2020-10-08
Conte delira: mascherine in famiglia
Il premier ha invitato a mettere la protezione nelle proprie abitazioni se si invitano parenti o amici e a mantenere il distanziamento con i propri familiari. Il caos terminologico creerà disagio alla gente: cosa è la «prossimità»? Certe le maxi multe: fino a 1.000 euro.Tanto vale mettersela sugli occhi, entrare in chiesa e pregare. Sarebbe l'uso più scientificamente testato della mascherina governativa, che torna prepotentemente di moda come il cinepanettone a Natale. Speravamo di scamparla ma non avevamo fatto i conti con l'unico modo che il premier Giuseppe Conte ha per galleggiare da sovrano nella palude: indurre gli italiani alla paura. Così è arrivato anche il dpcm d'ottobre, destinato a passare alla storia come quello della quarantena per tutti. E delle mascherine da tinello, come se casa nostra fosse un ospedale.«Abbiamo una rigorosa raccomandazione anche per le abitazioni private», ha scandito il premier che ormai è entrato con tutto lo Stato dentro cucine, soggiorni e camere da letto degli italiani. «Anche in famiglia dobbiamo stare attenti. Se riceviamo amici e parenti stiamo attenti e manteniamo le distanze. Sono le situazioni in cui più si diffonde il contagio. Vogliamo essere più rigorosi per evitare nuove misure restrittive per le attività produttive». Le mascherine in casa. L'incubo di madri che possono guardare solo gli occhi dei figli. Non lo aveva fatto neppure a marzo con i camion militari che uscivano da Bergamo con le bare, non lo aveva immaginato ad aprile mentre papa Francesco celebrava la Pasqua nella più spettrale e deserta piazza San Pietro. Conte lo decide ora in un contesto totalmente diverso, con le terapie intensive semivuote, i protocolli medici funzionanti e la curva del contagio sotto controllo. C'è qualcosa di cupo e politico dentro l'allarmismo dilagante, si intravede anche nelle pieghe del dpcm impositivo e vago, che dispone l'uso delle mascherine sempre all'aperto utilizzando spesso la parola «prossimità», uno dei termini più liquidi del vocabolario. Il decreto prevede che da stamane l'italiano medio in procinto di uscire da casa debba preoccuparsi di indossare i pantaloni ma soprattutto la mascherina. Voi direte che è scontato e che da inizio marzo non facciamo altro, disseminando dispositivi nei cassetti, nei vani dell'auto, nelle tasche delle giacche. Ma gli esperti non se ne sono accorti e lo ribadiscono. «La mascherina deve sempre essere a portata di mano e indossata ogni volta che si sia in prossimità di una persona non convivente». Qui sorge il primo problema per il cittadino che dovesse trovarsi davanti il vigile zelante o il carabiniere con la sindrome di Napoleone: come valutare la prossimità. È il canonico metro e mezzo oppure vale anche se il viandante è dall'altra parte della strada? Difficile che sia equiparata al chilometro dei ristoranti (appunto) di prossimità. Rischiamo la multa (da 400 a 1.000 euro) se siamo a dieci metri o a dieci centimetri? Si parte con l'ansia e lo scorrere del decreto non aiuta. «Se si cammina in una zona isolata non c'è l'obbligo ma bisogna stare pronti a metterla se si incontrano altre persone». A che distanza dal primo essere umano la zona finisce di diventare isolata? Scontato il Monte Athos, molto meno via del Corso a Roma o corso Garibaldi a Milano e a Napoli. Addentrandosi nei meandri del dpcm ci si accorge che non si basa su regole chiare ma sull'interpretazione di parole che rendono di fatto inapplicabili le norme. Tutto è affidato al senso di responsabilità del poliziotto buono, tutto diventa materia da ricorsi, da carte bollate, da introiti inaspettati per gli avvocati. Un altro piccolo dramma da vita all'aria aperta è l'attività motoria. Il decreto spiega che in questo caso «non si deve indossare la mascherina né all'aperto né al chiuso a meno che non si riesca a mantenere la distanza di due metri dalle altre persone». Ma non dice nulla sullo status di attività motoria: vale solo per chi corre con le Adidas o anche per chi cammina veloce con le Church? Bisogna indossare per forza la tuta o è attività motoria anche la passeggiata del settantenne col cane? Non si sa. All'interno tutto diventa più semplice. Negli spazi chiusi bisogna sempre portare la mascherina tranne che nella propria abitazione, dove non c'è l'obbligo ma la forte raccomandazione. Il bavaglio è necessario in ufficio a meno che non si lavori in una stanza da soli, al bar prima e dopo aver bevuto il caffè. Si prevedono crisi di nervi. Sarà un mettere e levare continuo e fantozziano, con la conseguenza che stanno sottolineando molti epidemiologi tranne quelli del Cts: le mascherine posizionate e rimosse più volte perdono di efficacia. Inutili, taxi di batteri. Poiché la scuola è uno spazio chiuso, secondo il decreto bisognerebbe indossarle. Ma il protocollo che lo stesso governo ha varato un mese fa dice l'esatto contrario: in classe niente dispositivi. Una contraddizione pura, una questione da Azzeccagarbugli che palazzo Chigi riapre invece di chiudere. E che lascia intuire la vera motivazione dell'ennesima sgangherata direttiva sulle mascherine: la distrazione di massa. Proprio ieri un'inchiesta de La Stampa ha denunciato un aspetto inquietante della gestione del virus cinese: a quattro mesi dal decreto Rilancio e dallo stanziamento di 1,1 miliardi per 7.500 nuovi posti di terapia intensiva non è ancora partito nessun cantiere perché le gare d'appalto sono da fare. Il catalettico Domenico Arcuri è ancora una volta in abissale ritardo. Il premier Conte si concentra sulle mascherine - e chiede ai cittadini di indossarle anche mentre guardano la partita con gli amici sul divano - perché manca tutto il resto (tamponi, reagenti, ventilatori) per affrontare in sicurezza la seconda ondata. Ha perso quattro mesi con i banchi a rotelle, le bozze del Recovery fund e adesso è nel panico. In compenso si preoccupa dei mezzi di trasporto green: «La mascherina non è necessaria se si va in bicicletta o monopattino». Errore gravissimo, sui marciapiedi sono sempre addosso a qualcuno.