2024-07-25
Il «fascismo eterno» secondo Turlais: un anticipatore inatteso di Umberto Eco
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Jean Turlais. Nel riquadro la cover del suo libro «Tutti "fascisti": da Omero a Jean Genet»
Pubblicato per la prima volta in italiano il breve saggio del collaborazionista francese che estendeva la rivoluzione delle camicie nere fino a Omero.Il 25 aprile 1995, Umberto Eco teneva alla Columbia University una celeberrima conferenza poi destinata a trasformarsi in un altrettanto fortunato pamphlet. Si intitolava Il fascismo eterno. Si trattava, in poche parole, di individuare l’archetipo del fascismo, scomposto in una serie di punti chiave, in modo da riconoscerne il ritorno sulla scena anche in assenza di alcuni degli orpelli estetici tipici dei regimi degli anni Trenta. Non si trattava di una delle migliori prove del semiologo e la stessa categoria di «fascismo eterno», per quanto efficace nella polemica spicciola, non ha mai convinto nessuno storico serio. Quello che pochi sanno – e che forse sfuggiva persino alla enciclopedica erudizione del letterato piemontese – è che l’idea di un fascismo trans- e sovra-storico era stata formulata a suo tempo già in ambito fascista. E più precisamente nell’ambito di quel vasto, complesso e originale mondo culturale che fu il cosiddetto collaborazionismo francese.È appena uscito in italiano, per i tipi di Oaks, un libro il cui titolo è tutto un programma: Tutti «fascisti». Da Omero a Jean Genet. Si tratta della prima traduzione in italiano del saggio Introduction à une histoire de la littérature fasciste, di Jean Turlais, anticipazione di una mai realizzata Histoire de la littérature fasciste d’Homère à Jean Genet. In nome di un’estetica di fondo a cui l’autore riconduceva il sentimento del mondo fascista, Turlais rivendicava all’universo mentale delle camicie nere autori quali Plutarco, Corneille, Stendhal, Kipling e, tra i contemporanei, Brasillach e Drieu La Rochelle, ma anche Bernanos e Malraux, attraverso i quali espresse la propria concezione di rivoluzione fascista.Ma chi era Turlais? Rispetto agli appena nominati Brasillach e Drieu La Rochelle, capofila degli intellettuali che scelsero l’Asse, Turlais è un illustre sconosciuto. Nato nel 1922 e morto nel 1945 (coprendo quindi con la sua intera esistenza la parabola completa del fascismo in Europa), Turlais espresse, già diciottenne, nel 1940, un fervente nazionalismo di karca anti tedesca, com’era tradizione nella destra francese segnata dall’Action française. Dopo aver meditato di unirsi al generale Charles de Gaulle a Londra, Turlais fu affascinato dall'arrivo dell'esercito tedesco a Parigi, notando nelle truppe occupanti virtù che trovava carenti nei suoi compatrioti. Si unì alla Milice française il 6 giugno 1944, il giorno dell'invasione della Normandia. In modi abbastanza misteriosi, lo troveremo poi in mezzo alle truppe che libereranno Parigi. Morirà il 4 aprile 1945 in Alsazia, un mese prima della capitolazione della Germania, a causa dell'esplosione di una granata.L’Ur-fascismo di Turlais, come detto, aveva netta connotazione pre teorica: «Quando i nostri oppositori ci chiedono, con un sorrisetto, di dire cosa sia il fascismo, di dar loro una definizione di fascismo, alziamo le spalle, consapevoli che parliamo lingue diverse. Si aspettano da noi una dottrina politica ben strutturata, coerente e completa, ma il fascismo sfugge a questa semplificazione […]. La concezione fascista si estende su un piano diverso; è una visione soggettiva del mondo e della vita, una morale e soprattutto un'estetica». Da qui l’idea di rileggere l’intera cultura occidentale sotto la lente dell’estetica fascista: «Una storia della letteratura fascista non dovrebbe limitarsi allo studio dei pochi scrittori contemporanei che si sono apertamente proclamati fascisti o che sono ufficialmente riconosciuti come “precursori”. […] Non ci fermeremo davanti a nessun trucco per portarli tutti dentro, da Omero a Jean Genet. E se non abbiamo ancora trovato il modo di ammettere Proust, non disperiamo di riuscirci. Non pretenderemo di essere spinti da un nobile desiderio di sintesi. Preferiamo ammettere che è solo un gioco, forse anche una burla».L’inconveniente di questo tipo di operazioni – che in Turlais, come abbiamo appena visto, hanno quanto meno il sigillo della provocazione ironica, cosa che non accade nel serioso Eco – è che, pro o contro che sia il discorso, l’identità specifica del fascismo cessa di essere rintracciabile se la si estende sull’arco di qualche millennio. Insomma, se tutti sono fascisti, nessuno è fascista. In pratica, lo stesso equivoco in cui finisce per cadere Repubblica oggi.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditara (Ansa)