2022-03-06
L’euro frana e raggiunge il dollaro
Il presidente della Fed Jerome Powell (Ansa)
Guerra dei tassi: mentre la Fed li alza, la Bce li lascia invariati per aiutare gli Stati con alto debito pubblico. Ma così i prezzi salgono sempre di più. Germania all’attacco.È una cifra scomoda e i cantori dell’Europa a prescindere non la prendono in considerazione: è il cambio euro-dollaro. L’invasione di Vladimir Putin ha messo a nudo tutte le fragilità di Bruxelles. Spazzata via la favola del futuro green, spazzata via la retorica dell’Europa garante di pace, adesso vacilla anche l’idea che l’Ue abbia la moneta più potente del mondo. Venerdì il cambio euro dollaro è arrivato (quasi) alla parità, fissato a 1,09 . La perdita di valore è allarmante: finora il minimo toccato quest’anno il 3 marzo era 1,107 e il massimo, segnato il 2 febbraio, 1,146 . Sono dolori perché gas e petrolio si pagano in valuta americana il che significa non avere più vantaggio di cambio e importare più inflazione che sta diventando il nodo gordiano delle politiche economiche dell’area euro. Prima che tra le sanzioni entrasse lo Swift (l’esclusione delle banche russe dal circuito dei pagamenti condivisi), Mosca era disponibile ad accettare pagamenti in euro, ma ora si è tornati al dollaro. Questo significa che, se prima ogni santo giorno noi italiani staccavamo un assegno da almeno 80 milioni di euro a Putin, per effetto del cambio è già salito a 83. Se la debolezza del cambio ci costringe a un maggiore esborso per acquistare lo stesso quantitativo di energia, c’è un aspetto di politica monetaria che è ancora più preoccupante ed è il motivo per cui l’euro perde valore. La risposta sta principalmente nelle traiettorie divergenti che Federal reserve (la Banca centrale Usa) e Bce hanno preso sui tassi. Queste riflettono anche gli andamenti assai diversi delle due economie a conferma che le sanzioni imposte alla Russia fanno assai più male sulla sponda orientale dell’Atlantico, e in Italia in particolare, che non su quella occidentale. Jerome Powell, presidente della Fed, ha annunciato che entro marzo rialzerà i tassi almeno di un quarto di punto. Molti si aspettavano almeno mezzo punto, ma non è detto che non vi siano più manovre ravvicinate e che la Fed ritiri subito i sostegni legati all’acquisto di titoli di debito federale. Powell deve tenere a freno un’inflazione che viaggia al 7,5% frutto della robusta ripresa dell’economia americana. È deciso a farlo «whatever it takes» per dirla alla Mario Draghi. Pure Joe Biden deve accettare di raffreddarla - per gli americani è una «tassa» insopportabile - altrimenti rischia di perdere con certezza le elezioni di mid term. Diametralmente opposta è fin qui la strategia di Christine Lagarde, presidente della Bce, che continua a dire che l’inflazione non va domata rialzando i tassi. La Bce tenta di non penalizzare Paesi come l’Italia dove l’inflazione è generata non dall’euforia dell’economia, ma da una carenza di offerta di energia, di materie prime, di trasporti. Così facendo la Bce però lascia intatta la massa monetaria in circolazione e di fatto incentiva l’inflazione. L’Eurotower si trova di fronte al dilemma: alzo i tassi e metto in crisi l’Italia che ha gonfiato oltre misura il suo debito pubblico o sopporto l’inflazione che aiuta a erode i debiti pubblici ma impoverisce risparmiatori e redditi colpendo soprattutto quelli più bassi? A dare la sveglia è intervenuto Joachim Nagel, presidente della Bundesbank, che presentando il rapporto sull’economia della Germania - prevista in rallentamento causa shock energetico e delle esportazioni - ha scandito: «Se la stabilità dei prezzi lo richiede il consiglio direttivo della Bce deve adeguare il suo corso di politica monetaria». Difficile che si possa resistere sulla trincea dei tassi negativi. Per l’Italia significa debito più caro, mutui più cari, contrazione dell’economia peraltro già segnata dalla stagnazione dei consumi e la speranza di una tregua sul Patto di stabilità sempre più flebile. Dopo quella in Ucraina c’è un’altra guerra: quella sui tassi.