2023-01-28
Vive in hotel in fuga dal vicino che le ha ammazzato il cane inneggiando ad Allah
Nel riquadro Dorit Benedek con il suo pastore maremmano di cinque anni Shemesh (iStock)
Donna d’origini ebraiche vessata dal dirimpettaio islamico: «Mi odia e ha un divieto di avvicinamento, ma ho troppa paura». «Cammino per le strade e mi sento come un’ebrea… ho le lacrime. Sono un’ebrea che non può stare nella sua casa».Dorit Benedek è nata a Gerusalemme. Ebrea, israeliana, i suoi nonni paterni morirono nel campo di Auschwitz. Quelli materni in quello di Treblinka, uno dei principali campi di sterminio nazista della Polonia occupata. Da 22 anni ormai Dorit vive in Italia. La ama, l’Italia. L’ha sempre amata. Fino a qualche mese fa viveva a Camugnano in provincia di Bologna. Ora è diventata una vagabonda. Vive in giro per alberghi o a casa di amici, a seconda di dove trova ospitalità. Non può più tornare nella sua abitazione perché è terrorizzata.L’11 luglio scorso le hanno ammazzato il cane al grido di «Allah Akbar», probabilmente con una zappa.Quando la sentiamo al telefono, nella giornata che ricorda l’Olocausto, è un fiume in piena: «Sono distrutta mentalmente, ancora è forte il dolore. Per me quel cane era come un figlio».Shemesh, che in ebraico vuol dire «sole», era un pastore maremmano di cinque anni. Bello, bianco, dal pelo denso e candido come la neve. Dormiva con lei, mangiava con lei, Dorit lo portava con sé ovunque, tanto era l’affetto che i due avevano. «L’avevo adottato in Israele e poi portato in Italia», ci racconta, «un’associazione israeliana l’aveva salvato perché veniva maltrattato. Pensi che la pandemia l’ho passata nel mio paese di origine e lui ha fatto il volontario per assistere gli anziani e aiutarli a sentirsi meno soli. Ma ora dopo che me l’hanno ucciso non mi do pace. Due giorni prima che lo ammazzassero, il mio vicino di casa, italiano di Bologna che mi odia e odia gli ebrei, mi aveva detto che avrebbe ucciso me e il mio cane. Anzi: prima che avrebbe ammazzato il cane e poi che mi avrebbe fatto a pezzi. C’è anche un testimone. “Ti metto una bomba sotto casa”, mi diceva. Poi l’11 luglio scorso il cane era sotto la finestra della mia cucina. Riposava, dopo un po’ mi sono affacciata e l’ho visto a terra esanime».Dorit fa di tutto per salvarlo, corre in clinica ma il cane le muore nell’auto.Quando andò a vivere in quel villaggio a Camugnano, dal verde incontaminato a pochi chilometri da Bologna, tra le prime alture degli Appennini, stava bene. Per lei quel villaggio era come una famiglia. Ma da quando due anni fa è arrivato il nuovo vicino, non ha più avuto una vita. «Mi ha tolto la libertà, la tranquillità, la spensieratezza», dice. Ha provato più volte a chiedere aiuto, ma le richieste sono cadute nel vuoto. «Non avevo il coraggio di denunciarlo, ma dopo la morte del cane l’ho fatto».Dorit sporge denuncia per atti persecutori aggravati dalla matrice razziale nei confronti del vicino di casa che, si legge nel verbale, «mostrava un atteggiamento aggressivo e violento nei confronti di lei». Frasi del tipo: «ebrea di merda, stronza, vaffanculo, torna al tuo paese». «È evidente», si legge nella denuncia «che avesse acquisito informazioni sulla vicina e che il fatto che lei fosse di nazionalità israeliana e di religione ebraica costituisse per lui motivo di fastidio. Da quel momento iniziava un vero e proprio atteggiamento persecutorio».Le denunce fanno rabbrividire: «Quando la donna si trovava in casa, l’uomo, a qualsiasi ora del giorno o della notte, iniziava a urlare (…) senza alcun motivo epiteti o frasi antisemite o antisraeliane del tipo: “Israele è un paese di merda, fa schifo. Devono tutti morire. Viva la jihad. Viva Hamas, tutti gli ebrei devono morire. Allah Akbar».La querela è anche «per minaccia grave e uccisione di animale».Dopo la morte del cane, Dorit decide di fuggire, tanto che per andare a recuperare le sue cose e i suoi vestiti si fa accompagnare, anche su consiglio dei militari dell’arma, dalle forze dell’ordine stesse. «Per me è diventato impossibile vivere lì. Lui conosce tutti i gruppi terroristici, Daesh, Al Qaeda. Me li nominava sempre. Non so se sia convertito. Ma io ho tanta paura. Amo l’Italia e mai avrei pensato di subire un simile atto di violenza in questo paese, dove sono sempre stata bene. Ho chiesto aiuto anche al sindaco di Camugnano. E anche se il giudice ha dato un provvedimento di allontanamento al mio vicino, io non mi sento sicura. In Italia non è come in Israele. In Israele ti fermano e ti mettono dentro. Qua invece è come con le donne, denunciano, nessuno fa niente e poi le ammazzano». Dorit quest’estate ha raccontato il fatto a una rete televisiva israeliana il cui servizio titolava: «L’Italia e l’antisemitismo». Il tribunale di Bologna - il 9 novembre scorso - ha emesso un’ordinanza che dispone per l’uomo «il divieto di avvicinamento a una distanza inferiore a metri 50». Ma lei continua ad avere paura. «Sono dovuta scappare. Sono come un vagabondo. Cerco qualche hotel che costi poco. Non è possibile che accadano ancora questi atti di antisemitismo in Italia».
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