2021-01-22
Il fustigatore delle Regioni strigliava i governatori battagliando per più divieti
Aveva «punito» la rivolta dell'Abruzzo, riportandolo in rosso per un giorno. Ora il piddino di ferro si rimangia la linea dura.Chissà cosa avrà pensato il presidente dell'Abruzzo, Marco Marsilio, quando ha letto sul Foglio di ieri che Francesco Boccia, per incassare il voto di fiducia a Giuseppe Conte di Albert Lanièce, esponente dell'Union Valdôtaine, ha rinunciato all'impugnativa sulla legge regionale che violava il dpcm di dicembre. Al governatore di Fdi, il ministro per le Autonomie (anzi, per la Centralizzazione) aveva riservato un trattamento severo. Quando, sempre il mese scorso, Marsilio aveva osato anticipare il rientro in arancione dell'Abruzzo, Boccia e Roberto Speranza avevano impugnato l'ordinanza davanti al Tar dell'Aquila. Risultato: la Regione di nuovo in zona rossa, per un solo giorno, perché i parametri erano effettivamente migliorati. Ma intanto, il Mao Zedong di Bisceglie e il compagno della Sanità avevano mandato un messaggio: qui comandiamo noi. Se però in ballo c'è la tenuta del governicchio, allora, il lockdown val bene un voto di fiducia. E così, il poliziotto cattivo è diventato «petaloso»: «La Corte costituzionale», ha chiosato Boccia, «ci ricorda che le azioni di prevenzione e contrasto della pandemia devono essere onestamente improntati al principio di leale collaborazione tra tutti i livelli istituzionali». Ergo, dal bastone dell'impugnativa si è passati alla carota di «un ulteriore raccordo tra Stato e Regioni». Eppure, il piddino di ferro, inventore incompreso delle Guardie rosse anti Covid, alias «assistenti civici», s'è costruito la fama di fustigatore delle Regioni. Il suo primo atto da ministro, ante pandemia, era stato impugnare la legge sull'immigrazione del Friuli Venezia Giulia. Una Regione a statuto speciale. A fine marzo, Boccia sentenziava: senza lo Stato, le Regioni «sarebbero crollate». Aveva poi inscenato un siparietto, insieme al capo della Protezione civile, celiando con le mascherine di «Bunny il coniglietto» (Vincenzo De Luca dixit). Quelle che Roma aveva ignominiosamente distribuito ai territori, inclusa la Lombardia, la più investita dall'emergenza. La lista delle sferzate ai governatori è sterminata. A ottobre, in tandem con Domenico Arcuri (che solo da poco aveva attivato il relativo bando), attribuiva a loro colpa, loro grandissima colpa, i clamorosi ritardi sulle terapie intensive, che avevano lasciato l'Italia inerme dinanzi alla seconda ondata. «Chi ha bisogno di aiuto lo dica», tuonava Boccia, «ma il problema è dove sono finiti i ventilatori: attendiamo risposte in tempo reale dalle Regioni». La risposta era semplice: per attivare un'unità di terapia intensiva, non bastano i respiratori. E nemmeno i letti. E nemmeno le mura di cartongesso. Ci vogliono i medici. Non i neolaureati: quelli esperti, qualificati. Quelli di cui l'austerità e i commissariamenti hanno privato le Regioni.Alla fine di quel mese, Boccia aveva minacciato: «Siamo pronti come governo a impugnare gli eventuali provvedimenti che mettono a rischio la condizione sanitaria territoriale violando le norme varate a tutela di tutti». Non c'è autonomia che regga, di fronte alla salute. E infatti, nei vertici carbonari del governo per varare i dpcm, lui è sempre stato il più «chiusurista», il principale fautore di zone rosse e coprifuoco. A quel punto, in odore di disobbedienza c'erano Trento, Bolzano e la Sicilia: tutti riportati all'ordine. Esattamente come la Valle d'Aosta, che aveva anticipato al 16 dicembre la riapertura di bar e ristoranti, quattro giorni prima di diventare gialla. La musica, però, era destinata a cambiare.Ancora a novembre, il ministro aveva rifiutato di rivedere i parametri per la definizione delle zone colorate, come chiesto dai presidenti di Giunta. In quei giorni, si lamentava di «furbizie, evidenti scorrettezze» e del continuo «scaricabarile» dei governatori. Quando l'esecutivo stava partorendo l'orrido decreto Natale (il Natale che i precedenti lockdown dovevano «salvare», ma la parola di Conte vale come una banconota da 30 euro), Boccia strigliava le Regioni riottose: «Mi stupisce il vostro stupore. Le norme le conoscevate bene e sono state discusse in due riunioni di sette ore». Poi, è arrivata la crisi di governo. E il commissario del popolo è diventato commissario dell'avvocato del popolo.
Ecco #DimmiLaVerità del 31 ottobre 2025. Ospite il senatore di FdI Guido Castelli. L'argomento del giorno è: " I dettagli della ricostruzione post terremoto in Italia Centrale"
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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