2018-12-14
«Far ripartire questo Paese non è una questione di decimali»
Il presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia: «I mercati punteranno sulla nostra nazione se daremo segnali di serietà, snellendo la burocrazia e agevolando la produzione».«L'aspetto importante non è discutere dei decimali del rapporto deficit-Pil. Per convincere i mercati a puntare sull'Italia bisogna dar loro l'impressione di avere di fronte un serio piano di riforme e di ammodernamento del Paese», che potrebbe nascere dal dialogo tra imprese e governo. Ne è convinto Luigi Scordamaglia, ad di Inalca (gruppo Cremonini) e presidente di Filiera Italia, l'associazione che dallo scorso maggio riunisce oltre 30 sigle del made in Italy agroalimentare e che martedì ha incontrato al Mise il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.Cosa avete chiesto al governo?«L'apertura di questo tavolo è stata molto importante per l'avvio di un dialogo non formale con i ministri Salvini e Di Maio. Oggi il contesto entro cui ci muoviamo è cambiato, con l'annuncio dello sforamento del deficit da parte della Francia e le novità su Brexit. In questo quadro c'è da chiedersi: è davvero essenziale discutere dei decimali del rapporto deficit-Pil Italiano? I fondi internazionali e gli altri investitori non decidono se puntare o meno sull'Italia in base alla variazione di un decimale del costo del denaro: bisogna invece diffondere la consapevolezza che questo Paese ha potenzialità infinite, soprattutto in settori come l'agroalimentare, che in controtendenza continuano a crescere. Il giudizio dei mercati non dipende dal fatto che finanziarsi costi un decimale in più, ma dall'esistenza di un progetto serio, finalizzato all'ammodernamento del Paese, e noi su questo abbiamo richieste specifiche».Quali?«Prima di tutto la politica deve riprendersi il primato e la responsabilità di scegliere rispetto a una burocrazia che tiene tutto impantanato. Parlo per esperienza: sono stanco di passare il 90% della giornata a compilare moduli e a scontrarmi con tecnici che dicono sempre no. Personalmente rinuncerei a tutti i benefici fiscali pur di non avere più l'ostacolo della burocrazia. C'è bisogno di semplificazione e il ministro Di Maio ci ha assicurato che è già allo studio un decreto in questo senso».Su cos'altro vi siete focalizzati?«Siamo tutti d'accordo sul fatto che il traino della crescita del Paese è la produzione, che si basa su tre pilastri: i lavoratori, gli imprenditori e gli investimenti. A nostro parere i lavoratori devono ricevere un netto più alto in busta paga: ben venga tutto ciò che serve per ridurre il cuneo fiscale, dalla riduzione dei premi Inail alla decontribuzione degli straordinari e dei premi di produttività. Se i lavoratori percepiscono una busta paga più pesante aumenta la loro capacità di spesa e questo va a beneficio del mercato interno. Per quanto riguarda gli imprenditori continuiamo a chiedere solo una cosa: che ci venga ridata la dignità di non doverci ogni volta scontrare con la burocrazia. Infine, sul fronte degli investimenti le nostre richieste riguardano in particolare la deducibilità dell'Imu sui capannoni industriali, che deve essere portata almeno al 50%, e la proroga delle misure di iper e super ammortamento».Un punto controverso riguarda l'applicazione del decreto Dignità…«Su questo chiediamo un'analisi molto oggettiva di cosa non sia andato per il verso giusto. L'introduzione delle causali per i contratti a termine ha generato indubbiamente un aumento del contenzioso: a questo proposito chiediamo che le causali non vengano più fissate per legge, ma che la loro determinazione sia demandata alla contrattazione collettiva, tra datori di lavoro e sindacati».Per quanto riguarda il settore agroalimentare, una buona notizia per l'Italia è arrivata con la reintroduzione, il mese scorso, dei dazi sul riso proveniente da Paesi come Cambogia e Birmania. Che ne pensa?«A nostro parere i dazi vanno bene nel momento in cui diventano barriere contro chi non rispetta le regole, facendo dumping sociale e ambientale. Ben venga l'introduzione dei dazi se il Wto non riesce a imporre ad alcuni Paesi il rispetto delle norme in materia sanitaria e di quelle che, ad esempio, regolano il lavoro minorile».Cosa auspicate per i prossimi mesi?«Anzitutto ci auguriamo che il maggior numero possibile delle proposte rientri nel maxiemendamento alla legge di bilancio, e auspichiamo che il dialogo avviato con il governo continui. Ci teniamo poi a sottolineare che l'Italia ha potenzialità enormi e che noi imprenditori, come la politica, abbiamo il dovere di mettere in atto un serio piano di ammodernamento del Paese».