2018-10-18
È vietato persino dire la verità e difendere la legge
La maternità surrogata è proibita, il commercio di figli condannato. Ma ribadirlo diventa «discriminazione». Che cosa dice il manifesto di Pro Vita? Che «due uomini non fanno una madre». È una falsità? Per niente.Secondo il sindaco di Roma, Virginia Raggi, «la strumentalizzazione di un bambino e di una coppia omosessuale nell'immagine del manifesto offendono tutti i cittadini». Secondo lei, il cartellone di Pro Vita è «lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali». Una posizione, la sua, condivisa anche da vari esponenti del Pd e, ovviamente, anche dalle associazioni arcobaleno. Dobbiamo dedurne, dunque, che in Italia sia ritenuto offensivo (e proibito) dire una cosa vera e difendere la legge dello Stato. Proviamo un attimo a ragionare al netto della propaganda politica. Che cosa dice il manifesto di Pro Vita? Che «due uomini non fanno una madre». È una falsità? Per niente. Non a caso, per avere dei figli, le coppie composte da due maschi devono utilizzare una «madre surrogata», cioè una donna che viene retribuita affinché affronti una gravidanza per conto terzi. Questa «madre surrogata», poi, viene fatta sparire dalla circolazione, cancellata, oscurata. In sostanza, ci sono due aspetti della questione. Il primo è, diciamo, biologico: la donna non può essere sostituita. Si può far finta che non esista, la si può pagare perché sforni un figlio e si tolga subito dai piedi. Ma rimpiazzarla non si può. E nemmeno si dovrebbe, a dirla tutta. Il secondo aspetto è quello riguardante il commercio del corpo. Il manifesto di Pro Vita, mostrando un neonato marchiato da un codice a barre dentro a un carrello della spesa, insiste particolarmente su questo punto. Con efficacia e una punta di durezza, quel cartellone spiega che l'utero in affitto è una indegna compravendita. È un modo di sfruttare il corpo femminile, che riduce le relazioni umane e a relazioni economiche. Le madri prima e i bambini poi divengono merci, sono a disposizione di chi ha il denaro necessario per affittare e comprare. Far notare tutto questo è offensivo e discriminatorio? Beh, allora è offensiva anche la legge italiana, che infatti proibisce la gestazione per altri. Vale la pena di ricordare ciò che ha scritto la Suprema corte italiana nel dicembre del 2017. I giudici costituzionali hanno chiarito che la maternità surrogata «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», motivo per cui il nostro ordinamento le attribuisce un «elevato grado di disvalore». Riepilogando: la legge dello Stato proibisce la gestazione per altri, e la condanna con veemenza. La biologia (non la fede, non il bigottismo) mostra che una madre non può essere sostituita da nessuno, nemmeno - almeno per ora - da una macchina. E allora perché bisogna censurare e rimuovere un manifesto che ribadisce queste verità? La risposta è ovvia: per non turbare gli animi dei movimenti arcobaleno. È, questa, la più pura manifestazione del «politicamente corretto»: la politica «corregge» la realtà, modifica ed elimina le parole per modificare i pensieri. Un altro esempio di tale meccanismo perverso è la frase pronunciata da Chiara Appendino, sindaco di Torino. Anche lei ha criticato i manifesti di Pro Vita, dichiarando che «due persone che si amano fanno una famiglia». È falso: due persone che si amano (etero o gay), al massimo, fanno una coppia. Per creare una famiglia ci vuole altro. Per mettere al mondo dei bambini ci vogliono un padre e una madre. E per dire la più banale delle verità, oggi, tocca sguainare la spada.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)