L’Europa annuncia nuove sanzioni, la Russia rischia il default ma contrattacca stilando la blacklist di «Paesi ostili» che include tutti quelli della Ue, compresa quindi l’Italia, dichiarando che da oggi aziende e privati che abbiano debiti con questi Paesi saranno autorizzati a ripagarli in rubli. Risultato per la finanza europea: i mercati tremano e le fabbriche chiudono.
Partiamo dalle Borse che ieri hanno chiuso sopra i minimi di giornata ma comunque in forte ribasso e con un’altissima volatilità alimentata dalla notizia di possibili divieti sulle importazioni di petrolio russo. Il listino peggiore è stato comunque quello tedesco, che ha perso il 2,01%. Male anche Parigi (-1,31%) e Milano (-1,36%) mentre Londra ha ceduto lo 0,44%. Negativa pure Wall Street. Continua invece a restare chiusa la Borsa di Mosca, anche per la seduta di oggi, ha annunciato la Banca centrale russa. Dall’ultima apertura oltre una settimana fa, le azioni russe quotate a Londra hanno perso più del 90% del loro valore prima di essere sospese. Le sanzioni mordono e Bruxelles sta valutando di rincarare la dose, ha detto il presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel corso della dichiarazione congiunta con il premier italiano Mario Draghi. Il Cremlino ha reagito approvando una lista di «Paesi ostili», per aver applicato o per essersi appunto uniti a sanzioni contro Mosca nella quale compare anche l’Italia in quanto Paese europeo. La blacklist comprende infatti tra gli altri gli Usa, i Paesi Ue, la Gran Bretagna, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, la Nuova Zelanda, la Svizzera oltre che ovviamente la stessa Ucraina. Nel documento del governo si sottolinea che «le controparti russe - pubbliche o private - «che hanno obbligazioni in valuta estera nei confronti di creditori stranieri dall’elenco dei Paesi ostili potranno pagarli in rubli», che hanno un valore in caduta libera. Ieri il rublo ha infatti toccato i nuovi minimi storici rispetto al dollaro e all’euro. Se all’inizio del 2022 bastavano 75 rubli per un dollaro, ora ne servono il doppio.
Nel frattempo, l’invasione russa dell’Ucraina e gli effetti collaterali delle sanzioni hanno fatto schizzare alle stelle i prezzi di gas, oro e dei metalli come l’alluminio che ha superato per la prima volta la soglia dei 4.000 dollari per tonnellata, mentre rame e palladio hanno toccato nuovi massimi storici e il prezzo del nichel è volato al livello più alto dal 2008. La penuria di materie prime disponibili sta determinando forti scompensi nella catena degli approvvigionamenti (già stressata dalla pandemia) dei metalli utilizzati nelle lattine, nelle costruzioni e anche negli aerei. Il colosso americano Boeing, ad esempio, ha sospeso i suoi acquisti di titanio russo e sta lavorando per diversificare le fonti.
L’impatto si sta riversando sull’economia reale. I costi più elevati richiederanno tempo per passare dai produttori ai consumatori (che intanto vedono però già volare il prezzo del carburante), ma le imprese sono in affanno, alle prese con i nuovi record sui fronti energetici e la mancanza di prodotti di base d’acciaio e di ghisa, che arrivavano da Russia e Ucraina. Il «bollettino di guerra» in Italia comincia ad allungarsi: acciaierie e fonderie si fermano per rivedere i prezzi delle commesse e riprogrammare la produzione, mentre altre aziende lungo le filiere meccaniche e plastiche sono costrette al contrario agli straordinari per completare di corsa le commesse all’arrivo della componentistica e venderle rapidamente, evitando rischi di deprezzamenti. Abbiamo già raccontato nei giorni scorsi il caso degli stop produttivi decisi dal gruppo Pittini di Udine e dalle Fonderie Zanardi, mentre anche Acciaierie venete ha fermato i suoi impianti a Padova, Trento e Brescia. Le sanzioni unite alle contrazioni degli ordini avrebbero poi spinto la Whirlpool a ricorrere agli ammortizzatori sociali per un massimo di 505 dipendenti nello stabilimento di Fabriano, in provincia di Ancona, dove vengono prodotti piani cottura elettrici e a gas destinati anche al mercato russo (sono previsti sei giorni di cassa integrazione e la riduzione della capacità produttiva). Intanto, gli stabilimenti della Michelin di Cuneo e Alessandria, come quelli nel resto d’Europa, hanno fermato nel fine settimana la produzione per la difficoltà di approvvigionamento del carbon black usato per la produzione di pneumatici. Nelle Marche, trema il distretto calzaturiero (il mercato russo e ucraino rappresentano l’80% del fatturato), mentre il gruppo cartario Pro-Gest ha deciso che la produzione delle sei cartiere del gruppo attive in Italia sarà sospesa a causa dell’ulteriore aumento dei prezzi del gas naturale. In una nota si spiega che rincari energetici, prezzi delle materie prime e aumento del costo dei trasporti «impediscono di mantenere il costo della produzione entro i limiti consentiti dal mantenimento dell’equilibrio finanziario complessivo».






