2020-07-09
Antonella Lualdi: «Ero l’ingenua numero 1 del cinema italiano»
Antonella Lualdi (Michel Artault/Gamma-Rapho/ Getty Images)
L'attrice: «Dino De Laurentiis cercava una ragazza dal volto acqua e sapone e puntò su di me. Quando interpretai “Signorinella" non sapevo niente di film né come ci si comportava. Un'imbranata in mezzo ad attori scafatissimi che mi hanno voluto bene subito».Sensibilità e memoria di ferro rendono Antonella Lualdi un'interlocutrice ideale. Ricorda ogni momento della sua lunghissima carriera, ogni set, ogni compagno di lavoro, ma i suoi pensieri la riportano spesso all'infanzia, ai luoghi e alle coordinate della sua vita, dove brilla ancora, a cinque anni dalla scomparsa, la stella di suo marito, Franco Interlenghi, indimentabile volto del cinema italiano.Come mai è nata a Beirut?«Mio padre era un ingegnere ed è stato mandato a lavorare Beirut e in un secondo momento ad Aleppo, in Siria. A Beirut ha incontrato mia madre, che era nata in Grecia e stava da una zia. Mio padre era pugliese e non conosceva il greco, mia madre non sapeva l'italiano... non so come abbiano fatto a capirsi! Comunque si sono piaciuti. Quando mio padre lavorava ad Aleppo, noi stavamo a Beirut e lui faceva avanti e indietro tutti i weekend, oppure andavamo noi da lui. Aleppo è diventata una bellissima città grazie agli italiani che sono andati lì a lavorare e adesso è stata distrutta dalla guerra. Le immagini trasmesse dai telegiornali mi hanno sconvolto». Quanti anni ha vissuto in Libano?«Otto anni circa. Era una colonia francese, quindi dopo il greco, la mia prima lingua con cui parlavo con mia madre, e l'italiano, che ho imparato a scuola, ho sempre parlato francese, il che mi ha aperto successivamente le porte del cinema transalpino. Ho lavorato moltissimo in Francia, ho fatto tantissimi film e sceneggiati, fino a Il commissario Cordier, che mi ha ridato la popolarità, e ho fatto anche una lunga tournée teatrale con Le moulin de la Galette che Marcel Achard aveva scritto per Melina Mercouri, di cui era innamorato pazzo. Riproponendo questo ruolo, l'hanno proposto a me perché volevano un'attrice che parlasse francese con un po' d'accento, come lo parlano gli italiani. “Tu devi fare un po' l'accento!". “Non lo so fare. Io parlo il francese puro"».È tornata qualche volta a Beirut?«Solo una volta. Eravamo andati con Franco Interlenghi in un festival in Egitto, in una di quelle delegazioni che allora promuovevano il cinema italiano nel mondo, e Franco ha detto: “Andiamo per conto nostro a Beirut, così conosco la tua città"». Era cambiata?«Non ho riconosciuto la mia casa. Mi ricordavo il giardino, le galline, invece era piena di grattacieli, mi sembrava tutta diversa. Quando sei piccola, vedi le case grandi, quando sei grande, le vedi di dimensioni diverse».Ha avuto una vita avventurosa...«Non abbiamo mai avuto una stabilità in un posto. La mia stabilità l'ho trovata nel matrimonio con Franco e poi con le mie figlie. Ho sempre voluto essere moglie». Poi è venuta in Italia.«Mio padre ha smesso di lavorare e abbiamo vissuto un po' a Trani e poi a Firenze e lì mi ha catturata il cinema». Come?«Un'amica di famiglia, un'aristocratica fiorentina, molto carina e gentile, Cristina Sartori, era amica anche di Dino De Laurentiis, il quale stava cercando un'attrice un po' ingenua da lanciare... infatti poi mi ha lanciato come l'ingenua numero uno del cinema italiano! Ha detto al produttore: “Io conosco una ragazza dal volto acqua e sapone". Cristina Sartori mi ha chiesto se avevo delle fotografie, ma io non le avevo perché mai avrei pensato di fare l'attrice e tantomeno di farmi fotografare, essendo una ragazzina, allora mi ha fatto scattare delle foto e le ha mandato a De Laurentiis, il quale, appena le ha viste, ha detto: “È proprio lei la ragazza di cui abbiamo bisogno". Ha preparato un contratto, in base al quale avrei dovuto studiare recitazione, equitazione, danza, un po' all'americana, invece di americano non c'è stato nulla perché, passando negli uffici della Lux Film, in via Po, a Roma, è arrivato Mario Mattoli, che stava preparando Signorinella, e ha detto: “È lei la protagonista!". Io andavo tutti i giorni con mia madre negli uffici della Lux Film, la casa di produzione per la quale lavorava De Laurentiis: stavo lì insieme alle segretarie, a Silvana Mangano, che aveva già una storia con De Laurentiis e andava e tornava, e a mia madre che non mi lasciava un minuto dietro raccomandazione di mio padre! Il mio contratto è andato a farsi benedire, non ho mai fatto recitazione né altro, e mi sono trovata davanti alla macchina da presa con Ave Ninchi, Enzo Garinei e tanti altri attori (Gino Bechi, Aroldo Tieri, Enrico Viarisio, Dina Sassoli, Ada Dondini, Aldo Silvani, ndr), tutti scafatissimi. Io ero lì come una signorinella un po' imbranata, però mi hanno voluto bene subito. Non sapevo niente di cinema né come ci si comportava».Quanti anni aveva?«Adesso non entriamo nei meandri... Ma piano piano ho imparato a muovermi davanti alla macchina da presa e superati i primi giorni ho cominciato ad amarla. È diventata la mia amica: appena sentivo la macchina da presa, mi calmavo subito, ero a mio agio».Lei si chiama Antonietta De Pascale. Chi ha scelto il suo nome?«Dino De Laurentiis ha indetto un concorso per individuare il mio nome d'arte, con tanto di premio! Siccome a quel tempo era famoso l'aviatore Maner Lualdi, fra i tanti cognomi proposti De Laurentiis ha scelto Lualdi, mentre come nome gli piaceva Antonella perché ha tante elle, che secondo lui si adattavano bene alla mia fisicità».Quando ha conosciuto Franco Interlenghi?«Franco aveva girato Sciuscià da ragazzino. Un giorno ho detto a una mia amica: “Andiamo a vedere questo film che ha vinto il primo Oscar italiano", anche se io pensavo più a storie d'amore, a quell'età. Invece mi sono appassionata al film. Davanti a me c'era un amico di Franco, Bruno Marzi, io non lo sapevo, e ho cominciato a elogiarlo: ero meravigliato della sua bravura e mi piaceva, ero molto espressivo, con quegli occhioni. Nel film Canzoni canzoni canzoni di Domenico Paolella, prodotto da Carlo Infascelli, fra le canzoni c'era Signorinella e a chi vanno a chiedere di fare la dolce ragazza del quinto piano? A me! E chi era il giovane dirimpettaio? Franco Interlenghi! Ci siamo trovati sul set con lui che era già partito per me perché erano usciti i giornali che parlavano di questa giovane attrice e sapeva attraverso l'amico che gli avevo fatto i complimenti, così ha cominciato a corteggiarmi. Io, anche se mi piaceva, ho fatto la mia parte: ho sempre rifiutato di uscire con lui durante tutto il film! Poi i nostri destini si sono messi assieme perché ci hanno chiamato a Courmayeur per girare William Tell di Jack Cardiff, dove io dovevo fare la partner di Errol Flynn. Un film costosissimo che non è mai stato finito perché sono cominciate ad arrivare le pioggie, le capanne che avevano costruito sono crollate, gli americani hanno perso tutto quello che avevano speso e le riprese si sono interrotte definitivamente».E anche a Courmayeur Franco la corteggiava?«Ho preso una villetta in affitto, vicino all'albergo dove stava tutta la troupe, compreso Franco, e mi sono portata mia madre, i miei fratelli e il cane Furia, un pastore tedesco. Franco mi stava sempre dietro, mio madre era disperata! Veniva con la scusa del cane: “Furia lo posso portare fuori io?", oppure diceva a mia madre: “Signora, come sono buoni i suoi spaghetti!"». Era figlia unica?«Quattro figli, io sono la maggiore». Venivano tutti dietro a lei...«Tutti dietro a me!».Nessuno dei suoi fratelli ha voluto fare l'attore?«Nessuno. Mia sorella l'ho portata con me quando ho girato A doppia mandata con Claude Chabrol. Jean-Paul Belmondo le ha fatto la corte...». Com'è finita la corte di Belmondo?« Non c'è stato niente tra loro, una corte divertente».Invece lei alla fine ha ceduto alla corte di Franco Interlenghi...«Abbiamo cominciato a flirtare a Courmayeur, poi mi hanno chiamato a fare Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani a Firenze e Franco è stato chiamato da De Laurentiis per interpretare Telemaco in Ulisse di Mario Camerini. Ulisse era Kirk Douglas e Penelope Silvano Mangano. Così siamo stati divisi per il periodo delle riprese, però telefonicamente era un continuo. Stando lontano, non abbiamo cambiato direzione».Le faceva piacere lavorare con lui?«Moltissimo. Si sente nell'aria quando delle persone stanno bene assieme. Mauro Bolognini ci ha fatto fare Gli innamorati, Giovani mariti e La notte brava, ruoli sempre più interessanti, e a mano a mano siamo cresciuti come attori».Franco era geloso dei suoi partner?«No. Anche io non sono mai stata gelosa, nemmeno quando ha lavorato con Brigitte Bardot ne La ragazza del peccato di Autant-Lara, dove c'era Jean Gabin, con cui avevo già fatto È più facile che un cammello... di Luigi Zampa. Con Jean Gabin ci siamo ritrovati a Versailles in un albergo bellissimo, dove lui cenava da solo e poi veniva a tavola con me e Franco perché aveva simpatia per noi. Era delizioso». In Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre di Claude Sautet ha lavorato con Michel Piccoli, Yves Montand, Serge Reggiani e Gérard Depardieu. Chi era il più simpatico tra di loro?«Era una gara di simpatia! Era bellissimo lavorare con loro. Ogni mattina ci trovavamo a mangiare: i francesi durante il lavoro amano le tavolate imbandite già all'alba. C'era sempre un clima di allegria!».Nessuno le faceva la corte durante le riprese dei film?«No. Forse piacevo a tutti, ma nessuno mi faceva la corte perché in genere chi la fa rischia una brutta figura. Chi è famoso non si sbilancia quando sa che una donna è innamorata del proprio marito o compagno. Io non incoraggiavo la corte per il mio legame con Franco». L'amore della sua vita!«Di tutta una vita e ora mi manca perché tutte le decisioni, tutte le cose da intraprendere sono per me un'incognita. Non sono capace di fare il capofamiglia. Lui infatti voleva che dopo di lui mi risposassi e io gli rispondevo: “Assolutamente no!". Sono stata molto moglie. Mio padre stava sempre lontano, mi mancava, e Franco è diventato anche un padre per me».Fra i film che hai fatto quale reputa più importante?«Io ho dato importanza a tutti i film, li ho fatti con molta serietà, con molto impegno, sono stata sempre disciplinata, ho rispettato sia gli orari che i ruoli. Fra quelli che preferisco c'è Le Rouge et le noir di Claude Autant-Lara, con Gérard Philipe, di una bravura e di una bellezza incredibili. In Italia è uscito con il titolo L'uomo e il diavolo». Il regista che l'ha colpita di più?«Claude Chabrol. Mentre giravamo, invece di dirmi cosa dovessi fare, mi faceva gli scherzi. Si metteva i baffi finti, faceva delle cose fuori luogo!».