2023-09-16
L’Italia del volley potenza planetaria. Ode agli azzurri che nessuno calcola
Le delusioni del calcio, i veleni del tennis e perfino i capricci di Paola Egonu: i grandi media trascurano la nazionale di Fefé De Giorgi, che stasera contro la Polonia si gioca (da campione del mondo) il titolo europeo. Una puntura di zanzara prude meno, quando sei riuscito a schiacciare la zanzara. Ora, il pallone da volley non somiglia affatto a una zanzara, ma i nostri azzurri in semifinale lo schiacciavano con una facilità tale da far credere al pubblico romano che strapazzare la Francia fosse molto più semplice di spappolare l’insolente insetto sotto le lenzuola in una notte d’estate. E si badi bene: la finale conquistata dall’Italia maschile in questi Europei contro gli eterni rivali polacchi, già battuti nella finale dei Mondiali l’anno scorso, è di per sé una vittoria, indipendentemente da come andrà la partita stasera (ore 21, diretta tv su Rai1 e Sky). Il motivo è presto detto: il sestetto allenato da Fefè De Giorgi si è già accaparrato lo scorso torneo europeo, i mondiali, e oggi torna in finale nella manifestazione continentale. Trovate voi, negli ultimi anni, un’Italia così vincente in qualsiasi altra disciplina sportiva. Ci sarebbe il calcio con il suo potenziale per sfoggiare discrete prestazioni come accaduto nel trionfo a Euro 2020, ma veniamo da due Mondiali mancati, siamo nel bel mezzo di una qualificazione a Euro 2024 ancora traballante, un ex Ct, inebriato dal profumo dei datteri e dei soldi, è fuggito riparandosi sotto i dishdasha sauditi, il presidente federale fino a oggi non ha brillato per scelte lungimiranti. Insomma, il pallone nostrano deve riconquistare una reputazione. L’Italbasket del buon Gianmarco Pozzecco ha sputato l’anima ai Mondiali nelle Filippine, ha persino superato la Serbia, risultata poi finalista, ma contro la corazzata americana ha imitato una batteria durante un concerto rock: martellata tutto il tempo con sinfonie in quattro quarti. A dirla tutta ci sarebbe il volley femminile, celebrato dai media a la page un po’ per statuto introiettato che vede nell’appartenenza al genere rosa un motivo per occupare le prime pagine dei giornali, un po’ per le intemperanze very vip di Paola Egonu, negli ultimi tempi nota più per le sue esternazioni che per le prodezze sotto rete: alla prova dei fatti le ragazze potevano giocare meglio. Qualcuno potrebbe sottolineare come il tennis ci stia garantendo soddisfazioni dorate. È vero, Jannik Sinner, oggi numero 5 del mondo, ha i numeri per diventare plurivittorioso della racchetta nazionale, ma la Coppa Davis, con l’altoatesino a casa a riposarsi in attesa dei prossimi tornei, si è rivelata un massacro nonostante di fronte a noi campeggiassero gli abbordabili canadesi. Non c’è bisogno di dare la croce addosso al povero Jannik che si è defilato: ha scelto di tutelarsi in vista del finale di stagione Atp, e poi giocatori come Lorenzo Musetti (che in giornata favorevole era già riuscito a superare, per lo meno sulla sua adorata terra battuta, i blasonati Alcaraz e Djokovic) erano all’altezza della sfida. Dunque Dio salvi la pallavolo maschile. Sembra di essere tornati nei tempi gloriosi in cui il Ct era Julio Velasco. L’era di Zorro san Zorzi, di Giani (il formidabile Andrea sedeva proprio sulla panchina della Francia sconfitta dall’Italia due giorni fa in semifinale), di Lucchetta, di Bernardi. Di De Giorgi, per l’appunto, oggi custode in panchina di un tesoro collettivo. Il 3-0 rifilato ai transalpini è stato frutto di arguzia tattica, umiltà nel non sentirsi già con un piede in finale, veemenza all’occorrenza. De Giorgi è cristallino: «Abbiamo giocato con grande intensità, la Francia le ha provate tutte, ma i ragazzi si sono rivelati tosti e battaglieri. L’approccio era quello di rispondere colpo su colpo e così è stato. Ci siamo ripromessi di mettere in campo tutto quanto costruito in questo percorso e lo abbiamo fatto contro una squadra coriacea e tecnica, brava a difendere». Giannelli al palleggio, Yuri Romanò alla diagonale, Michieletto e Lavia a schiacciare, non scordando Balaso, Mosca, Galassi, hanno regolato una Francia guidata dal servizio dell’ottimo Brizard, con un Earvin Ngapeth non del tutto tirato a lucido. Adesso tocca affrontare gli eterni rivali della Polonia, che hanno eliminato 3-1 la Slovenia in rimonta, dopo aver perso il primo set. I polacchi sono allenati dall’ex palleggiatore serbo Nikola Grbic, classe 1973, vecchia conoscenza della Serie A1 italiana con le sue storiche presenze a Montichiari, a Cuneo, a Treviso. I biancorossi dell’est Europa sono reduci da un trionfo nella Nations League, vantano due edizioni sulle tre più recenti dei Mondiali vinte, e una finale nella scorsa edizione di settembre in cui furono fermati 3-1 proprio dagli italiani. Il giocatore più temibile è Wilfredo Leon, schiacciatore di origini cubane in forza a Perugia, nel nostro campionato. Le vittorie sulla Serbia nei quarti e sugli sloveni sono merito del suo braccio poderoso, da martello, Carlo, se ci trovassimo a Poitiers. Il suo servizio è incisivo e alla schiacciata è capace di penetrare anche i muri più solidi. Leon è coadiuvato da Aleksander Sliwka, tuttofare con spiccate doti pure difensive. Marcin Janusz è un buon palleggiatore, un atleta ombra perché, come si dice, non lo si sente arrivare e talvolta è vittima di una certa qual sottovalutazione. Attenzione pure al nuovo opposto titolare, Lukasz Kaczmarek. Il tifo romano potrebbe rivelarsi il settimo uomo in campo per gli azzurri. Lo conferma lo schiacciatore Alessandro Michieletto: «Contro la Francia il palazzetto ci ha dato una spinta incredibile. Ci siamo meritati questa finale. Ho cercato di spingere il più possibile nelle battute conclusive, prima di me lo avevano fatto Romanò e Lavia. Contro i polacchi daremo il 110%». Ma, come si diceva prima, la vittoria per il morale tricolore è già stata messa in bacheca.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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