2022-07-02
Due dottori verso il processo per la ragazza morta nel reparto di Locatelli
Lisa perì al Bambino Gesù per un trapianto di midollo da una donatrice incompatibile. L’ex capo del Cts stralciato, ma resta indagato. Disse: «Scherzetto dalla Germania».Con due richieste di rinvio a giudizio per omicidio colposo e cooperazione nel delitto colposo si sono concluse le prime indagini della Procura di Roma sulla morte di Lisa Federico, la diciassettenne deceduta nel novembre 2020 in seguito a un trapianto di midollo sbagliato. Il pm Pietro Pollidori ritiene che Pietro Merli e Rita Maria Pinto, due medici del reparto di oncoematologia e terapia cellulare e genica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, diretto da Franco Locatelli, abbiano cagionato il decesso della povera ragazza. La posizione di Locatelli, che presiede anche il Consiglio superiore di sanità, è stata stralciata, il che può significare una richiesta di archiviazione (finora non ci risulta presentata), o supplementi di indagine per avviare un nuovo procedimento penale nei confronti del professore, grande fan delle vaccinazioni anti Covid nei bambini. Un avviso di garanzia era stato recapitato anche a Giovanna Leone, referente medico dell’aferesi terapeutica (almeno lo era, la struttura del reparto di Locatelli attualmente risulta «in allestimento», straordinaria coincidenza), accusata di essersi fermata dopo una prima plasmaferesi effettuata per eliminare gli anticorpi. La Leone ha sostenuto che tutto veniva deciso dal reparto di Locatelli e Pollidori le ha creduto. Nelle perizie richieste dal pm, il medico legale Stefania Urso e lo specialista in ematologia e oncologia, Paolo Di Bartolomeo, hanno riscontrato gravissime mancanze, errori inconcepibili in un centro di eccellenza. Sangue incompatibile finì nel corpo di Lisa, una ragazza solare, piena di vita. Tra dolori atroci, non più in grado di produrre le cellule ematiche necessarie per trasportare ossigeno e combattere le infezioni, con organi che non funzionavano, dopo 18 giorni la giovanissima ragazza cessò di vivere. La «inadeguatezza della composizione cellulare del midollo» del donante rese inutile il trapianto e le problematiche infettive della paziente furono gestite «con imperizia, imprudenza e negligenza, in maniera del tutto inadeguata», scrive il pm che ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio ora nelle mani del gip. «Il faticoso e doloroso passo compiuto con la denuncia fatta ad ottobre, trova finalmente un primo riscontro», è il commento della mamma di Lisa, Margherita Eichberg, soprintendente alle Belle arti e archeologia per l’area metropolitana di Roma, Viterbo e l’Etruria meridionale. «Grazie a Maurizio, padre sconvolto, che ha sfogliato per primo le oltre mille pagine disordinatissime della cartella clinica, evidenziandone i passaggi critici», ha aggiunto. Uno dei file, circa mille pagine, «è scomparso dal sito del Bambino Gesù».Il marito, Maurizio Federico, biologo, responsabile del Centro per la salute globale presso l’Istituto superiore della sanità, dopo aver trovato conferme ai suoi sospetti era impazzito per trovare periti disposti a valutare quello che era successo. «Quando sentivano parlare del reparto di Locatelli, tutti si tiravano indietro», ricorda. La coppia nel 2009 aveva adottato Elisabetta «Lisa» e il fratello Bodgan, che vivevano in un orfanatrofio dell’Ucraina. All’età di 16 anni, alla ragazza venne diagnosticata una citopenia refrattaria pediatrica, malattia benigna del sangue. «Portammo nostra figlia al Bambino Gesù pieni di fiducia, perché sapevamo che ci lavorava il professor Locatelli», spiega alla Verità il biologo. Ebbe così inizio il calvario di una ragazza, documentato e commentato nelle 47 pagine della Ctu, la consulenza tecnica d’ufficio. Come donatore, e senza una riserva possibile, fu scelta una donna tedesca di 56 chilogrammi (Elisa ne pesava 65), e con gruppo sanguigno differente quindi con «incompatibilità Abo maggiore», che causa emolisi immediata. L’Ospedale universitario Charité di Berlino disse che non era possibile assicurare un quantitativo di cellule necessarie per la trasfusione, ma il Centro trapianti dell’Ospedale Bambino Gesù dichiarò che «una simile raccolta era accettabile». La dottoressa Pinto, dopo non aver cercato un donatore consanguineo malgrado con il fratello di Elisa la probabilità di mortalità fosse «di solo il 5%», accettò «con imprudenza una previsione di raccolta di cellule staminali che in realtà appariva estremamente ridotta, e quindi inadeguata e che quindi cagionava il fallimento del trapianto», scrive il pm. Ai genitori «dovevano essere spiegati in dettaglio i rischi e i benefici di trapiantare un prodotto con così basso contenuto cellulare», considerato non idoneo, scrivono i periti della Procura. Invece il 7 ottobre Elisa fu ricoverata e il giorno seguente sottoposta a una chemioterapia immunosoppressiva, per impedire il rigetto del trapianto. Il dottor Merli, afferma Pollidori, prese «l’imprudente decisione di effettuare il condizionamento, in difformità dalla raccomandazioni del Centro nazionale trapianti», senza aspettare il midollo del donatore, espiantato solo il 15 ottobre, e che quando arrivò fu evidente che era inadeguato. Fu eseguita plasmaferesi, procedura che permette di rimuovere quegli anticorpi che causerebbero il rigetto acuto, ma questi non scesero abbastanza di numero e si doveva proseguire, scrivono i periti. Invece, alle ore 8.30 del 16 ottobre, inizia la trasfusione e già dopo il primo quarto d’ora Lisa comincia ad accusare forti dolori, crisi respiratorie, tutti segnali di un’emolisi acuta grave. L’infusione durò dodici, atroci ore. Poi ci furono solo complicanze a tutti gli organi, infezioni e dolori tremendi per Lisa, che al quattordicesimo giorno aveva zero globuli bianchi e neutrofili. Il trapianto non era riuscito, come prevedibile. Il 3 novembre, dopo un nuovo arresto cardiocircolatorio in terapia intensiva, la giovane muore. Ai genitori, il professor Locatelli disse: «In Germania ci hanno fatto uno scherzetto».