2022-08-30
Finita l’emergenza, cambia il telelavoro. Da dopodomani si tratta con il capo
Per accedere allo smart working servirà un accordo individuale. Anche se semplificati, per i datori restano dei nodi burocratici.Da giovedì primo settembre, la vita di poco meno di tre milioni di lavoratori cambierà. Si tratta degli «smart worker», quelli che con la pandemia hanno iniziato a lavorare da casa o da una sede diversa da quella aziendale. A meno di un colpo di scena dell’ultima ora, infatti, a partire dal prossimo primo settembre entreranno in vigore nuove norme sul lavoro agile, noto anche come telelavoro. In parole povere, tra pochi giorni, si dirà addio al lavoro da casa di tipo emergenziale e legato alla pandemia per tornare alla modalità di lavoro agile prevista dall’applicazione della legge 81 del 2017. Una misura che, va detto, esisteva già prima della pandemia. Secondo uno studio di Randstad Reserach, in Italia, dopo due anni di pandemia, ci sono 2,9 milioni di lavoratori agili (nei periodi più difficile della pandemia siamo arrivati a circa sei milioni di lavoratori da casa). Per loro, il primo settembre sarà una data importante. Sia che operino nel settore privato, che in quello pubblico. «La norma che partirà dal primo settembre non deve spaventare nessuno. Il governo applicherà quanto già deciso in precedenza e in maniera piuttosto timida», spiega alla Verità Emmanuele Massagli presidente di Adapt, centro studi sul mondo del lavoro. «In pratica alle aziende verrà richiesto di fare un accordo individuale senza però l’obbligo di comunicarlo al ministero. Durante la pandemia, al contrario, accordo individuale non c’era. Questa è la vera novità», spiega. «L’accordo andrà presentato solo in caso di contenzioso o ispezione, ma andrà fatto. Al ministero andranno solo comunicati i nomi dei dipendenti e i dettagli del loro lavoro agile. Peraltro, la comunicazione andrà fatta solo per i nuovi lavoratori smart o se le condizioni dei nominativi già comunicati cambieranno. Le aziende avranno cinque giorni per la comunicazione dei dati sul lavoro agile. Diversamente, le aziende che avranno già comunicato i dettagli dei lavoratori in precedenza, non dovranno fare nulla», spiega Massagli. «In ultimo, bisogna sottolineare che certe categorie come, ad esempio, chi ha figli piccoli o con disabilità non hanno il diritto al lavoro agile, ma solo la precedenza in caso si dia al via a un piano di lavoro a distanza. Questo, soprattutto per il settore pubblico, richiederà un cambio organizzativo non da poco», conclude Massagli.La prima novità, in effetti, è che dal primo settembre basterà solo la comunicazione in via telematica al ministero del Lavoro di alcuni dati legati ai lavoratori che opereranno a distanza. Dovrà essere però formalizzato un accordo tra dipendente e datore di lavoro. Tutto dovrà essere comunicato entro cinque giorni dalla partenza del lavoro agile, pena sanzioni amministrative dai 100 ai 500 euro per ogni lavoratore i cui dati non sono stati trasmessi al ministero del Lavoro. Chi non avrà un’intesa in essere con l’azienda, insomma, non potrà più lavorare da casa. La norma prevede dunque anche la priorità del riconoscimento a lavorare da remoto per alcune categorie di lavoratori. Non è un diritto ad operare in modalità di lavoro agile, ma solo una prelazione. Le categorie che godono di questa facilitazione sono i lavoratori con disabilità, quelli con figli di età inferiore ai 12 anni, quelli con figli disabili gravi e i care giver che si devono occupare di famigliari con problemi. Più in dettaglio, la norma prevede l’obbligo di comunicare per ogni lavoratore - attraverso una pagina da compilare sul sito del ministero del Lavoro: codice fiscale e ragione sociale del datore di lavoro, codice fiscale e dati anagrafici del lavoratore, data inizio, tipologia (tempo determinato, indeterminato, apprendistato), Pat (il numero del contratto stipulato tra azienda e Inail) e voce di tariffa Inail (i parametri di costo dell’assicurazione dei profesisonisti), oltre che dettagli sul lavoro agile come la data di sottoscrizione, la sua durata (a tempo determinato o indeterminato) e quella di inizio e cessazione della prestazione a distanza. Inoltre, va comunicato se si tratta di un inizio, una modifica, un annullamento o una cessazione di rapporto di lavoro agile. All’interno dell’accordo tra dipendente e datore di lavoro, poi, andranno messi nero su bianco la durata del periodo di smart working, l’eventuale alternanza tra periodi di lavoro in presenza e da remoto, l’indicazione dei luoghi di esercizio della prestazione lavorativa a distanza, gli strumenti di lavoro utilizzati, i tempi di riposo, le misure tecniche volte a garantire il diritto alla disconnessione, le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa compatibili con la normativa sulla privacy e lo Statuto dei Lavoratori e quelle di esercizio dei diritti sindacali.In pratica, insomma, le norme sul lavoro agile previste a partire dal primo settembre comporteranno, soprattutto all’inizio, una certa dose di burocrazia in più per i datori di lavoro. Finalmente, però, ci sarà la possibilità di normare una modalità di lavoro che ormai è entrata nelle vite di molti lavoratori.
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