno, stima Bank of America. Insomma, l'Ue, anziché sfruttare l'attuale crisi energetica per rimodulare il piano sul clima, prevedendo una transizione più graduale (come sta facendo la Cina che con un vero e proprio dietrofront ha ordinato a 72 minatori dell'Inner Mongolia di aumentare la capacità di 100 milioni di tonnellate), preferisce anche in modo poco intelligente, scaricare le colpe sul suo principale fornitore. La speranza naturalmente è che le temperature che si verificheranno nei prossimi mesi invernali non saranno rigide al punto da svuotare i depositi europei. Ma se invece ciò dovesse verificarsi, a quel punto sarà lecito attendersi ilrazionamento delle forniture di gas ed elettricità che potrebbero anche sfociare in veri e proprio blackout. In un contesto del genere chi potrà contare su una fornitura costante di energia, come la Francia - forte della fonte nucleare - potrà godere di uno migliore standing geostrategico. Non è un caso se nel pieno della crisi energetica nel Regno Unito, il ministro degli Esteri francese, Clement Beaune abbia dichiarato come l'Ue sfrutterà la leva energetica nei confronti di Londra per ottenere maggiori concessioni nella disputa delle acque al largo della Normandia. Ma sarebbe da ingenui pensare che anche l'Ue stessa non possa uscire danneggiata sul piano economico e su quello politico. La carenza di gas naturale e la bassa resa delle rinnovabili infatti rappresenteranno un test per la tenuta del mercato europeo. Nel momento in cui anche lo stress sul mercato energetico dovesse sfociare nel rischio blackout siamo certi che il Paese che in quel momento vanterà un surplus di energia sia disposto a venderlo a chi ne ha più bisogno?
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