Ratificata a Versailles la controversa riforma. Macron esulta: «Orgoglio nazionale». Femministe in festa sotto la Torre Eiffel. Ira del Vaticano: «Non esiste il diritto a sopprimere la vita». Parigi accelera così il suo declino demografico, favorito dalla sinistra.
Ratificata a Versailles la controversa riforma. Macron esulta: «Orgoglio nazionale». Femministe in festa sotto la Torre Eiffel. Ira del Vaticano: «Non esiste il diritto a sopprimere la vita». Parigi accelera così il suo declino demografico, favorito dalla sinistra.Con 780 voti a favore e 72 contrari, il Parlamento francese, riunito ieri in seduta comune a Versailles, ha approvato in via definitiva l’inserimento in Costituzione del diritto all’aborto, concludendo così - tra applausi scroscianti - l’ultimo passaggio formale al Congresso, dove era necessaria una maggioranza qualificata dei tre quinti. Ora, nell’articolo 34 della Costituzione, verrà introdotta la frase: «La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà garantita alla donna di far ricorso a un’interruzione volontaria di gravidanza». Il tutto mentre gli ultimi dati disponibili, quelli relativi al 2022, dicono che in Francia ci sono stati 234.253 aborti a fronte di 725.997 nuove nascite, che significa, approssimativamente, che ogni tre neonati ce n’è uno che non ha visto la luce perché abortito. Esulta Emmanuel Macron: «Orgoglio francese, messaggio universale», ha scritto il presidente raggiante su X, mentre le femministe transalpine si sono date appuntamento sotto alla Torre Eiffel, festeggiando l’annuncio tra fumogeni viola e musica a tutto volume. E se pure Marine Le Pen ha votato a favore, tra i pochi a protestare c’è stato il Vaticano: «Proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana», ha dichiarato la Pontificia accademia per la vita in sostegno alla Conferenza episcopale francese, che ha indetto per ieri una giornata di digiuno e preghiera. Mentre fino a pochi anni fa il welfare francese era considerato un modello virtuoso di sostegno alla natalità, oggi anche Parigi rischia un inverno demografico. Dopo tre presidenze progressiste, il risultato è il più basso tasso di natalità dal 1946, con un 2023 che si è attestato sotto le 700.000 nuove nascite. Un dato che riflette una tendenza in corso da oltre dieci anni, cioè da quando la Francia è guidata da forze progressiste. I dati dell’Insee, l’istituto di statistica d’Oltralpe, dicono che dal 1982 a oggi il picco è stato toccato nel 2010, quando con Nicolas Sarkozy al vertice si è raggiunta la cifra record di 832.799 nuovi nati. Da lì in poi, un tendenziale declino fino al 2023, anno in cui i dati provvisori indicano 678.000 nuove culle, il 6,6% in meno del precedente e quasi il 20% in meno del 2010. Questi i frutti delle presidenze di François Hollande e Macron: al primo, infatti, si deve il taglio del quoziente familiare, tra il 2014 e il 2015, al secondo ulteriori successive limature. Durante l’anno appena trascorso, il tasso di fecondità - cioè il numero medio di figli per donna - si è attestato a 1,68, in forte calo rispetto all’1,79 nel 2022. Bisogna risalire al 1993-1994, quando alla guida della Francia vi era François Mitterrand, idolo del socialismo europeo, per trovare un livello così basso, considerando che nel 2010 era al 2,03 (il valore ottimale per garantire il ricambio naturale della popolazione, nei Paesi avanzati, è di circa 2,1). Come misure di contrasto, Macron un mese fa ha annunciato un piano per combattere l’infertilità e una riforma del congedo parentale, che verrà reso più breve ma meglio retribuito. Alcuni esperti, però, hanno fatto notare che l’infertilità è dovuta, il più delle volte, all’età media in cui le donne diventano madri, passata a 31 anni rispetto ai 29,5 di quattro lustri fa. Elemento su cui indubbiamente incide il fattore economico, ma forse anche dinamiche di altro tipo. Indubbiamente, però, l’aspetto economico ha un suo peso, visto che anche la caduta dei primi anni Novanta ha coinciso con un momento di crisi. Quello che invece è un dato oggettivo è l’elevato numero di aborti registrati in Europa negli ultimi 30 anni. Elaborando i dati annuali forniti dal Drees, il servizio di statistica ministeriale, si scopre che in Francia, dal 1990 al 2022, le interruzioni volontarie di gravidanza sono state in totale 7.154.886, cioè il 10,5% della sua popolazione. Il quadro per Germania, Italia e Spagna, gli altri tre Stati più popolosi dell’Ue, è leggermente migliore ma comunque non meno impressionante. In Spagna, il numero totale di richieste d’aborto tra il 1990 e il 2022 è di 2.689.929, il 5,67% della popolazione del 2022, ma mentre nel 1990 le interruzioni volontarie di gravidanza rappresentavano il 9,3% dei nati vivi, nel 2022 siamo arrivati a quasi il 30%: un bambino ogni 4,3. In Germania, tra il 1990 e il 2022 si sono registrate 3.796.638 interruzioni volontarie di gravidanza, il 4,5% della popolazione del 2022, anno in cui gli aborti hanno raggiunto il 14% dei nati vivi, cioè un bambino ogni 8,1. Il dato, benché superiore ai sette anni precedenti, registra il primo significativo aumento dopo quasi due decenni di tendenziale miglioramento del rapporto: nei primi anni Duemila era intorno al 18%. In Italia, infine, il totale degli aborti tra il 1990 e il 2021 (non sono ancora disponibili i dati del 2022) è di 3.842.016, il 6,5% della popolazione del 2022. Da noi i numeri stanno progressivamente calando, se pensiamo che nel 1990 si contavano 165.845 aborti su 581.000 nati vivi, il 28,5%, mentre nel 2021 siamo a 63.653 su 400.249, il 16%. Che è comunque tanto, perché significa che un bambino ogni 7,3 viene abortito, ma soprattutto notevole è la somma di questi ultimi 30 anni - quasi quattro milioni - per un Paese che vede annualmente ridursi la propria popolazione e che invoca l’immigrazione come necessità per sopravvivere. Se infine si sommano i numeri appena mostrati, allora forse si afferra che cosa sta realmente accadendo in Occidente. Tra il 1990 e il 2021-2022, i servizi sanitari di Francia, Spagna, Germania e Italia hanno abortito 17.483.469 bambini. Per intenderci, solo altri due Stati membri dell’Ue hanno una popolazione complessiva superiore a questa cifra, Polonia e Romania, mentre l’Olanda ha all’incirca quel numero di abitanti. In poco più di 30 anni, abbiamo abortito un numero di bambini concepiti pari alla popolazione dei Paesi Bassi. Quando parliamo di difendere i valori dell’Occidente, ricordiamoci anche di questo.
Leone XIV (Ansa)
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