2023-05-09
L’Ue cancella ricevimento in Israele pur di escludere il ministro sgradito
Nel mirino Itamar Ben Gvir: «Non rappresenta i nostri valori». Ma i pellegrinaggi da Xi Jinping sono ok.È proprio vero che «ci vuole più Europa». Per creare incidenti diplomatici inutili, però, e non certo nel senso autocelebrativo in cui gli eurolirici usano quello slogan ormai stucchevole e perfino fastidioso. I fatti, intanto. Tutto nasce da un catastrofico tweet delle 13.53 di ieri lanciato dall’account ufficiale @EuinIsrael: «La delegazione Ue in Israele non vede l’ora di festeggiare lo Europe day il 9 maggio, come fa ogni anno. Purtroppo, quest’anno abbiamo deciso di cancellare il ricevimento diplomatico, poiché non vogliamo offrire una piattaforma a qualcuno le cui opinioni contraddicono i valori per cui l’Ue si batte». E contro chi è diretto questo ostracismo, peraltro proclamato usando perfino i termini della censura woke (no platforming sono infatti le decisioni e le azioni volte a impedire che opinioni e voci «sgradite» possano partecipare a dibattiti, conferenze, eventi)? Il bersaglio è un membro del governo di Benjamin Netanyahu, e precisamente il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, avvocato e leader del partito di destra Otzma Yehudit.Ben Gvir è effettivamente una figura dalle opinioni politiche controverse. Contro di lui si concentra da tempo il fuoco di fila delle opposizioni israeliane. Yair Lapid, leader della minoranza, aveva definito un errore l’invito di Ben Gvir all’evento, sostenendo che la cosa «imbarazza un largo gruppo di Paesi amici, mettendo a rischio i voti futuri nelle istituzioni internazionali». Ma un conto è che a condurre la polemica siano i membri dell’opposizione israeliana, altro conto è che l’Ue pretenda di ritirare patenti di democrazia non avendone alcun titolo, peraltro. E infatti il ministro Ben Gvir ha risposto con notevole e comprensibile durezza: «È una vergogna che la Ue, che dice di rappresentare i valori della democrazia e del multiculturalismo, ora non diplomaticamente tappi la bocca». E ancora: «È un onore e un privilegio per me rappresentare il governo israeliano, gli eroici soldati israeliani e il popolo di Israele in ogni sede. Gli amici sanno come esprimere le critiche e anche i veri amici sanno come prenderle».È prevedibile che - non solo in Italia - la stampa di sinistra e quella pregiudizialmente ostile a Israele (quindi un gran numero di testate) cercheranno di portare la discussione sulle posizioni politiche di Ben Gvir, spostando il dibattito su ciò che quell’esponente politico pensa e dice. Ma è un’operazione scorretta. A giudicare quelle posizioni politiche devono infatti essere gli elettori israeliani, non altri. Quanto invece al comportamento dell’Ue, esso appare indifendibile almeno per quattro ragioni.Primo. Israele (qualunque cosa di pensi dell’uno o dell’altro governo in carica, di destra o di sinistra, e di ogni singolo ministro pro tempore) è l’unica democrazia di quell’area. Attaccare un legittimo membro del suo governo è dunque un’operazione insensata e faziosa, che nega la realtà, la storia e l’identità stessa di Gerusalemme. Secondo. È francamente paradossale che numerosi leader europei (da Ursula von der Leyen a Emmanuel Macron) abbiano appena finito di inchinarsi davanti al dittatore comunista cinese Xi Jinping, per non dire del trattamento in guanti bianchi (con ingentissimi accordi economici in materia di immigrazione) realizzato con l’autocrate turco Recep Tayyip Erdogan. Con questo record e con questi precedenti, andare all’attacco di un ministro israeliano appare surreale, oltre che politicamente inaccettabile. Terzo. È abusivo che l’Ue pretenda di imporre i suoi criteri sullo «Stato di diritto» a un Paese, Israele, che non fa parte dell’Unione. E soprattutto, quarto, non si contano - nei decenni - le occasioni in cui Bruxelles e le singole capitali europee hanno purtroppo assunto un atteggiamento ambiguo rispetto al terrorismo palestinese. Né si contano le occasioni in cui esponenti politici europei hanno offerto copertura e amicizia al regime islamista di Teheran che, oltre a perseguitare il proprio popolo, ha come obiettivo esplicito la cancellazione di Israele dalla faccia della terra. E ora invece ci si affretta a imbavagliare un ministro israeliano?Peraltro, a questo punto, c’è motivo di riflessione profonda - e preoccupata - non solo rispetto al comportamento dell’Ue verso l’esterno, ma, a maggior ragione, rispetto a ciò che Bruxelles si sentirà legittimata a fare rispetto ai 27 Paesi membri, ai governi più o meno «graditi», ai partiti più o meno «accettati». E se è già discutibile per mille ragioni la fissazione di standard relativi al pur alto e nobile concetto dello «Stato di diritto», assai più pericolosa è l’attuale tendenza delle istituzioni europee a interpretazioni arbitrarie e discrezionali. Diciamolo chiaramente: se questo è l’andazzo, anche all’interno dell’Ue scatterà (anzi, riprenderà: prima della guerra in Ucraina Bruxelles aveva messo nel mirino la Polonia, ad esempio) una tendenza al giudizio politico (dunque, inevitabilmente discutibile e spesso propagandistico) sui governi, sui partiti, sugli esponenti politici non «graditi» all’Ue. Deriva inquietante.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)