2024-04-12
        Elkann macina utili grazie alle auto. E il governo accusa: frode al Paese
    
 
        John Elkann (Getty Images)
    
Ferrari e Stellantis trascinano Exor, ma per Adolfo Urso il gruppo «sfrutta» l’Italian Sounding. Oggi lo sciopero di operai e quadri.La magnifica annata di Stellantis e Ferrari pompa i conti di Exor, con la cara vecchia auto che si dimostra ancora fondamentale per il benessere della famiglia Agnelli Elkann, ma intanto oggi a Torino va in scena uno sciopero senza precedenti di tutto il comparto automotive. Scenderanno in piazza anche i mitici «quadri», gli eredi di quelli che nel 1980 si schierarono con la Fiat di Gianni Agnelli e Cesare Romiti rifilando ai sindacati una memorabile batosta. E non è l’unica contraddizione di giornata a Torino e dintorni, perché a quattro giorni dalla clamorosa censura di un articolo su Repubblica dedicato ai complicati rapporti economici tra Italia e Francia, John Elkann si lascia andare a un surreale elogio del «giornalismo affidabile e di qualità» e della sua «indipendenza». Il tutto con il direttore Maurizio Molinari, sfiduciato dalla redazione, regolarmente al proprio posto in nome della sullodata indipendenza. Exor, la holding degli Agnelli Elkann, è olandese ed è tante cose insieme. L’abile e costante diversificazione voluta dal suo presidente ne ha fatto un colosso che in Borsa capitalizza quasi 22 miliardi e da anni macina utili e distribuisce dividendi. Il gruppo è entrato con decisione nel lusso e nella moda, in Francia come in Cina, e sta puntando sulla sanità privata, sulla biomedica, sulle startup altamente tecnologiche. Insomma, tutta roba anticiclica, leggera e glam. Il bilancio del 2023, presentato ieri, però ha ancora un cuore pesante e si è chiuso con altri 4,2 miliardi di euro di utile, appena 33 milioni in meno del 2022. Nella lettera agli azionisti, Elkann ha scritto che «Il principale fattore che ha determinato la crescita del nostro Nav per azione quest'anno è stata l’ottima performance delle nostre maggiori società Ferrari e Stellantis, il cui valore è cresciuto rispettivamente del 52% e del 59%, un aumento combinato di 8,2 miliardi di euro». Lo splendido andamento delle due partecipate ha portato ad un aumento del valore netto degli attivi (Nav) di Exor pari al 32,7%, arrivando così a quota 35,5 miliardi di euro. Alla prossima assemblea degli azionisti, sarà proposto un dividendo da 46 centesimi, contro i 44 dell’anno scorso. Exor ha il 14,2% di Stellantis e il 26% di Ferrari, ma controlla anche Cnh, Iveco, Juventus e quel che resta dei giornali della Gedi. I quotidiani del gruppo continuano a perdere copie e soldi, ma sono utili a coprire la ritirata degli Agnelli Elkann dall’Italia, anche se ogni tanto danno qualche grattacapo. Domenica scorsa, circa 100.000 copie di Affari & Finanza di Repubblica sono finite al macero perché il direttore Molinari ha ritenuto un’inchiesta troppo critica nei confronti della «colonizzazione» francese, di cui la vendita di Fiat a Peugeot costituisce un chiaro emblema. La redazione lo ha sfiduciato, ma lui è sempre lì. Poi passa il parigino Elkann, e a riprova che la sua visione è talmente globale da sfiorare l’iperuranio, sentenzia: «Continuiamo a credere nell'importanza di un giornalismo affidabile e di qualità, specialmente in un mondo in cui a volte è difficile fidarsi di ciò che leggiamo». Non solo, ma informa gli azionisti che «questo è fondamentale mentre formiamo le nostre opinioni e, per questa ragione, non dobbiamo mai perdere un giornalismo indipendente, che resti fedele all'identità e ai valori dei giornali e dei lettori a cui si rivolge, e non agli interessi di chi li possiede».Archiviati gli interessi di chi possiede i giornali, e la nuova pioggia di utili sugli azionisti Exor, ecco l’altra faccia dell’automobile. Quella dolente e sempre bisognosa di cassa, incentivi e sussidi. Oggi, a Torino, dopo 15 anni va in scena il primo sciopero unitario del comparto auto, tra Stellantis e indotto. Lo hanno organizzato Fim, Fiom, Uilm e Ugl, per chiedere il rilancio delle fabbriche italiane, dove la produttività falcidiata dalla cassa integrazione, e l’indicazione di un chiaro futuro per Mirafiori. E questa volta scenderanno in piazza anche gli ex «capetti» dell’associazione Quadri, perché la ristrutturazione continua imposta da Stellantis non risparmia neppure i colletti bianchi. L’atmosfera è surriscaldata anche dalla questione del secondo produttore auto, che il governo vorrebbe insediare per mettere un po’ di pressione ai francesi. A Torino, fino a qualche mese fa, solo parlarne era un grande tabù e decenni di amministrazione di sinistra hanno garantito agli Agnelli di fare e disfare sugli stabilimenti, chiudendo e vendendo intere aree ex industriali senza correre il rischio che le prendesse una Toyota o una Suzuki, o la Ford. Adesso il governo pensa addirittura a un costruttore cinese e l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha minacciato pubblicamente conseguenze pesanti sui posti di lavoro. Il bello è che il costruttore cinese ce l’ha in casa Stellantis stessa, che lo scorso autunno ha avviato una joint venture con la Leapmotor. A riprova che il cinese «predatore» è sempre quello degli altri, non il proprio socio. Ieri è esplosa anche la polemica sull’ultima nata di casa Alfa, la Milano. Il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, ha fatto notare che sarebbe stata violata la legge: «Un’auto chiamata “Milano” non si può produrre in Polonia. Questo lo vieta la legge italiana che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una legge che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore». In realtà, l’intera ex Fiat e l’intera famiglia Agnelli Elkann sembrano un monumento all’italian sounding.
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