2023-09-11
Gabriele Cirilli: «Il politicamente corretto? Se non offendi puoi dire tutto»
Il comico: «Prima di entrare in scena mi faccio sempre il segno della croce, anche se molti mi prendono in giro. La mia soddisfazione? Non essere un raccomandato».Sta per tornare a travestirsi su Rai1, dal 22 settembre, a Tale e Quale Show. Per questa intervista però le maschere Gabriele Cirilli decide di lasciarle nella valigia del comico. Come quando racconta che prima di entrare in scena si fa sempre il segno della croce e che non se ne vergogna. Perché, bisognerebbe?«No, anzi, e non mi importa: continuo a dire “che Dio vi benedica” ogni volta che sto per lasciare il palco, a dare una mano al prossimo quando posso, anche scoprendo nuovi talenti. Ma non sa quanti mi han preso in giro, e non sempre con benevolenza, in tanti anni nel mondo dello spettacolo». È così feroce il suo mondo?«Sono circondato da amici che non mi stancherò mai di ringraziare perché stimano come lavoro. Come Carlo Conti. È il lato bello della medaglia: al talento, a un pizzico di fortuna e a tanti sacrifici, si accompagnano rapporti personali veri. Ma non sa quante volte in questi 34 anni di lavoro è capitato che mi arrivasse addosso un po’ di frustrazione e tristezza…».Per cosa?«Quando ho visto ad esempio che ci sono persone che grazie a raccomandazioni, immeritatamente, arrivano. Perché hanno agenzie molto forti alle spalle. O una precisa etichetta politica. Io sono fuori da questi giochi e non partecipo, me ne voglio tenere alla larga».La politica non la interessa?«Da cittadino, non per il mio mestiere. Ho sempre votato le persone, più che i partiti. Purtroppo nell’80% dei casi mi hanno poi deluso. Sa che soddisfazione, comunque, lavorare perché me lo sono meritato? Questo fatto delle raccomandazioni quasi non mi fa più né caldo né freddo. Mi spiace per i giovani, però, soprattutto da quando me ne occupo con la Factory». È il direttore di una scuola di alta formazione per attori e lavoratori dello spettacolo, a San Salvo in provincia di Chieti.«Ne vado molto orgoglioso. Per la qualità degli insegnanti, altissima. E perché è già capitato che qualche ragazzo sia stato notato da agenti importanti… Al giorno d’oggi in teatro e all’estero esistono migliaia di corsi e masterclass per aspiranti attori. Ma costano un sacco di soldi e ti regalano al massimo una fotografia con il vip di turno: specchietti per le allodole. Ho voluto invece creare un’associazione senza scopo di lucro. Con il sogno di realizzare per i giovani quel che Proietti ha realizzato per me».Gigi Proietti?«Ho iniziato alla sua scuola, con un provino. Eravamo in 2.000 e tramite selezione entrammo in 23».Correva l’anno…«Millenovecentottantasei, avevo 19 anni».Dall’Abruzzo a Roma, a tentar fortuna. Mamma e papà come la presero?«La mamma ci ha sempre creduto, anche perché fin da ragazzino cantavo e recitavo. Capiva che era la mia strada. Papà invece aveva la tipica mentalità del pezzo di carta, ci voleva - tutti e tre i fratelli - sistemati. Per fortuna che uno di noi è diventato avvocato (ride, ndr)».Ha poi capito, suo padre?«In una serata indimenticabile vidi finalmente papà sorridere in platea dopo avermi visto recitare Bertolt Brecht con Piera Degli Esposti. La stessa sera convinsi pure il regista Sandro Bolchi: mi prese per uno spettacolo che andò in onda su Rai2 con Lina Sastri. Peccato che papà cambiò idea solo poco prima di andare via. Era malato, avevo solo 25 anni quando è morto».In Abruzzo ci torna ancora?«Certo, c’è ancora la casa di mia madre. Ma vivo in Toscana, mi ci ha portato il cuore».Una storia d’amore?«Mio figlio: studia qui. Con mia moglie Maria ci siamo trasferiti, il nostro lavoro ce lo consente».Si ride, a essere sposati con un comico?«Si ride molto, ma mica per merito mio. Sono anzi uno che si lamenta spesso ed è lei che porta l’allegria in casa. Quando lei ride, ride tutta la famiglia. Siamo sposati da 26 anni, l’ho conosciuta quando ne avevo 14 e il matrimonio si è rivelato fondamentale per la mia vita. Mi supporta sempre. Lavoriamo insieme. Faceva la farmacista ma ha scelto di starmi accanto anche professionalmente, valorizzando il mio percorso».Le scrive anche le battute?«Ha sempre l’ultima parola sui progetti e ha una vena ironica che abbiamo scoperto quasi con sorpresa negli anni. Nel mio lavoro conta tanto la squadra autoriale, anche se poi l’ultima parola deve spettare all’artista, che ci mette la faccia. Mi è capitato di farmi trascinare in progetti non vincenti su consiglio di altri, quando invece dovevo fare di testa mia».Rimorsi?«Mai, nemmeno rimpianti. Si impara anche dagli errori. Non do colpe a nessuno, se mi sono fatto convincere a fare qualcosa senza esserne convinto, la responsabilità è solo mia».Nei suoi show lei scherza spesso sui social network. Ci passa molto tempo, davanti allo schermo?«Pochi giorni fa ad esempio ho fatto satira in un teatro sui “boomer” imbranati come me. I social sono diventati uno spunto per i miei monologhi. Ma i telefonini che sono stati creati per avvicinare le persone, però, ora le stanno allontanando. C’è poco da ridere, in queste settimane. Tra le violenze di Palermo e la capretta uccisa a calci, mi sono convinto che occorrerebbe un patentino».Una patente per i social?«Vorrei lanciare una proposta seria, anche se so che purtroppo rimarrà inascoltata. Non ci si rende conto che stanno diventando un’arma potentissima. Puoi dire e fare quello che vuoi, ma è come lo stadio: se sbagli, serve un Daspo. Mi dia retta, per i social servono strumenti, e se ne deve occupare la politica: se i ragazzi arrivano a uccidere un animale a calci solo per avere visualizzazioni, si sta smarrendo il senso del limite. È capitato pure a me di sbagliare, ma ho imparato molto». Quando? «Un paio d’anni fa: ho commentato la partita della mia Juventus con parole non cortesi verso l’arbitro. Non me ne sono reso conto subito, purtroppo. Erano toni da chiacchiere da bar e mi pareva di esser stato spiritoso, ma così non era. Ho poi ho chiesto scusa e sono anche uscito per qualche tempo dalle piattaforme. Perché il mio mestiere è entrare nelle case delle persone in punta di piedi e voglio continuare a farlo con garbo e cortesia».Era stato politicamente scorretto?«Guardi, io penso che tutto si può dire, in realtà, se lo si dice garbatamente. Morgan, per fare l’esempio più attuale, ha sbagliato a buttare la croce sul pubblico con quel linguaggio. Anche perché sono gli spettatori a pagare il prezzo del biglietto».E il generale Vannacci?«Il libro non l’ho letto per mancanza di tempo, quindi mi astengo da un giudizio complessivo. Penso semplicemente che ciascuno possa avere le sue opinioni ed esprimerle, se lo fa con una modalità non offensiva».Questione, anche, di educazione?«Ho una battuta nei miei show: i miei genitori mi hanno educato alla non violenza a furia di calci in bocca. Lo dico per ridere, ma neanche troppo. Resto senza parole quando sento di famiglie che si oppongono alle bocciature dei figli, per esempio. Ci saranno pure casi limite, ovviamente, ma temo che la nostra generazione stia fallendo la missione educativa. Purtroppo - lo vedo anche nell’esperienza di mio figlio, che era appena maggiorenne - i ragazzi di oggi sono anche stati sfortunati con la pandemia».Che esperienza è stata?«È stata durissima per tutti e se ne parla troppo poco. Mio figlio ha le sue risorse, ha saputo rialzarsi e si è buttato nello studio, a breve si laureerà. Ma non tutti hanno la stessa forza, non tutti hanno una famiglia alle spalle a sostegno. Mi occupo di bullismo da anni, facendomi portavoce di chi lo combatte, e non sa quanti sono i ragazzi confusi, persi. Pure le ragazze, non solo i maschi. Ho visto un video di recente che mi ha fatto molto male: giovanissime che massacravano di botte una compagna, colpevole secondo loro di aver guardato il fidanzato di un’altra. Temo che i più giovani siano oggi disposti a usare qualsiasi tipo di violenza - verbale e fisica - pur di affermarsi, pur di dire finalmente: “Ci sono anche io”».
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)