2022-06-21
È l’estate delle stelle con i capelli bianchi
La stagione dei concerti segna il successo clamoroso di artisti con decenni di carriera alle spalle, capaci di riempire gli stadi con diverse generazioni di pubblico: Vasco, Ligabue, Venditti e De Gregori fra gli italiani, ma anche Elton John e Mick Jagger. Elton John, Francesco De Gregori, quel suo ritrovarsi con Antonello Venditti, Vasco Rossi e Mick Jagger, Luciano Ligabue: nomi arcinoti stampati su cartelloni estivi, accanto la scritta «sold-out». La stagione musicale dell’era post Covid, quel periodo trepidante di serate all’aperto, di zanzare e umidità, di ore sudate spese ad ascoltare le colonne sonore della propria vita, ha ripreso da quelle glorie che il gergo comune imporrebbe di definire «vecchie». Sono vecchi leoni del rock, vecchi talenti, vecchie voci, sono «vecchie» così da distinguerle, e bene, dalle meteore che oggi affollano la scena (inter)nazionale. Lo si dice senza infamia, «vecchi». Eppure, non c’è parola che potrebbe suonare più obsoleta. È un’era ibrida, dove regna sovrano il relativismo anagrafico e a 80 anni ancora si balla sul palco il passo del gallo. «See you soon», aveva scritto Mick Jagger, positivo al coronavirus, sul proprio profilo Instagram. «Ci vediamo presto», aveva promesso agli entusiasti dei Rolling Stones, giurando di recuperare i concerti che il virus lo aveva costretto ad annullare. Pareva impossibile che l’ostinazione del rocker fosse veritiera. E invece, dopo aver saltato le date di Amsterdam e Berna, il gruppo britannico è atterrato a Milano. Sarà lo stadio di San Siro, questa sera, ad ospitarne il ritorno, le luci del Meazza a illuminarne i 60 anni di carriera. Sarà la notte del rock: due ore e mezza di musica, suonata davanti a 57.000 spettatori paganti, certi - almeno in parte - di essere di fronte ad un evento di portata storica. Si mormora possa essere l’ultimo concerto italiano degli Stones. Si dice sia un addio e perciò il ricavato sarebbe stato immenso, circa 7 milioni di euro. Il gruppo, che lo scorso anno ha sepolto il batterista Charlie Watts, non ha dato adito alle voci che circolano. E a guardarlo, Mick Jagger, con i capelli tinti di quel castano ramato, sembra impossibile pensare sia tutto prossimo alla fine. Jagger balla ancora come faceva una volta, come ha fatto nel 1969, prima volta a San Siro. E canta con la voce che il tempo ha segnato, con l’energia di sempre, la stessa che ha avuto Elton John, che sì a Milano ha suonato per non suonare più. Sir Elton John, le piume, gli occhiali, i lustrini che hanno contribuito a farne un’icona, si è seduto al piano un’ultima volta. È stato il suo addio alla musica, davanti a 50.000 persone, nell’unica tappa italiana del suo Farewell Yellow Brick Road. «Sold out», hanno recitato i rivenditori di biglietti il 4 giugno scorso. «Sold out», hanno recitato di nuovo, a chi abbia cercato di aprire con De Gregori e Venditti la prima tappa del tour pensato, la prima volta, nel 2018. De Gregori & Venditti, che la pandemia ha costretto ad un ritardo, è stato inaugurato domenica all’Olimpico di Roma. «Questa volta lo dico io: grazie Roma», ha urlato De Gregori ai 44.000 spettatori presenti. «Finalmente ce l’abbiamo fatta, ed è bellissimo», gli ha fatto eco Venditti, più grande, nei suoi 73 anni, dell’amico storico, settantunenne. «Il nostro rapporto ora si è compiuto», hanno detto i due che, a 50 anni dal primo album pubblicato insieme, Theorius Campus, concluderanno la tournée il 5 ottobre, con la data di Verona. Con le canzoni l’uno dell’altro, con il racconto in musica di un’amicizia sbocciata sul Tevere, nei live al Folkstudio, negli anni che di lì a poco avrebbero visto crescere Vasco Rossi. Il rocker di Zocca, 70 anni festeggiati a febbraio, ha inaugurato lui pure un proprio tour. Vasco Live è partito il 20 maggio da Trento. Secondo le prime stime e i primi numeri, saranno circa 660.000 gli spettatori che, di città in città, si accalcheranno l’uno sull’altro per sentirle ancora una volta, quelle canzoni che hanno fatto epoca. Trento, Milano, Imola, Firenze, Napoli. E poi Roma, Messina, Bari, Ancona e Torino, per la gran chiusura, il 30 giugno, nel mese che ha visto (anche) l’inaugurazione di Campovolo. Luciano Ligabue, il Ligabue del «Vasco o Liga?», chiesto come a voler sondare l’orientamento musicale degli italiani, si è esibito a Campovolo il 4 giugno scorso. Erano in 100.000 ad assistere all’evento, una data unica, in uno spazio nuovo. La Rcf Arena di Reggio Emilia, Campovolo per i più, è stata costruita ad hoc per ospitare la musica. E tutto, al suo interno, è studiato perché l’esperienza d’ascolto sia completa, la visuale ottimale e l’acustica migliore. «Quanto mi siete mancati», ha scritto il Liga, 62 anni, ai suoi fan, a chi c’era e ancora c’è, ai giovani decisi a far loro un passato che è ancora presente, ai tanti che, nell’estate della grande musica, si sono affannati per avere un posto sui quegli spalti che troppo a lungo sono rimasti vuoti.