
L’Autorità della privacy interviene sull’accordo tra gli editori di «Repubblica» e OpenAi, sviluppatore di ChatGpt: in caso di vendita degli archivi dei giornali per addestrare l’Intelligenza artificiale, possibili sanzioni. Il gruppo risponde: «Il patto riguarda tutt’altro».Lo scorso 25 e 26 settembre i giornalisti di Repubblica avevano fatto sciopero proprio mentre a Torino l’editore John Elkann dialogava in maniche di camicia su una pedana rotante con Sam Altman e annunciava un accordo con OpenAi che offre a ChatGpt accesso ai contenuti editoriali del gruppo. Il giornalisti protestavano contro due email della proprietà: in una venivano invitati a privilegiare gli interessi degli sponsor; l’altra conteneva un elenco dei pezzi per l’inserto di 112 pagine dedicato all’evento torinese. Gli accordi con Altman per l’intelligenza artificiale continuano a portare rogne per Elkann perché ieri il Garante per la privacy ha inviato al gruppo Gedi e alle società coinvolte nell’accordo un chiaro avvertimento: gli archivi digitali dei giornali conservano le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali anche estremamente delicati che non possono essere licenziati in uso a terzi per addestrare l’intelligenza artificiale, senza le dovute cautele. Se il gruppo, che edita anche La Stampa, in base all’accordo firmato a settembre con OpenAi, comunicasse a quest’ultima i dati personali contenuti nel proprio archivio, potrebbe violare le disposizioni del Regolamento Ue, con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste. L’avvertimento formale, spiega la nota del Garante diffusa ieri, è stato inviato a Gedi e a tutte le società (Gedi news network Spa, Gedi periodici e servizi Spa, Gedi digital Srl, Monet Srl e Alfemminile Srl) che sono parte dell’intesa di comunicazione dei contenuti editoriali stipulato con OpenAi. Il provvedimento è stato adottato dopo i primi riscontri forniti dalla società, nell’ambito dell’istruttoria avviata di recente dall’Autorità. Sulla base delle informazioni ricevute, il Garante ritiene che le attività di trattamento siano destinate a coinvolgere un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario, e che la valutazione d’impatto, svolta dalla società e trasmessa al Garante, non analizzi sufficientemente la base giuridica in forza della quale l’editore potrebbe cedere o licenziare in uso a terzi i dati personali presenti nel proprio archivio a OpenAi, perché li tratti per addestrare i propri algoritmi. Il provvedimento di avvertimento evidenzia, infine, come non appaiano sufficientemente adempiuti gli obblighi informativi e di trasparenza nei confronti degli interessati e che Gedi non sia nelle condizioni di garantire a questi ultimi i diritti loro spettanti ai sensi della disciplina europea sulla privacy, in particolare il diritto di opposizione.Nel tardo pomeriggio Gedi ieri ha replicato al Garante con una nota in cui si sottolinea che «l’accordo sottoscritto con OpenAi non ha ad oggetto la vendita di dati personali, e non è stato ancora avviato. L’accordo riguarda la comunicazione di contenuti editoriali, derivanti dall’attività giornalistica, e lo sviluppo di nuove e innovative modalità, tali da rendere accessibili i contenuti editoriali anche attraverso strumenti basati sull’intelligenza artificiale, assicurando al contempo la tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale delle testate del gruppo». Viene poi aggiunto che «nessun contenuto editoriale è stato attualmente comunicato a OpenAi e non lo sarà fintanto che non saranno completate le analisi e verifiche in corso».Il gruppo auspica, inoltre, che «si possa avviare velocemente un confronto costruttivo volto alla tutela degli interessi e dei diritti di tutte le parti coinvolte, per assicurare lo sviluppo di nuove funzionalità e prodotti basati sull’Ai, all’avanguardia della tecnologia e conformi alle disposizioni di legge, per migliorare il modo in cui i lettori accedono e interagiscono con le notizie in Italia».Ad aprile 2023, ricordiamolo, ChatGpt è stato bloccato per un mese dal Garante. Lo stop temporaneo al trattamento dei dati era stato deciso a causa del mancato rispetto della normativa in materia dopo un’istruttoria che il mese prima aveva rilevato, tra l’altro, la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati venivano raccolti da OpenAi, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica per giustificare la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali. L’11 aprile aveva inviato una serie di prescrizioni all’azienda che le aveva accolte mettendo in campo gli aggiustamenti richiesti e a fine aprile il servizio era ripartito. Dopo il provvedimento del Garante italiano, ChatGpt era finita sotto la lente anche delle altre autorità europee, tanto che il Comitato europeo per la protezione dei dati aveva deciso di creare una task force, principalmente per armonizzare l’approccio nei confronti della piattaforma.L’8 marzo di quest’anno però è stata avviata un’altra istruttoria nei confronti di OpenAi per il lancio di un nuovo modello di intelligenza artificiale, denominato «Sora» in grado, da quanto annunciato, di creare scene dinamiche, realistiche e fantasiose, partendo da poche istruzioni testuali.
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.






