2024-05-06
Così gli «esperti» di vaccinazioni hanno mandato Camilla a morire
Il feretro di Camilla Canepa, la 18enne morta per emorragia celebrale dopo aver fatto il vaccino Astrazeneca (Ansa)
Franco Locatelli & C. sapevano perfettamente delle trombosi correlate all’Astrazeneca. L’Ema segnalava che con circolazione bassa del virus (come a maggio 2021) era più facile morire per l’iniezione che per il Covid. Ma il Cts cedette alle pressioni di Roberto Speranza e Francesco Paolo Figliuolo e autorizzò gli open day, dove perse la vita la diciottenne genovese. Sergio Abrignani: «Oggi mi taglierei le mani piuttosto che dare il nulla osta».Le carte dell’inchiesta per la morte di Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante stroncata dalla Vitt (trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino) dopo l’assunzione del vaccino Astrazeneca, ci consegnano la plastica raffigurazione del tragico scaricabarile che ha portato al decesso della giovane. A distanza di tre anni è finalmente possibile ragionare con mente fredda su storture e orrori della vaccinazione di massa, senza per questo essere arruolati a forza nell’esercito dei no vax. Non si può non rimanere perplessi di fronte all’ipocrisia, alle reticenze e alle bugie che emergono dagli atti depositati presso la Procura di Genova.Qui l’annosa questione delle logiche sottese alla distribuzione a passo di carica di vaccini sperimentali, al contrario che in altri uffici giudiziari, non è stata liquidata come un capriccio da stregoni nemici della scienza. Qui sono state sbobinate tutte le registrazioni delle riunioni del Comitato tecnico scientifico e sono stati sentiti a verbale tutti i suoi membri. Impresa encomiabile, se non fosse che, alla fine, i pm hanno deciso di circoscrivere le contestazioni di omicidio e lesioni colposi, oltre che di falso ideologico, ai medici che lavoravano al pronto soccorso di Lavagna e che non avrebbero effettuato i necessari accertamenti diagnostici.Ma i verbali di sommarie informazioni dei membri del Cts, sentiti a uno a uno, raccontano un penoso tentativo di deresponsabilizzazione da parte del trust di cervelli che avrebbe dovuto salvare l’Italia. Un fuggi fuggi che i sostituti procuratori (Stefano Puppo e Francesca Rombolà) e i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità di Genova (coordinati dal tenente colonnello Daniele Quattrocchi) hanno evidenziato con le loro puntute domande.Alla fine la Procura ha deciso di non iscrivere sul registro degli indagati i membri del Cts, nonostante gli investigatori fossero di parere diverso. Forse gli inquirenti non hanno ritenuto che ci fossero elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio e così negli atti non compare la classica informativa finale della polizia giudiziaria, successiva alla raccolta delle dichiarazioni testimoniali. Conclusioni che avrebbero potuto mettere in discussione la linea garantista delle toghe.Ma per quanto appreso dalla Verità, gli investigatori erano pronti a proseguire le indagini ed erano convinti che ai membri del Cts (e probabilmente anche alle autorità sanitarie) potessero essere ascritti, quanto meno sino alla conclusione dei doverosi approfondimenti, gli stessi reati contestati ai camici bianchi liguri, per aver cagionato in concorso il decesso, non avendo vietato la somministrazione di quel vaccino. Resta il desolante del rimpallo delle responsabilità. Uno sport a cui partecipa anche il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, uno dei più determinati nel portare avanti la battaglia per l’utilizzo del vaccino Astrazeneca anche sotto i 60 anni di età (contro il parere, per esempio, dei colleghi Sergio Abrignani, Giorgio Palù e Giuseppe Ippolito), salvo, poi, mostrare sconcerto per il ricovero della giovanissima Canepa: «Io personalmente ho avuto la notizia ieri e ci siamo scambiati un paio di messaggi con il ministro al quale ho scritto letteralmente che trovavo inconcepibile aver proposto a una ragazza il vaccino di Astrazeneca quando la stessa aveva 22-23́ anni, quelli che aveva» dichiarò il 7 giugno 2021. Per poi aggiungere: «Però di fatto gli Astrazeneca day ci sono e noi non abbiamo mai preso una posizione. Forse è arrivato il momento di prenderla».Il 17 giugno 2022 la pm Rombolà gli fa notare il cambio di rotta «pazzesco»: «Da un nulla osta a dire lo ritengo inconcepibile. Poteva dire “speriamo che la ragazza fosse stata avvertita dei rischi…”, inconcepibile vuol dire che non è concepibile».Di fronte a queste obiezioni, Locatelli pare fare marcia indietro rispetto a quel momento di resipiscenza: «Tenga conto poi che ognuno di noi non è che è umanamente immune da fatti come questi. Ecco, allora, forse anche le parole qualche volta possono avere una carica emotiva un po’ diversa […] è chiaro che una storia come questa impatta. Poi ne parli proprio perché umanamente colpito e, mi permetto di dire, affranto». Gli inquirenti gli ricordano che dopo la ragazza sono morti anche padre e nonno, di crepacuore. Locatelli prova a rilanciare: «Se la ritenete una domanda inopportuna mi fermate: ma questa ragazza ebbe la spinta motivazionale a farsi vaccinare per…?». La pm lo stronca: «Non per fare il viaggio della maturità ecco». Ma perché viveva in casa con diversi anziani. «Erano persone che credevano molto nella scienza, nella medicina e si erano affidate […], per proteggere la presenza di questi nonni anziani e quindi per poterli continuare a frequentare».A innescare il via libera ai vaccination day è stato un quesito (al primo punto dell’ordine del giorno della seduta del Cts del 12 maggio 2021) del ministro della Sanità, Roberto Speranza, che esattamente tre anni fa aveva i depositi pieni di vaccini anglo-svedesi, quelli meno efficaci, con più effetti avversi verificati (sono realizzati con virus di scimpanzé) e più economici.La domanda di Speranza, che sarebbe stata inviata direttamente a Locatelli, è riferita in Procura dal segretario del Cts, Sergio Fiorentino, avvocato dello Stato: «Caro professore alla luce dell’evoluzione della campagna di vaccinazione in corso, in considerazione dell’attuale situazione epidemiologica del nostro Paese, ti chiedo di sottoporre al Comitato scientifico da te coordinato lipotesi di somministrare i vaccini Johnson&Johnson e Vaxzevria (Astrazeneca, ndr), oggi raccomandati ai soggetti sopra i 60 anni, anche alla fascia di età compresa tra i 50/60 anni».Dall’incipit del verbale della riunione del 12 maggio si capisce che il ministero si aspetta una risposta sola al quesito. Il commissario straordinario per il contrasto alla pandemia, il generale degli Alpini Francesco Figliuolo, in quel momento ritiene di aver bisogno di 73 milioni di dosi, ma non considera diversi aspetti, a partire dall’«aliquota di soggetti che non riceveranno la vaccinazione, perché non interessati». A giudizio di Figliuolo, si legge nel resoconto, «il fabbisogno di vaccini a mRna risulta superiore al previsionale delle forniture e, pertanto, una modifica della raccomandazione di somministrazione di Astrazeneca e Johnson&Johnson, prevedendo l’ampliamento della platea anche agli over 50, laddove scientificamente percorribile, consentirebbe un più adeguato e certo soddisfacimento dei fabbisogni».Giorgio Palù, all’epoca presidente dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), con i magistrati liguri offre la propria interpretazione della nota commissariale: «In quel periodo era già noto che l’efficacia dei vaccini a vettore adenovirale era sicuramente inferiore a quelli a mRna. Probabilmente il quesito nasce dal fatto che i vaccini a mRna non erano sufficienti a coprire il fabbisogno nazionale mentre le massive scorte di quelli a vettore adenovirale potevano dare un impulso importante alla campagna vaccinale». Alla fine il testimone si tira fuori dall’agone: «Io sono sempre stato contrario all’utilizzo di vaccini a vettore adenovirale su soggetti con età inferiore a 60 anni».Agli atti ci sono le trascrizioni delle riunioni del Cts. Quella del 12 maggio è particolarmente vivace. Abrignani, direttore scientifico dell’Istituto nazionale di genetica molecolare, propone: «Io darei una risposta che rimaniamo così come siamo, che dai 50 ai 59 anni non si fanno gli adenovirus». Locatelli non è entusiasta: «Benissimo, ma la diamo riportando che è una risposta a maggioranza e non unitaria». Donato Greco, già direttore generale del dipartimento di Prevenzione del ministero della Salute, va all’attacco di Abrignani: «Ma secondo te il generale Figliuolo, con tutto il suo squadrone, sta scherzando se ci fa una domanda di questo tipo? Cioè siamo noi che abbiamo i numeri giusti per dire che non c’è vantaggio e che lui si sbaglia nel fare questa domanda? Perché questo stai dicendo, stai dicendo che il generale ha detto una sciocchezza».Abrignani predica prudenza: «Io rimango dell’idea che vista la presenza di questi eventi rari, ma che esistono, perché rischiare anche un solo morto?». Alla fine nessuno si prende la responsabilità di mettere nero su bianco l’estensione degli adenovirali. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, parla di atteggiamento pilatesco. Viene solo confermata la «raccomandazione» per gli over 60.Nel verbale, compilato su carta intestata alla presidenza del Consiglio dei ministri, c’è, comunque, un piccolo contentino: è ribadito che entrambi i sieri sotto esame «possono essere impiegati in tutte la fasce di età dei soggetti attualmente vaccinabili». Un’apertura incondizionata che fa a pugni con un altro passaggio del testo, laddove si legge: «I fenomeni di trombosi in sedi inusuali, associati a trombocitopenia, sono stati osservati dopo somministrazione di vaccini a vettore adenovirale in larga prevalenza in persone sotto i 60 anni d’età (con una preponderanza di casi nel genere femminile) e questa osservazione ha motivato l’indicazione preferenziale espressa dalle autorità sanitarie del Paese all’uso dei vaccini a vettore adenovirale per i soggetti di età uguale o superiore a 60 anni, che sono le più esposte al rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19».Nel verbale vengono riportati i risultati di uno studio dell’Agenzia europea per i medicinali: «Da un’analisi pubblicata in data 23 Aprile 2021 da Ema relativa al rapporto benefici/potenziali rischi di trombosi […] risulta che, in una situazione come quella attuale italiana connotata da circolazione virale media (incidenza 400/100.000 persone), il numero di casi ogni 100.000 persone che sviluppano i fenomeni trombotici sopra menzionati, risulta pari a 1.1, mentre il numero di morti dovute a Covid-19 prevenibili è pari a 8 ogni 100.000 persone. In un contesto epidemiologico connotato da circolazione virale bassa (incidenza 55/100.000 persone), il numero di casi ogni 100.000 persone che sviluppano i fenomeni trombotici sopra menzionati, rimane, ovviamente, pari a 1.1, mentre il numero di morti dovute a Covid-19 prevenibili scende a 1». Di fronte a questi numeri conviene ricordare che i decessi erano prevalentemente di persone anziane e con patologie, mentre i casi di trombosi colpivano soggetti anche giovani e sani.Inoltre i magistrati fanno notare che nell’analisi dell’Ema «il numero dei casi di trombosi nella fascia di età 20-49 anni era pari a 1,93» ogni 100.000 vaccinati, cioè quasi il doppio rispetto all’intera popolazione. Un’informazione importante che non è entrata nel verbale del Cts. Dimenticanza? Per Locatelli è più importante puntualizzare che a maggio 2021 la circolazione del virus era «media» e che per questo i vantaggi della vaccinazione Astrazeneca sarebbero stati ancora, complessivamente, superiori ai rischi.Sul punto, in Procura, Abrignani sembra di tutt’altro avviso: «In un contesto epidemiologico da circolazione virale bassa - che era quella che c’era a fine maggio - […] c’è più rischio che beneficio».I numeri sono fatti per essere interpretati, ma sembra abbastanza chiaro che quando Camilla è stata vaccinata, ovvero il 25 maggio 2021, il pericolo di morire di coronavirus fosse meno serio rispetto alla possibilità di essere colpiti da trombosi. In modo rilevante nel caso della diciottenne, considerati genere e fascia di età.Insomma, era evidente a tutti che Astrazeneca non fosse efficace, tanto più per le donne giovani che erano la classica fascia a rischio.Durante la riunione del 12 maggio Greco aveva snocciolato dati da cui tale problematica emergeva in modo lampante (su 34 casi di trombosi post vaccino registrati in Italia, le vittime di sesso femminile erano 22, con un’età media inferiore a quella dei maschi), ma nessuno lo ha potuto scrivere.Locatelli, con chi proponeva questa puntualizzazione, era sbottato: «Se sono in disaccordo? Sul genere assolutamente sì, perché ci siamo appena detti di non far confusione, se inseriamo l’elemento “genere” non la finiamo più». Ma alla fine ha dovuto adeguarsi.Greco, sempre il 12 maggio, aveva portato all’attenzione dei colleghi ulteriori dati provenienti da Parigi, molto allarmanti. I carabinieri evidenziano che nella videoripresa della riunione, mentre parla, sembra leggere qualcosa e trascrivono le parole dello scienziato: «Io ho visto stamattina il rapporto di farmacovigilanza del governo francese che riporta una incidenza per Astrazeneca di tromboflebiti molto più elevata di quella che abbiamo osservato in Italia, andiamo vicino ad un caso ogni 36.000 dosi somministrate». Numeri che davanti ai pm i colleghi hanno provato a ridimensionare.Se quei dati fossero stati confermati, ha provato a obiettare qualcuno, ci saremmo trovati di fronte a una «strage degli innocenti», mentre per altri quei numeri non riguardavano le Vitt. Ma le toghe hanno ribattuto che, invece, Greco parlava proprio di «tromboflebiti profonde cerebrali e viscerali con piastrinopenia».In ogni caso, nel 2021, dati e studi venivano utilizzati alla bisogna, che era quella di non sprecare sieri e di vaccinare più persone possibile. Anche a costo di far correre dei rischi alla popolazione. Il Cts, in quest’ottica, precisa che «le evidenze relative al vaccino prodotto da Johnson&Johnson, sia pure fondate su una casistica non ancora elevata, sembrano attestare che l’incidenza di eventi trombotici associati all’uso di tale vaccino sia più bassa» rispetto ad Astrazeneca. Per smaltire le dosi di quest’ultimo e allargare la platea dei cittadini «immunizzati» c’è un’altra strada, quella dei vaccination day aperti a tutti. Giovani donne comprese, le più a rischio di fronte al siero di Londra e Stoccolma. Ad autorizzarli è proprio la riunione del Cts del 12 maggio.Nel verbale si legge: «Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, il Cts non rileva motivi ostativi a che vengano organizzate dalle differenti realtà regionali o legate a provincie (sic, ndr) autonome, iniziative, quali i vaccination day, mirate a offrire, in seguito ad adesione/richiesta volontaria, i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni».Ma come si è arrivati al nulla osta? Nella riunione del Cts che avrebbe dato il via libera agli Astra day nessuno ne parla. E neppure nella prima bozza del verbale, quella inviata alle 15.58 del 13 maggio 2021 dal segretario del Cts, l’avvocato Fiorentino, a Locatelli, si trova alcunché. Il via libera sopra riportato compare nella versione aggiornata del testo spedita alle 18.24 dallo stesso Locatelli al segretario.Significative sono le dichiarazioni ai pm di Fiorentino, il quale conferma di non aver inserito la parte sulle vaccinazioni nella sua prima stesura: «Non ricordo come siamo arrivati a scrivere questa cosa, penso che nella bozza da me preparata non fosse scritto nulla in tal senso. L’argomento non era incluso nel quesito proposto dal professor Locatelli, ricordo, però, che nel corso della riunione, sebbene in modo marginale, l’argomento era stato affrontato. Per quel che ricordo alcune figure istituzionali della Regione Lazio e Campania avevano sollevato la problematica nel dibattito pubblico».Nessuno dei membri del Comitato è riuscito, tuttavia, a riferire con precisione come e quando fosse stato affrontato l’argomento all’interno del Cts e quando fosse arrivato il fantomatico quesito sul vaccination day. Per esempio Abrignani ha tagliato corto: «Non me lo ricordo, Franco Locatelli sicuramente ci menzionò la richiesta da parte delle Regioni o di altre istituzioni».Ma c’è un altro punto oscuro. Nella sua bozza Fiorentino scrive, ritenendo di riassumere fedelmente il contenuto del dibattito, che il Cts non ha ricevuto i dati richiesti per dare un parere aggiornato né dalla Francia, né dall’Aifa italiana, anche se, come abbiamo scritto, un po’ di numeri circolavano durante la riunione: «Il coordinatore dà conto che sono rimasti, allo stato, inevasi gli altri quesiti formulati dal comitato: la richiesta di informazioni relative al verificarsi di trombosi in sedi inusuali associate a piastrinopenia, nei soggetti di età compresa tra i 55 e i 59 anni in Francia, ove i vaccini a vettore adenovirale sono raccomandati e la richiesta di informazioni, mediante interazione con Aifa, relativa al verificarsi di trombosi in sedi inusuali, associate a piastrinopenia, nei soggetti di età compresa tra i 50 e i 59 anni in Italia, grazie all’attività di farmacosorveglianza/farmacovigilanza, svolta dalla nostra Agenzia regolatoria nazionale». Locatelli o chi per lui taglia la parte sulla mancata risposta dell’Aifa.Davanti ai pm la maggior parte dei pluridecorati professori non ammette sbagli o negligenze.Giovanni Rezza, dg al ministero della Salute, con i magistrati ci tiene a precisare: «Noi come dipartimento della Prevenzione sanitaria non abbiamo mai incentivato i vaccination day, infatti non è stata emessa alcuna circolare inerente a questa iniziativa». Una direttiva ad hoc è stata, invece, emanata per «raccomandare in via preferenziale la vaccinazione con vaccino a vettore adenovirale a persone nella fascia di età sopra i 60 anni». E a proposito della circolare che vietava la somministrazione sotto quella fascia di età, risalente all’11 giugno, giorno successivo alla morte di Camilla, Rezza ha ammesso: «Anche la vicenda riguardante la ragazza deceduta a Genova ha influito sull’emissione immediata della circolare che peraltro era già evidentemente oggetto di valutazione», anche perché «in alcuni Paesi europei la somministrazione era già stata sospesa».Abrignani, davanti ai pm, rivendica le sue vecchie posizioni: «Ero del parere di non estendere la raccomandazione al di sotto della fascia dei 60 anni poiché, avendo a disposizione altri vaccini, era meglio fare i vaccini a mRna per allontanare un rischio, seppure remoto. Le Regioni avevano richiesto se potevano fare i vaccination day. Siccome Ema aveva autorizzato il vaccino, abbiamo ritenuto che nulla ostasse a che fossero organizzate tali iniziative. […] Io intendevo particolarmente rilevante per me tutelare al massimo le persone alle quali era stata raccomandata la vaccinazione per poter lavorare». Purtroppo le cronache registrarono decessi, per esempio, anche tra insegnanti e forze dell’ordine, prima della tragedia di Camilla. In Procura Abrignani confessa lo sconcerto da cui fu colto per la morte di una donna di Siracusa («cazzo», avrebbe esclamato), vaccinata con Astrazeneca, e ricorda di avere spronato i colleghi, a proposito delle categorie costrette a vaccinarsi per lavorare: «Se abbiamo la possibilità di non dargli quel vaccino, non dobbiamo darglielo!».Nel verbale sintetico di Abrignani si legge anche questo botta e risposta. Pm: «Voi eravate a conoscenza dei rischi in cui potevano incorrere le giovani donne a seguito del vaccino Astrazeneca?». Abrignani: «Eravamo a conoscenza dei rischi, ma a fronte di un vaccino autorizzato dall’Ema non potevamo impedire che le persone intenzionate a vaccinarsi su base volontaria si vaccinassero e comunque il bugiardino del farmaco riportava il rischio anche di questi effetti avversi. Inoltre anche il consenso informato riportava l’eventuale effetto avverso al vaccino». Pm: «Essendo a conoscenza che i giovani, e in particolare le donne, erano più esposte ad eventi avversi non avevate timore che fornendo un parere simile avreste lasciato libere le Regioni di decidere in autonomia sui vaccination day?». Il testimone non fa un plissé: «I pericoli derivanti dalla somministrazione erano conosciuti, in particolare si iniziavano ad accumulare dati circa il rischio di eventi avversi severi nei soggetti sotto ai 60 anni, oltre ad essere riportati nel foglietto illustrativo del vaccino e nel consenso informato come modificato nel mese di maggio. Non avevamo dati stratificati per età in quel momento». Nella versione integrale del verbale Abrignani ammette che gli italiani che nel 2021 partecipano agli Astra day «corrono un rischio».L’esperto offre l’immagine di un Paese con cittadini di serie A e di serie B. I dipendenti pubblici trattati con maggiore riguardo, gli altri, terrorizzati dalla campagna pro siero del governo e da questa convinti a vaccinarsi su base volontaria, inoculati con quello che passava il convento.Ma di fronte al ricordo di quegli italiani mandati allo sbaraglio, Abrignani ha un moto di empatia. «Se lei mi chiede ora, visto retrospettivamente è terribile, oggi se dovessi rifarlo mi taglierei le mani piuttosto che dire quelle cose, cioè che dire nulla osta. Ma allora era percepita come una cosa marginale almeno da parte mia».Il pm Puppo improvvisa un’efficace sintesi dell’Abrignani pensiero: «Adottiamo una cautela diversa per le persone come insegnanti, forze dell’ordine, quelle persone verso le quali abbiamo una certa responsabilità come Stato, mentre invece verso quelle persone che non appartengono a queste categorie lasciamo che sia il medico vaccinatore a dare questo tipo di informazioni perché verso di loro non adottiamo un certo tipo di riguardo».Una logica spietata probabilmente frutto di pressioni che provenivano direttamente dal ministero della Salute e dal commissario Figliuolo.In quel momento la ragion di Stato prevale su tutto. Anche sulla logica. Il 10 giugno 2021 Camilla muore e l’indomani Astrazeneca viene sospeso sull’onda dell’emozione, ma anche dei dati e dei morti che il siero stava seminando.Dati e morti che non hanno impedito di far vaccinare una ragazzina di 18 anni, contro ogni evidenza scientifica.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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