2021-03-27
«Errori e illazioni». A Woodcock vacilla un’altra inchiesta
Henry John Woodcock (Ansa)
L'indagine del magistrato di Vallettopoli sull'ateneo Pegaso è contestata dal Riesame: «Geneticamente confusionaria». Dopo un intollerabile periodo passato nelle retrovie mediatiche, Henry John Woodcock è tornato. Implacabile come sempre. Più arcigno che mai. L'ultima inchiesta è stata seppellita un mese fa, è vero. Ma solo adesso vengono finalmente rese note le motivazioni del Riesame di Napoli, che rendono giusto merito alla storia del pm anglo-partenopeo. I giudici avevano già disposto il dissequestro di cellulari e computer dei gran capi dell'università telematica Pegaso, ordinato dal sostituto procuratore. E ora scrivono che la relativa inchiestona è zeppa di «illazioni», «errate ricostruzioni» e «contraddizioni logiche». Insomma: «Nonostante la consistente - e particolarmente invasiva - attività investigativa svolta» risulta «geneticamente confusionaria».Ingrati. Woodcock, anche questa volta, non ha lesinato. Né sulle ipotesi né sugli accertamenti. Sono accusati di corruzione, oltre che il viceprefetto Biagio Del Prete, anche il presidente dell'ateneo, Danilo Iervolino, nonché il direttore scientifico, Francesco Fimmanò, e infine alcuni consulenti. Sarebbero riusciti a far votare un emendamento nella scorsa legge di Bilancio, che cambiava a loro vantaggio il regime fiscale delle università private. Per un motivo proficuo e banale: la successiva vendita del 50% delle quote societarie di Pegaso a un fondo americano.Diabolica concatenazione che olezza di marcio, è la tesi della Procura. Gli investigatori cominciano dunque a intercettare tutti. Decidono di passare al setaccio le mail. Piazzano una cimice nell'auto di Iervolino. Fino al blitz del 2 febbraio scorso. La guardia di finanza sequestra telefonini e pc, nonostante le utenze siano «state oggetto di costante monitoraggio, senza che nulla di anomalo fosse emerso in proposito» sottolinea però adesso il Riesame. Inclemente, ricorda che il codice penale prevede «il sequestro probatorio come mezzo di ricerca della prova e non già della stessa notizia di reato».Henry John «il mastino», pure stavolta, non s'è arreso di fronte alle prime difficoltà. Non ci sarebbero, a prima vista, contatti equivoci tra gli indagati. Dietro quel comma, che Woodcock difatti rinomina «comma Pegaso», qualcosa di losco ci deve comunque essere. Di nuovo, però, i giudici infieriscono: «Non è nemmeno ipotizzabile l'esistenza di relazioni o rapporti illeciti tra i vertici dell'ateneo e i senatori proponenti». Anche perché Pegaso «non sarebbe stata l'unica beneficiaria di quell'emendamento». Che, anzi, avrebbe perfino penalizzato l'università napoletana. Ma il pm, come solito, non si limita all'apparenza. Scava a fondo. C'è un giudice del Consiglio di Stato che ha redatto un parere favorevole al comma? Il tanfo della mazzetta si sente da lontano. E ancora una volta, arrivano quei miscredenti del Riesame a smontare la succosa ipotesi investigativa: «Manca qualsiasi prebenda o offerta illecita». Eppure la procura ne sembra certa: la sofisticata mazzetta sarebbe consistita in un master affidato a quel consigliere di stato incaricato di stendere il giudizio. «Singolarissima tesi» scrive però il tribunale napoletano. Non può essere considerata, affonda, «nemmeno in via di ipotesi». Perché il master, intanto, risale a un anno e mezzo prima. Poi, alla fine, è perfino saltato. E comunque il parere, l'ipotetico do ut des, «era stato adottato dall'adunanza di sezione».Anche i rapporti tra Iervolino e il viceprefetto Del Prete vengono banalizzati. Il poliziotto, in distacco al dicastero dell'Istruzione, rivela al presidente di Pegaso «preziose notizie di aggiornamento circa le decisioni assunte dal ministero», attacca la Procura. E invece, riformula il Riesame, si sarebbe «limitato ad aggiornarlo, tutt'al più con qualche ora di anticipo, sull'iter burocratico della pratica». Informazioni, tra l'altro, che «Iervolino aveva pieno diritto ad avere».Insomma, l'attesa per il ritorno del grande inquisitore non è stata certo vana. Inutile a dirsi, le aspettative erano alte. Negli anni, pescando spesso tra i volti noti, Woodcock ha collezionato un rispettabile numero di assoluzioni e proscioglimenti. A cominciare dal «Vipgate», del 2003. Vengono coinvolte più di 78 persone: politici, ministri, giornalisti e cantanti. Tutti accusati dei reati più turpi. Un anno dopo è la volta di «Iene 2», che ipotizza un sodalizio tra politici lucani e criminalità organizzata. Quindi il mitico «Savoiagate», con l'arresto, fra gli altri, di Vittorio Emanuele di Savoia: associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, alla corruzione e alla concussione. Assolto perché il fatto non sussiste. Segue «Vallettopoli», appassionante giro di ricatti nel mondo dello spettacolo. I protagonisti vengono triturati dai media per settimane: starlette, politici, agenti. Un tripudio di intercettazioni e vicende scandalistiche. Poi la super loggia segreta P4 e la massoneria lucana. A ben vedere, mancava il mondo accademico. E anche stavolta il vecchio Henry John non ha tradito le attese.