2019-09-08
Farnesina, il garante della Via della Seta a guardia di Di Maio per placare Pechino
Dopo il caso 5G, capo di gabinetto agli Esteri sarà Ettore Sequi, sponsor dell'accordo firmato da Xi e Sergio Mattarella. L'appoggio del Vaticano.Lo scorso aprile, in una lettera intestata «Pontificio Consiglio della cultura», monsignor Gianfraco Ravasi ringraziava ufficialmente Michele Geraci, sottosegretario del governo gialloblù, e l'ambasciatore a Pechino Ettore Sequi. Motivo della missiva la presenza all'Expo di Pechino di un padiglione vaticano, nonostante la Cina e la nazione del Papa non abbiano rappresentanza diplomatica. Lo spazio con le insegne biancogialle - a detta di Ravasi - è stato possibile solo grazie all'intervento e l'interessamento di Geraci e Sequi. Adesso il primo ha lasciato il passo al governo giallorosso, mentre il secondo è stato appositamente richiamato a Roma per diventare capo di gabinetto di Luigi Di Maio. Il diplomatico, considerato uno dei migliori in circolazione, porterà sì la sua capacità relazionale e le competenze di organizzatore, ma sarà anche garante della Via della seta. Sequi è infatti, come lo è stato anche Geraci, uno dei più grandi sponsor dell'accordo firmato a Roma lo scorso marzo. E dalla sua nuova poltrona c'è da scommettere che porterà avanti le iniziative contenute nei 29 dossier firmati da Xi Jinping e Sergio Mattarella. La sua nomina nasconde però una serie di interrogativi che vale la pena se non altro mettere sul tavolo, perché il tentativo di trovare risposte aiuterà a capire quale sarà la rotta della Farnesina almeno nei prossimi mesi. Innanzitutto, Di Maio a poche ore dalla nomina ha subito puntato il dito sull'ambasciatore (che a quanto ci risulta avrebbe anche fatto rotta su Bruxelles) senza alcuna esitazione. Eppure nei 14 mesi di governo con la Lega abbiamo conosciuto un leader grillino molto più tentennante nelle nomine. Tanto che viene il dubbio che a volere Sequi siano stato qualcun altro. Certo non i grillini. Nell'ordine: la Cina, il Vaticano e, infine, il Colle. Il primo consiglio dei ministri di Giuseppe Conte, contro ogni aspettativa grillina, ha sancito un decreto firmato Giancarlo Giorgetti. Si tratta dell'estensione del golden power (controllo pubblico per ragioni di sicurezza nazionale) anche al tema del 5G. Il testo possiamo sostenere che piaccia molto all'ambasciata Usa a Roma ed è molto più anglosassone rispetto ai testi in vigore negli altri Stati membri dell'Ue. La mossa ha fatto saltare la mosca al naso ai cinesi, tant'è che hanno subito fatto sapere che serve reciprocità. Come dire, occhio che abbiamo promesso tre miliardi di investimenti nel Belpaese e non ci vuole nulla a cancellarli. Ma le minacce non sono nella cultura diplomatica del Dragone. Di solito preferiscono altre strade, compresa quella di cercare figure di fiducia con cui dialogare. Dopo l'approvazione del decreto sul 5G, quella figura non può più essere Di Maio. Infatti, a poche ore dalla sua nomina, Xinhua, l'agenzia di stampa popolare, ha fatto uscire un breve commento: «Scelta insolita, il ministro ha scarse conoscenze linguistiche e ha dimostrato poco interesse per le questioni globali». Due righe sufficienti per celebrarne un funerale a Pechino. Ecco che la Cina in modo indiretto ha fatto sapere che avrebbe gradito una persona con cui dialogare. In sostanza, una sorta di dirigente per commissariare Di Maio. I tempi dell'incarico di Sequi sono stati così veloci anche perché plausi per un suo trasferimento sono arrivati pure da Oltretevere. Il Vaticano è in un momento difficile nei suoi rapporti con la Cina. Questa cosa che a Hong Kong si menano da settimane alla faccia delle leggi e del diritto per gli uomini di papa Francesco è un inconveniente sulla strada della normalizzazione dei rapporti e dell'ufficializzazione del cattolicesimo in Cina. Inoltre, il Vaticano è stato il principale sponsor della Via della Seta e le gerarchie cardinalizie non gradirebbero scherzi o sterzate improvvise. Stessa idea deve essere riconducibile a Sergio Mattarella che dulcis in fundo (e in rappresentanza dell'Italia) ha chiuso il cerchio sulla nomina a capo di gabinetto della Farnesina. A questo punto il cordone filo cinese sembra chiuso, ma il tema porta a un interrogativo di fondo. La Cina sarà alleato o spina nel fianco dei giallorossi? Il percorso della sinistra, ora al governo, sembra essere atlantista, ma dovrà trovare un punto di compromesso. Forse cercherà di accontentare Donald Trump sulla teconologia delle comunicazioni e di affidare i nostri scali portuali al Dragone. In mezzo ci saranno tante tensioni e toccherà a Sequi maneggiarle.