
Il ministro per la famiglia: «Nessuno ha chiesto formalmente di ritirarlo». La rabbia di Monica Cirinnà e soci: «I 5 stelle ci hanno preso in giro».Quello di ieri è stato un pomeriggio difficile per i numerosi gilet arcobaleno accomodati nel Parlamento italiano. Pensavano di poter già pasteggiare con il cadavere della famiglia e invece si sono trovati a mangiarsi il fegato senza nemmeno un po' di pane per accompagnarlo. Monica Cirinnà, per dire, era furibonda. La vestale travestita da senatrice del Pd ce l'aveva in particolare con «i ministri 5 stelle, Luigi Di Maio in testa», le cui «accorate dichiarazioni» si sarebbero rivelate «il solito, ipocrita, specchietto per le allodole». Che cosa è accaduto di tanto terribile? Semplice: il ministro Lorenzo Fontana ha risposto al question time riguardante il Congresso mondiale delle famiglie di Verona, e ha chiarito un po' di faccende. «Nei giorni scorsi», ha detto, «ho saputo che alcuni gruppi antagonisti avrebbero chiesto il boicottaggio degli albergatori che avevano siglato delle convenzioni con il Congresso mondiale delle famiglie. A questi albergatori va tutta la mia solidarietà». Poi, il ministro ha affrontato la stravagante questione del patrocinio governativo alla manifestazione. Come noto, la Cirinnà e il Pd tutto hanno minacciato sfracelli qualora il sigillo di Palazzo Chigi non fosse stato ritirato. E così hanno fatto pure alcuni esponenti del governo, nella fattispecie i sottosegretari pentastellati Vincenzo Spadafora e Stefano Buffagni. Fontana non si è scomposto. «Il mio orientamento, quale ministro di questo governo, è stato quello di concedere il patrocinio all'evento», ha detto. «Orientamento che, tuttora, intendo confermare, così come intendo confermare la mia partecipazione al convegno». Poi il ministro ha aggiunto: «Non abbiamo ricevuto richieste di ritiro del patrocinio di alcun tipo, né di natura politica né amministrativa, ma solo richieste di approfondimento istruttorio a cui abbiamo dato puntuali risposte per il tramite dei nostri uffici. Eventualmente mi sarei aspettato qualche richiesta di chiarimento, magari, anche in forma privata, ma al momento questo non è ancora avvenuto». Qui i nodi politici sono almeno due. Primo: Fontana conferma che il patrocinio governativo al Congresso di Verona resta, dunque le richieste degli attivisti sbraitanti vengono rispedite al mittente. Secondo: il fronte trasversale anti famiglia si prende una sonora pernacchia. Le frasi del ministro, infatti, spengono gli entusiasmi di chi - nel Movimento 5 stelle e nel Pd - aveva messo in piedi un'intesa arcobaleno. La Cirinnà, per una volta, ha ben compreso la situazione. «Non solo il patrocinio della presidenza del Consiglio al Congresso di Verona non è stato revocato», ha gridato su Facebook, «ma non è nemmeno mai iniziato un vero e proprio procedimento di revoca. Si è solo provveduto a un supplemento di istruttoria, per verificare l'esistenza di un fine di lucro. Per il governo, insomma», ha continuato la senatrice, «il problema non sono le finalità oscurantiste e retrograde del Congresso, ma solo l'esistenza del lucro. Ciò vuol dire che il governo nella sua interezza condivide l'ispirazione del Congresso». Come dicevamo, l'ira funesta di Monica è rivolta soprattutto ai grillini che si erano esposti in prima persona, tuonando contro l'evento veronese e schierandosi di fatto con il Partito democratico. Molto delusa anche Giuditta Pini, altra pasionaria democratica a tinte Lgbt. «Quindi i sottosegretari del M5s Stefano Buffagni e Vincenzo Spadafora mentono da due settimane», ha scritto. Ma a quanto pare non intende darsi per vinta: «La cosa non finisce qui: il patrocinio va tolto e questa visione maschilista, frustrata della famiglia e della donna fermata. Caro Fontana, la battaglia è appena cominciata, preparati a perdere», ha annunciato la Pini aggiustandosi lo scolapasta sul capo. Persino da Possibile sono piovuti insulti ai 5 stelle: «Il ministro Fontana ha umiliato la fumosa propaganda del Movimento 5 Stelle portata avanti da illustri esponenti come il sottosegretario Spadafora e il vicepresidente del Consiglio Di Maio», ha dichiarato la segretaria del partitino, Beatrice Brignone. «Sono arrivate tante parole, qualche dichiarazione prorompente, ma purtroppo non c'è stato alcun atto concreto. Un fatto vergognoso, che conferma la loro totale inconsistenza». Ovviamente, da qui al 29 del mese le polemiche e gli attacchi pretestuosi al Congresso delle famiglie proseguiranno, e di certo i gilet arcobaleno di orientamento grillino cercheranno di rifarsi. Intanto, però, il fronte unico anti Verona ha incassato una bella batosta. La famiglia innaturale appena formata dal Pd e da una fetta dei 5 stelle sta già litigando. Era scritto: ogni famiglia infelice è disgraziata a modo suo. Se poi ci sono le femministe di mezzo, la disgrazia è doppia.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Dopo aver predicato il rigore assoluto sulla spesa, ora l’opposizione attacca Giancarlo Giorgetti per una manovra «poco ambiziosa». Ma il ministro la riporta sulla terra: «Quadro internazionale incerto, abbiamo tutelato i redditi medi tenendo i conti in ordine».
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.





