2022-12-13
«Falsità da Amara, la querela non va archiviata»
Piero Amara (Imagoeconomica)
Il gip dà ragione al legale di Eni, Stefano Speroni, accusato di fatture artefatte per una festa.È cambiato il vento in Procura di Milano. Dopo anni a valorizzare le dichiarazioni dell’ex avvocato Piero Amara - rivelatesi spesso false con accuse calunniose e fallimentari -, ieri il gip Lidia Castellucci ha deciso invece di chiedere ulteriori indagini su una querela su cui il procuratore aggiunto Laura Pedio aveva chiesto l’archiviazione il 7 giugno scorso. È un fatto a suo modo storico, se si pensa che la gran parte dell’inchiesta Eni-Nigeria (finita con l’assoluzione di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste) si basava proprio sulle dichiarazioni di Amara. Ma è un fatto rilevante soprattutto perché, negli ulteriori approfondimenti richiesti dal gip, si potrebbe scoprire qualcosa di più sulle strategie di depistaggio, inquinamento di prove e calunnia nei confronti dei difensori di Eni, portate avanti in questi anni da Amara nelle Procure di mezza Italia. Per capire come nel palazzo di giustizia milanese siano ormai lontani i tempi dell’ex capo della procura Francesco Greco, (Marcello Viola è arrivato in aprile) bisogna tornare indietro al 24 novembre del 2019. Quel giorno il direttore degli Affari legali di Eni Stefano Speroni presenta una querela proprio contro Amara. Lo accusa di calunnia per quanto dichiarato in un interrogatorio proprio di fronte a Pedio e Paolo Storari. In pratica, secondo Amara, che a sua volta avrebbe avuto l’informazione dall’avvocato Michele Bianco, Speroni avrebbe emesso una fattura falsa per una non meglio precisata festa organizzata dal Cane a sei Zampe nel 2017. Peccato che i documenti e le indagini dicano l’esatto contrario, come anche sia subito dimostrato come sia falso che la festa fu pagata da Speroni. «A fronte quindi della pacifica falsità delle dichiarazioni rese da Amara […]» scrive il gip «occorre soffermarsi sull’elemento oggettivo del reato, proprio perché su di esso si fonda la richiesta di archiviazione avanzata dal pm» secondo cui «le circostanza riferite da Amara erano particolareggiate […] pertanto le modalità della festa potevano rendere quantomeno dubbia la consistenza della prestazione fatturata». Ma il giudice Castellucci non condivide affatto la decisione della Pedio, «[…]poiché» scrive «si basa su un presupposto che è stato preso per vero, ossia che Amara si sarebbe limitato a riportare quanto appreso da Bianco». Ma, sottolinea ancora il gip, «non può non evidenziarsi che proprio quelle che sono state indicate dal pm come dettagliate conoscenze […] sono in realtà pressoché tutte false». E Amara non le avrebbe dette a caso quel giorno. Perché la narrazione serviva a infangare la figura di Speroni, che era stato appena nominato direttore degli Affari legali di Eni e che aveva già promosso una causa civile da 30 milioni di euro di risarcimento proprio contro Amara. Insomma, l’obiettivo dell’avvocato siciliano era quello di mettere in difficoltà Speroni. La querela, presentata alla fine del 2019, era rimasta nei cassetti per 2 anni e mezzo. Pedio aveva deciso di archiviarla. Ora invece la Procura dovrà indagare di nuovo.
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