2022-08-07
Fratoianni dice sì all’Accozzaglia. Letta regala un altro 20% di collegi
Nicola Fratoianni e sullo sfondo Enrico Letta (Ansa)
Il segretario dem allarga il campo a Si e Verdi ma mette le mani avanti: «Non è un accordo di governo». Anche perché sono in conflitto su moltissimi temi. È soltanto un tentativo per frenare il centrodestra.Enrico Letta è riuscito a dimezzare i già pochissimi collegi uninominali nei quali il Pd poteva avere qualche speranza di vittoria contro il centrodestra: dopo il 30% elargito a Azione, il 20% della quota rimanente viene utilizzato per sfamare gli appetiti di poltrone di Sinistra italiana e Verdi, e così la gioiosa macchina da guerra bonsai è pronta a prendere il largo. Largo per modo di dire: l’intesa siglata ieri con quei furbacchioni di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, che per qualche giorno hanno recitato rispettivamente la parte del poliziotto cattivo e di quello buono consegna al centrodestra, che tra l’altro nemmeno ne aveva bisogno, un arsenale elettorale formidabile. Le parole di Letta in conferenza stampa insieme al gatto e alla volpe, Fratoianni e Bonelli, sono un delirio politico: «Quello che presentiamo qui oggi non è un accordo di governo», dichiara Letta, preoccupato dalle reazioni di Carlo Calenda, «perché le cose che ci hanno diviso negli scorsi mesi restano tali, non sarebbe serio se io parlassi di accordo di governo. Io sto parlando di un’altra cosa, ed è legata all’emergenza di cui ancora non si parla. La torsione impressa dalla legge elettorale in vigore in senso maggioritario», aggiunge Letta, «può portare la destra unita a prendere la maggioranza dei 2/3 del parlamento, pur non avendo la maggioranza assoluta. Non posso immaginare che la nostra costituzione venga riformata da Salvini e Meloni». C’è da restare sconcertati: Letta dice chiaramente ai suoi stessi elettori che l’intesa firmata con Fratoianni e Bonelli non è un accordo di governo, ma un tentativo di limitare la vittoria, data già per certa, del centrodestra. Un qualunque prof di comunicazione politica lo boccerebbe: il 25 settembre ci penseranno gli italiani. Tra l’altro, resta il «no» a una intesa col M5s: «Non crediamo sia utile allargare ulteriormente il perimetro delle intese che stiamo facendo», dice Letta, a proposito della chiusura verso Giuseppe Conte, «voglio sottolinearlo, per evitare ambiguità. Fare cadere il governo ha portato al fatto che siamo quasi obbligati a lavorare a difesa della costituzione. Sono contento di poter presentare questo accordo elettorale che è necessario, perché questa legge elettorale obbliga a fare accordi. La solitudine», azzarda uno sconsolato, mesto, disilluso Letta, «è penalizzante». Ciò che ormai molti addetti ai lavori pensano è che Letta abbia promesso a Mario Draghi di non fare accordi con Conte. Una linea elettoralmente suicida, che tra i dem suscita molti malumori: «Ci proveremo fino all’ultimo minuto», dice alla Verità un big del Pd, «non è detta l’ultima parola». La conferenza stampa dei tre neoalleati è surreale: «Il nostro non è un accordo per un programma di governo», ribadisce Fratoianni, «noi abbiamo dichiarato che i nostri partiti e forze si presentano con programmi reciprocamente autonomi. Abbiamo indicato alcune priorità, la difesa della costituzione e la volontà di batterci nei collegi uninominali contro la destra». Fratoianni prende in giro senza ritegno i suoi elettori, che dovranno trangugiare questo «non accordo» per un «non governo» permettendo così al medesimo Fratoianni, a Bonelli e ad altri compagni di collegio (uninominale) di garantirsi cinque anni di stipendio e bonus da parlamentare. I compagni di Si vogliono però «passare per il voto degli iscritti, come previsto dallo Statuto», tanto più che «una grande parte della comunità politica di Sinistra italiana sta esprimendo dissenso e disorientamento».Il senso dell’umorismo sembra infatti non mancare a Fratoianni, che si imbarca sul vascello di Letta e Calenda battente bandiera Mario Draghi, lo stesso Draghi al quale lo scorso 18 febbraio il comunista neoliberal aveva negato il voto di fiducia con queste parole: «Non stanno insieme», aveva sentenziato Fratoianni, «transizione ecologica e trivellazioni petrolifere che qualcuno vorrebbe sbloccare già nei prossimi provvedimenti. Non sta insieme chi considera il reddito un insopportabile spreco assistenzialista col diritto alla dignità di precari, lavoratori poveri ed esclusi». Sta insieme eccome: Franza o Spagna purché se magna, va bene pure Calenda l’importante è che ci sia la merenda. A proposito di Calenda: la sua Agenda, ispirata a quella di Draghi, è andata a farsi benedire, ora che Fratoianni e Bonelli sono entrati in coalizione, e il castigo elettorale incombe. Negli uninominali, anche quei pochi considerati non sicurissimi per il centrodestra, la dinamica che si svilupperà è prevedibile: dove ci sarà un candidato di Azione, non verrà votato dagli elettori di Si e Verdi, che andranno su quello del M5s; dove ci sarà un candidato di Si e Verdi gli elettori di Azione si riverseranno sul centrodestra o su Italia viva, unico presidio rimasto al centro, area sulla quale ha il monopolio Matteo Renzi. Dove ci sarà un candidato del Pd il rischio è che non lo voti nessuno, ma del resto la strategia di Letta è quella di perdere nel modo più clamoroso possibile. Depresso e di pessimo umore, Calenda si autocensura pure sui social: pochi post, assai mesti, e un unico cinguettio più intenso, disperato, un commento al programma di Sinistra italiana, che comprende anche la difesa del reddito di cittadinanza e il no all’energia fossile: «Almeno loro sono chiari», commenta Calenda, che viene pure preso in giro da un ringalluzzito Bonelli: «Invito Calenda a prendere un tè», ironizza l’esponente dei Verdi, «ci parliamo, per recuperare un confronto, con toni pacati». Da oggi per Carletto er pariolino inizia una campagna elettorale complicata, tra bandiere rosse, sfottò a raffica e quella terribile sensazione di aver fatto 13 al Totocalcio e aver perso la schedina.
Jose Mourinho (Getty Images)