2019-06-16
«Fi è il passato, serve una nuova casa per destra e moderati. Con Salvini»
Il senatore centrista Gaetano Quagliariello, leader di Idea: «Preparatevi al Big bang. L'alleanza tra sovranisti e liberali è inevitabile La gente chiede sicurezza alla Lega, noi metteremo al centro la libertà. Nessuna riserva su Giovanni Toti e Giorgia Meloni».Senatore Quagliariello, buongiorno. Avete appena finito l'assemblea di Idea. Per andar dove?«Siamo in viaggio, nel centrodestra, con l'obiettivo di costruire una nuova casa più grande di quelle che già esistono». Sì, ma dove la volete fare? «Dove sarà possibile. Siamo tutti consapevoli, a destra, di trovarci alla viglia di un nuovo Big bang. L'unica cosa certa è che il luogo dove sorgerà questa nuova casa è nel futuro, non nel passato». Non è dunque una ristrutturazione di Forza Italia? «Non siamo tornati con Forza Italia quando è finito il Pdl perché ci sembrava un passo indietro. Oggi c'è ancor più bisogno di un coraggioso passo avanti». Sembra un giudizio molto duro. «L'affetto per Silvio Berlusconi e il rispetto per il suo ruolo storico sono fuori discussione. Ma c'è bisogno di un nuovo spazio. E di una lettura proiettata su quello che accadrà, non solo su ciò che è stato. Detto ciò, se Forza Italia si desse un vero scossone il quadro cambierebbe». E voi, chi siete, che identità volete portare in questo processo? «Idea “resiste" da quattro anni. Non abbiamo cambiato rotta perché siamo rimasti convinti che la nostra analisi fosse giusta». Quale? «Il centrodestra deve andare avanti ed essere ricostruito. Era necessario che si attrezzasse per una stagione nella quale il tema della libertà non sarebbe stato più così scontato, che si desse basi più solide per evolvere rispetto all'esperienza precedente senza per questo farne tabula rasa».Però voi volete un'alleanza con la Lega, e questo è un primo paletto fermo del nuovo progetto. «La Lega non è un movimento liberale, ma le alleanze si fanno tra diversi. E il liberalismo è l'ideologia più longeva proprio perché la più pragmatica, quella che maggiormente tiene conto dei dati di realtà». Quale? «Oggi un'alleanza tra una componente “sicuritaria" e una componente liberale si impone».Perché? Altri centristi, dentro Forza Italia sono convinti del contrario. «Un errore. La situazione geopolitica e le condizioni economiche, con l'affossamento dei ceti medi, pongono per le persone e le comunità un problema di sicurezza che non può essere esorcizzato, e che è diventato elemento di identità fondante. Dobbiamo tenerne conto». Cosa significa?«Dove c'è insicurezza e prevale la paura, non c'è spazio per la libertà: né nelle proprie scelte personali, né nelle scelte collettive, né in quelle economiche».Quindi vi collocate in uno spazio politico in cui già agisce Giorgia Meloni, e in cui ora è arrivato anche Giovanni Toti. «Meglio. Noi vogliamo fare una cosa più grande, contribuire alla nascita di una solida seconda gamba di centrodestra». Mi spieghi come vede Toti. «Da tempo la nostra diagnosi è comune, come pure l'auspicio di una casa rinnovata e dell'approdo a un progetto più grande. Se Giovanni intende rivolgere un appello a tutto il centrodestra affinché nasca qualcosa che sia nuovo nella forma partito, negli strumenti e nei contenuti, e se questo qualcosa di nuovo comprenderà anche un'anima liberal-cristiana, non c'è ragione per non confrontarsi e rispondere all'appello». Vedo che lei usa un «se». Non è sicuro che sia questa l'intenzione? «Le intenzioni non sono in discussione. Ma il percorso è solo all'inizio e il quadro magmatico. Idea è sempre stata una minoranza creativa che non si è mai rassegnata a essere una quarta gamba anche se i risultati elettorali non sono mancati». Come giudica i vostri risultati nell'ultima tornata?«In tanti territori, soprattutto al Sud, abbiamo superato il 5%, abbiamo consiglieri regionali e comunali. Quanto al nuovo tentativo, è evidente che dovrà evitare alcuni errori. Esperienze precedenti, pur nate sulla base di analisi non errate, sono morte». Per quale motivo?«Per errori di posizionamento politico, e non solo: anche per il peso degli inquisiti e dei “cacicchi" locali: gente a cui veniva appaltato un territorio nell'illusione che a ciò corrispondesse una rendita elettorale sicura». Traduco in modo brutale: bene Toti, ma non faccia un partitino. E Fratelli d'Italia?«Premessa: Giorgia è un'amica e tra noi c'è tanta stima». Ahia. Quando si inizia così c'è sempre un però. «No, nessun però. Parliamo molto più di temi pre politici che non di politica e non è un caso: sappiamo entrambi di avere origini e storie differenti e ciascuno ha rispetto per la propria storia e per quella dell'altro». E quindi il punto di discrimine quale è?«A me pare che Giorgia sia in bilico tra due schemi: allargare il suo movimento che ha costruito contro venti e maree e senza che nessuno ci avrebbe realmente scommesso...».Oppure? «Essere protagonista della fondazione di questo soggetto, nel quale la sua componente politico-ideale deve avere tutto il peso che in questi anni è riuscita a conquistarsi». Per stare nella metafora, potrebbe amministrare questo condominio?«Perché no? in questo secondo caso ci si potrebbe trovare sotto insegne comuni, costruendo, insieme a tanti altri, una grande storia per il centrodestra del futuro».Abbiamo parlato degli inquilini, degli amministratori, ma forse è il caso di dire qualcosa di più su questo nuovo cantiere. «Continuo a pensare che il Pdl sia stato un'intuizione vincente: la possibilità di un grande centrodestra, del partito-coalizione in grado di riassumere in sé esperienze e storie differenti». Però quella storia è finita male. «Il limite fu che il Pdl divenne terreno di scontro per la successione: il partito si trasformò in insidia per il leader invece di difenderlo e rafforzarlo». Quindi lei dice: era giusta l'idea di una grande casa comune. «Esatto. Ritengo che rispetto a quell'esperienza bisognasse - e serva ancora oggi - fare un passo avanti. Mentre la riedizione di Forza Italia era un passo indietro, una casa più piccola. Anche perché adesso irrompono nuovi temi, problemi più grandi da affrontare». Come vi ponete di fronte al tema del sovranismo?«La sovranità non è una categoria assoluta: anche con un semplice accordo bilaterale, tecnicamente può essere una cessione di sovranità». E allora quando il sovranismo è legittimo? «Il problema è che in questa Europa la sovranità non si è trasferita ma è evaporata: è uscita dagli Stati, ma non è stata raccolta da nessun nucleo di potere politico condiviso, e in questo iato si è creato uno spazio occupato per lo più dalla burocrazia e da poteri privi di legittimazione popolare». Quindi condivide la critica alla Commissione, un altro punto di distanza tra Lega è Fdi e Forza Italia. «Sì, perché questa è la ragione per la quale l'Europa non va avanti. Pur rimanendo europeista, chi ha creduto nell'Europa dei padri, un'Europa in cui la politica venisse prima della burocrazia, l'economia prima della finanza e la persona prima del diritto astratto, si trova a condividere molte delle critiche rivolte a Bruxelles e a Strasburgo». Sembra un paradosso. «Lo è. L'altro è questo: c'è chi è sovranista a parole, e chi come Macron fa l'europeista ma in realtà su immigrazione, libero mercato eccetera, difende i suoi interessi nazionali prima di ogni altra cosa». E come si riduce? (Ride). «Se posso dare un suggerimento ai nostri sovranisti, consiglio una rilettura di De Gaulle: offrirebbe spunti incredibilmente attuali».Scusi, senatore, lei è sicuro che per questa nuova casa, vicino a quella della Lega, ci sia spazio? «Sì, ne sono convinto. Ed è questa grande casa che renderà possibile la vittoria di un centrodestra nuovo».
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