
I pentastellati esclusi dalle nomine rumoreggiano. Stefano Buffagni sospetta lo sgambetto di Vito Crimi. Vincenzo Spadafora smentisce l'approdo a «L'alternativa c'è», ma è deluso. E Giggino prepara la svolta moderata con Giuseppe Conte.Il Movimento Pan di Stelle si sbriciola come un biscottino: il giorno dopo le nomine dei sottosegretari, gli esclusi rumoreggiano. L'unico a gongolare, insieme a chi ha ottenuto la poltroncina, è Luigi Di Maio, che ha piazzato ben sette suoi fedelissimi su undici sottosegretari pentastellati: fanno direttamente riferimento al ministro degli Esteri Laura Castelli, viceministro unico all'Economia, Alessandra Todde (viceministro allo Sviluppo economico), Anna Macina (sottosegretario alla Giustizia), Paolo Sileri (Salute), Manlio Di Stefano (Esteri), Giancarlo Cancelleri (Trasporti), Barbara Floridia (Istruzione). Gli altri quattro? Rossella Accoto (Lavoro), è stata indicata dal direttivo del Senato; Ilaria Fontana (Transizione ecologica) dal direttivo della Camera; Danila Nesci (Sud) è in quota Roberto Fico; Carlo Sibilia (Interno) rappresenta sé stesso, e in parte i parlamentari campani. Uno dei più arrabbiati, tra gli esclusi, è Stefano Buffagni, sottosegretario e viceministro in entrambi i governi guidati da Giuseppe Conte: «Dopo questi mesi di gestione disastrosa del Movimento», scrive Buffagni su Facebook, «dobbiamo lavorare per risollevarlo per non distruggere un sogno che condividiamo da anni! Non molliamo, il Paese soffre causa Covid e la priorità sono i nostri concittadini!». Buffagni sarebbe stato boicottato dal reggente (scaduto) Vito Crimi, con il quale ci sarebbero vecchie ruggini. Buffagni dunque non lascia il M5s, così come Vincenzo Spadafora, altro escluso di lusso. Ministro uscente dello Sport e delle politiche giovanili, sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Conte uno, Spadafora piagnucola ma smentisce a sua volta l'addio al M5s: «Sulla situazione politica», scrive Spadafora su Facebook, «parlerò nei prossimi giorni. Intanto, lo Sport non è stato delegato a nessuno, tra tre giorni scade la riforma tanto attesa e dei ristori neppure l'ombra! E nessuno dei grandi competenti di sport che dica una parola. Mi hanno segnalato», aggiunge l'ex big grillino, «il simpatico articolo di Repubblica che scrive che ho lasciato il M5s! Va bene che ormai molti giornali scrivono la qualunque, ma questa vorrei sapere proprio da dove l'hanno presa. Magari è un auspicio per loro o per chi gli ha chiesto di scriverlo!». Dunque, sul M5s continuano a piovere sventure politiche: Spadafora per ora non se ne va. Chi invece se ne va, sbattendo la porta, è il senatore Emanuele Dessì, che aderisce alla componente «L'alternativa c'è»: «Esco dal M5s con tristezza nel cuore», scrive Dessì su Facebook, «ma anche con tanta rabbia. Nei prossimi giorni ci sarà modo per parlare e per vederci con chiunque abbia voglia di confrontarsi e di continuare a lottare». L'addio di Dessì indebolisce ancora di più la posizione di Paola Taverna, della quale era un fedelissimo, e irrobustisce la componente dei dissidenti, espulsi o fuoriusciti dal M5s dopo non aver votato la fiducia al governo Draghi, e confluiti nel Misto: sono già sette i componenti del nuovo contenitore a Palazzo Madama, guidati da Mattia Crucioli, che ha chiesto ufficialmente la creazione della componente per «fare un'opposizione radicale». Alla Camera gli ex M5s che hanno aderito alla nuova formazione sono 13. L'accordo con Italia dei valori agevolerà la formazione delle componenti, mentre sui grillini piomba anche la decisione del tribunale civile di Cagliari, che in seguito al ricorso di Carla Cuccu, deputata espulsa da Crimi, ha stabilito che il M5s «è privo di rappresentanza legale», poiché fino al 16 febbraio la rappresentanza legale del Movimento competeva all'organo capo politico, ma con delibera del 17 febbraio l'assemblea degli iscritti ha modificato lo statuto abolendo tale organo e sostituendolo con il Comitato direttivo, che non è stato ancora nominato. A questo proposito, passiamo al futuro di Giuseppe Conte: che farà l'ex premier? La pace con Di Maio regge, e per Giuseppi si aprono le porte della cabina di comando del M5s. A quanto apprende La Verità, Conte (attraverso opportune modifiche dello Statuto) potrebbe diventare il segretario del M5s, con il Comitato direttivo che diventerebbe una segreteria, come succede negli altri partiti. Il profilo di Conte però non è certamente quello di un leader rivoluzionario: in quest'ottica va letta l'intervista di Di Maio a Repubblica, nella quale Giggino parla di «un'evoluzione in cui i 5 stelle mantengono i propri valori, ma scelgono di essere finalmente e completamente una forza moderata, liberale, attenta alle imprese, ai diritti e che incentra la sua missione sull'ecologia». Il progetto è catapultare Conte alla guida di un M5s che guardi all'unico elettorato contendibile, quello moderato, né di sinistra né sovranista, lasciato libero dalla contrazione di Forza Italia. «Il Movimento è ora su una linea moderata, atlantista», aggiunge infatti Di Maio, «saldamente all'interno dell'Ue. Questa evoluzione si può completare con l'ingresso di Conte». La linea atlantista? Di Maio evidentemente dimentica, o finge di dimenticare, le politiche filocinesi e l'accordo sulla Via della Seta firmato da lui stesso e Giuseppe Conte, con la benedizione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il leader di Pechino, Xi Jinping. «Nessun problema», commenta un deputato grillino, «Di Maio aveva ottimi rapporti con Mike Pompeo, ex segretario di Stato americano, e ha parlato, trovandosi in perfetta sintonia, con il successore di Pompeo, Antony Blinken, mentre era aperta la crisi del governo Conte due».
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






