2023-09-05
Stiamo sfasciando l'industria dell'auto
I primi effetti della transizione green si cominciano a vedere sull’industria automobilistica. Il colosso bancario svizzero Ubs nelle raccomandazioni agli investitori ha declassato sia le azioni del gruppo Volkswagen che quelle della Renault, invitando i risparmiatori a vendere i titoli, giudicando troppo rischioso mantenerli in portafoglio. Secondo gli analisti finanziari della banca di Zurigo, pur essendo il più grande produttore di veicoli nel mondo, Volkswagen potrebbe veder calare del cinquanta per cento i suoi utili, a causa della concorrenza cinese e dell’andamento del mercato. Per gli esperti di Ubs, infatti, la minaccia dei veicoli elettrici prodotti da Pechino è sottostimata dai vertici di Wolfsburg. Discorso più o meno identico per Renault. Secondo il colosso svizzero la casa automobilistica francese è, tra i produttori europei, uno dei più esposti al rischio di perdite strutturali di quote di mercato. Ovviamente sempre principalmente a causa della concorrenza cinese. Secondo gli analisti del gigante della consulenza finanziaria, gli utili di Renault non soltanto non cresceranno nei prossimi esercizi, ma è probabile un peggioramento della maggior parte degli indicatori dell’azienda già dal prossimo anno.Mica male come previsioni. In pratica, gli esperti sono convinti che la maggior parte delle società del settore subiranno tracolli dal punto di vista delle vendite e anche sul piano dei ricavi. In altre parole, il cuore dell’industria europea, a lungo retto dai fabbricanti di automobili, rischia di incepparsi e di mandare in tilt il Pil del Vecchio continente. Previsioni troppo pessimistiche di consulenti abituati a vedere sempre tutto nero? Non si direbbe, perché anche i vertici dei principali gruppi del settore paiono pensarla allo stesso modo, ritenendo che spingere l’industria verso le auto elettriche, rinunciando a quelle a motore termico, rischi di far collassare i produttori europei di vetture più economiche, visto che i principali gruppi paiono impreparati ad affrontare la scadenza fissata dall’Unione europea per mettere fine alla produzione di veicoli a combustione. Oliver Zipse, presidente del consiglio di amministrazione della Bmw, parlando con il Financial Times è stato netto: «Il segmento delle auto di base svanirà, o quanto meno non sarà più presidiato da produttori europei». Tradotto in parole più semplici, significa che la decisione di Bruxelles di porre fine alla produzione e anche alla commercializzazione di macchine a benzina e diesel sta facendo un grosso regalo a Cina, Corea e India, ovvero ai Paesi che presidiano il mercato delle vetture più economiche e che sono in grado di produrre veicoli elettrici a prezzi molto più competitivi rispetto a quelli dei marchi europei. In pratica, stiamo uccidendo l’industria automobilistica che abbiamo conosciuto, favorendo quella orientale. Vi sembra un caso conclamato di masochismo? Beh, la risposta è sì. Come Tafazzi ci stiamo facendo male da soli. Zipse parlando con il giornale finanziario non si è detto preoccupato per la Bmw, che operando in una fascia di mercato più elevata sente meno la concorrenza cinese, ma altri gruppi, tra i quali Volkswagen, Renault e la stessa Stellantis, cioè aziende meno presenti nel segmento premium, probabilmente hanno motivo per non dormire sonni tranquilli e con loro le decine di migliaia di lavoratori che vi sono occupati. Il numero uno del marchio tedesco di alta gamma dice di vedere la concorrenza cinese ai produttori europei di auto più economiche come un rischio imminente. La guerra dei prezzi scatenata dalle aziende di Pechino minaccia di far collassare il sistema. La Cina, spiega il Financial Times, è il più grande mercato mondiale di automobili e negli ultimi quindici anni ha creato un’industria di veicoli elettrici che ha conquistato gran parte delle catene di forniture mondiali di batterie e ora, mentre la concorrenza diventa sempre più agguerrita anche facendo leva sui prezzi, si appresta a dare l’assalto all’Europa. Infatti, modelli a noi sconosciuti, ma già di largo successo nella Repubblica popolare cinese e non solo, presto potranno essere venduti anche nel Vecchio continente, con le conseguenze che si possono immaginare. Come ha spiegato di recente l’amministratore delegato di Renault, si va verso un mondo in cui solo i più ricchi potranno permettersi un’auto. Ma se così è, se cioè davvero per ridurre le emissioni l’Europa intende ridurre la circolazione di veicoli alle sole macchine elettriche e decretare la fine del motore termico entro il 2035, che ne sarà dell’industria dell’auto che abbiamo conosciuto? Secondo il Financial Times, includendo i dipendenti indiretti del settore, stiamo parlando di quasi 14 milioni di lavoratori e nessuno pare avere alcuna idea di quale alternativa offrire loro se non una vita di sussidi e di disoccupazione. Insomma, più che dell’ecoansia che affligge i simpatici giovanotti che si sdraiano in mezzo alle strade per bloccare il traffico dovremmo preoccuparci dell’ecofollia dei governanti Ue, le cui misure fanno dire al capo della Bmw che il suo gruppo continuerà a produrre e vendere motori a combustione, ma al di fuori dell’Europa. Dunque, oltre a privarci dell’auto del popolo (è questa la traduzione di Volkswagen) ci priveremo anche di una delle industrie più popolata, perché le aziende emigreranno. Più che una strategia pare un suicidio.