2022-02-01
È caccia ai pontieri della Belloni
Elisabetta Belloni (Ansa)
A Palazzo Chigi si cerca di capire chi l’ha suggerita, chi l’appoggiava o chi l’abbia voluta bruciare dal punto di vista istituzionale. Questione che non è soltanto politica.Ospite di Mezz’ora in più, la trasmissione di Lucia Annunziata, il giornalista Paolo Mieli si rivolge a Enrico Letta e chiede lumi sulla candidatura di Elisabetta Belloni, attuale capo del Dis, il dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Il segretario del Pd si limita a dire che il nome era già uscito sui giornali e che lui non avrebbe visto particolari motivi ostativi. Al di là dell’imbarazzo, Letta non avrebbe potuto rispondere diversamente. Il nome sostenuto per primo da Giuseppe Conte è condiviso dallo stesso Letta con Matteo Salvini. Negare avrebbe esposto il segretario Pd a rischio di drammatiche smentite, al tempo stesso non poteva ammettere di essere stato stoppato nel tentativo di avallare il capo del Dis dalla filiera del suo partito che fa capo a Lorenzo Guerini e ad altri rappresentanti più democristiani. I quali non hanno gradito l’ardita operazione di esporre una figura di tale livello a un percorso eccessivamente politico. E qui non è il tema dei segreti che ella porta con sé. Gli stessi dossier riservati sono anche sul tavolo di Draghi, a cui fa riferimento l’intera filiera dell’intelligence. Il tema è molto più ampio dal punto di vista istituzionale (come avrebbe preso Draghi la candidatura) e da quello dell’opportunità (portare Belloni in Aula e non votarla avrebbe imposto una serie di reazioni a catena). Per questi motivi, adesso che è passata la buriana, dalle parti di Palazzo Chigi in più di uno vuole vederci chiaro. Chi per primo ha chiamato Elisabetta Belloni informandola di essere diventata una papabile per il Colle? A differenza di quanto ha fatto capire Letta è chiaro che la direttrice del Dis sia stata informata. Alla Verità non è noto che cosa abbia risposto. Certo, il suo silenzio e il fatto di non aver fatto trapelare nulla ha creato più di un’eco dentro i palazzi. Al tempo stesso, si cerca di capire chi siano stati i pontieri soprattutto nel caso più probabile qualcuno l’abbia voluta bruciare dal punto di vista istituzionale. Il primo indiziato è Giuseppe Conte. Belloni è stata inviata al Dis per sistemare l’eredità del Conte bis e di Gennaro Vecchione. Il quale ha ancora più di una figura di riferimento dentro il Dis. Al tempo stesso ci sono numerosi ex vertici che non vedono di buon occhio l’attività di riordino avviato dalla diplomatica. Va infatti sottolineato che le operazioni di trasparenza e riorganizzazione sono anche transitate dal Copasir e prima o poi diventeranno pubbliche. Per il momento restano segrete, il che restringe la cerchia a poche persone. In molti hanno letto il fuoco di sbarramento di Matteo Renzi per questi motivi. E non ci riferiamo certo alla vicenda di Marco Mancini e dell’autogrill, bensì a relazioni decisamente più internazionali. Attenzione. Le osservazioni di natura istituzionale avanzate dal senatore di Scandicci sono più che condivisibili. Infatti la vicenda candidatura va scomposta su diversi piani. Uno prettamente politico e uno di mosse personali. Nel primo caso si dibatterà a lungo se sia il caso di intervenire per evitare altre situazioni simili, come ha suggerito il pd Enrico Borghi, spingendo per una norma specifica. Oppure, come ha spiegato ieri Adolfo Urso, presidente del Comitato, a Formiche.net non esistono interventi del Copasir che possano escludere diritti previsti dalla Costituzione (ciascun italiano over 50 può essere candidato). Sull’altro piano, quello non politico, il tema è delicato. Se si scoprisse che a suggerire a Conte il nome della Belloni fosse stato qualcuno al di fuori dei partiti sarebbe grave. Se fosse stato qualche appartenente allo schieramento politico esterno ai 5 stelle ma con strane mediazioni sarebbe altrettanto grave. Ricordiamo che Conte ancora deve spiegare molte cose sui tentativi di trovare la maggioranza per il Conte ter, magari con l’uso di esponenti dei servizi.
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