
Fubar, che debutterà il prossimo 7 giugno, non è un capolavoro. Ma il clamore suscitato dalla serie televisiva, la prima che veda l'ex governatore della California nel ruolo di protagonista.Fubar, e insieme la moda (ché tale è diventata ormai) di imbarcare online vecchie glorie dello spettacolo. Il primo è stato Robert De Niro. Poi, sono venuti gli altri: Robert Redford, Sylvester Stallone, con il suo reality modello Kardashian. Infine, Schwarzenegger. L’ex governatore della California, per Netflix, ha girato Fubar, una serie costruita a mezza via tra la commedia e l’azione. Il risultato finale, la stagione che Netflix ha reso disponibile sulla propria piattaforma, si è rivelato piuttosto insignificante, Fubar una serie destinata a non lasciare traccia nella memoria televisiva di chi la guardi. Eppure, così leggero, così impalpabile, così passibile di una visione che non richieda il benché minimo sforzo mentale, lo show è riuscito a farsi largo nelle classifiche di gradimento del servizio streaming. C’è riuscito prima ancora di essere rilasciato. C’è riuscito quando Netflix ha reso noto che ad interpretarlo sarebbe stato Arnold Schwarzenegger, il macho, l’icona, l’attore cui la piattaforma – forte del successo – ha deciso di dedicare un’intera miniserie. Arnold, solo il nome ad avvalorare (o cercare di) la promessa di un ritratto «intimo», debutterà il 7 giugno prossimo. Formato cofanetto, come di consueto. Tre saranno gli episodi, dentro una vita intera: una carriera, un viaggio, le testimonianze di chi la metamorfosi l’ha vista da vicino. «Questo documentario in tre parti racconta il viaggio di Arnold Schwarzenegger dalla campagna austriaca ai vertici del sogno americano», si è potuto leggere nella sinossi rilasciata da Netflix, la stessa in cui la piattaforma ha fatto riferimento ad una «serie di interviste a cuore aperto» nelle quali «Schwarzenegger, i suoi amici, i suoi nemici, le sue co-star e i suoi osservatori raccontano tutto della sua vita e della sua personalità». Tutto davvero, sin dall’inizio: sin «dai giorni in cui dominava i palcoscenici delle gare di bodybuilding più importanti al mondo» a quelli che l’hanno visto «trionfare a Hollywood» per arrivare poi«al periodo in cui governava lo Stato della California alle gioie e alle turbolenze della sua vita familiare, in un racconto che è all'altezza della sua personalità». E, pure, di quella dello spettatore. Arnold, come già The Family Stallone (prontamente rinnovato per una seconda stagione), è parte di uno schema preciso, di quelli circolari. C’è l’icona, il suo potere attrattivo e c’è, parimenti, la necessità di raccontare quest’icona ad un pubblico giovane, un pubblico che potrebbe non conoscerla. Schwarzenegger, Stallone sono nomi forti, capaci di assicurare lustro alle piattaforme che li ingaggiano e capaci di portare loro una platea nostalgica, di norma estranea alle modalità e ai prodotti dei servizi streaming. Sono il miele per le api, ma non a tutte risultano digeribili. I giovani, quelli che giovani lo sono per davvero, non avrebbero alcuna ragione valida per avvicinarsi ad uno show che veda protagonisti Stallone o Schwarzenegger. Non sono cresciuti con i loro film. Non ne hanno fatto dei feticci. A malapena, li hanno sentiti nominare. Di qui, la necessità di dar loro qualcosa che possano capire: una digressione storica, un approfondimento verticale, realizzato però con un linguaggio che riconoscano come proprio. Arnold, come già The Family Stallone, è nulla più di questo: un bel racconto di chi sia stato Schwarzenegger, dell’uomo, dei sogni che lo hanno mosso, di una carriera sfaccettata, di una determinazione condensata in tre sole puntate, perché tutti – grandi e piccini, si direbbe – possano (ri)viverla.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
La quiete in Medio Oriente non placa gli animi dei commentatori nostrani, che ora screditano gli accordi ispirati da Trump per l’assenza di donne ai tavoli negoziali: «Hanno più sensibilità dei maschi». Eppure la von der Leyen dimostra il contrario.
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C’è un filo che attraversa il tempo, invisibile e tenace che unisce le donne di ieri a quelle di oggi. È la trama di storie che non chiedono concessioni, ma riconoscimento. Di gesti che cambiano le cose senza bisogno di clamore. Di intelligenze che innovano, di passioni che costruiscono. Da questo filo è nata Valore Donna, uno spazio dove le donne non sono semplicemente «raccontate», ma anche e soprattutto ascoltate.
In un mondo che ancora fatica a dare piena cittadinanza alla voce femminile, questa rivista è un atto di presenza, che ho fortemente voluto, con l’intenzione di restituire visibilità e valore alle donne che ogni giorno, in silenzio o sotto i riflettori, trasformano il mondo in cui vivono.
Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
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