2022-07-05
Draghi in Turchia per gas e frumento. Ma la vera partita si gioca sulla Libia
Il premier oggi ad Ankara incontrerà «il dittatore che ci serve». In ballo c’è il nostro ruolo nel Paese africano, strategico per le rotte migratorie. Joe Biden ha ormai dato carta bianca a Tayyip Erdogan, che però flirta pure con Mosca.Nuovo faccia a faccia tra Mario Draghi e Tayyip Erdogan. Oggi il nostro premier si recherà ad Ankara, dove si terrà il terzo vertice intergovernativo tra Italia e Turchia, dopo quelli svoltisi a Roma nel 2012 e a Smirne nel 2008. Il presidente del Consiglio sarà in particolare accompagnato dai ministri Luigi Di Maio, Giancarlo Giorgetti, Lorenzo Guerini, Luciana Lamorgese e Roberto Cingolani. Non è un rapporto semplice quello che intercorre tra Draghi e il leader turco. Dopo gli attriti esplosi ad aprile dell’anno scorso (quando l’inquilino di Palazzo Chigi definì Erdogan un «dittatore»), la relazione tra i due si è rasserenata con il meeting avvenuto a ottobre in occasione del summit romano del G20: meeting a cui è seguito un ulteriore bilaterale a Bruxelles lo scorso marzo. Eppure, nonostante i rapporti personali più distesi, Italia e Turchia si trovano a sposare degli interessi geopolitici in gran parte divergenti. Bisognerà quindi capire se il vertice odierno porterà o meno a delle soluzioni. È chiaro che la cornice generale in cui avverranno i colloqui è quella della crisi ucraina. In tal senso, Draghi ed Erdogan parleranno dei negoziati in stallo tra Kiev e Mosca, oltre al delicato nodo del grano ucraino: fattore, questo, che ha innescato una pesante crisi alimentare specialmente per Medio Oriente e Africa. Venendo invece ai rapporti bilaterali tra Roma e Ankara non mancano gli scogli. Se da una parte si punta a un incremento degli scambi commerciali e a firmare intese in vari settori, dall’altra i nodi non sono pochi: a partire dalla Libia. Negli scorsi giorni, il Paese nordafricano è stato attraversato da vigorose proteste, mentre le trattative per un accordo sulle elezioni si sono arenate. Una situazione complessiva su cui grava la presenza di due premier che si contendono il potere. Ora, negli ultimi due anni e mezzo Ankara ha rafforzato la propria longa manus sulla parte occidentale del Paese, mentre – poche settimane fa – ha esteso di altri 18 mesi la presenza delle sue truppe in loco. In quest’ottica, la Turchia ha tutto l’interesse ad estromettere l’influenza italiana da Tripoli ed è in tal senso confortata dall’atteggiamento di totale arrendevolezza mostrato da Joe Biden nei confronti di Erdogan in occasione del recente summit Nato di Madrid. Un’arrendevolezza miope, che non mette nei guai soltanto l’Italia ma la stessa Alleanza atlantica. Il presidente turco porta infatti notoriamente avanti una politica estera spregiudicata, costellata di pretese insaziabili e di ambigui rapporti con Mosca. Quella stessa Mosca che, guarda caso, mantiene una notevole influenza sull’Est della Libia grazie ai mercenari del Wagner Group. E adesso, l’appeasement di Biden rischia di favorire un accordo di spartizione del Paese nordafricano tra Erdogan e Vladimir Putin. Del resto, entrambi stanno estendendo la loro ombra anche sul Sahel: altra area strategica per l’Italia e l’Ue, visto che si tratta di un importante crocevia per i flussi migratori diretti verso l’Europa occidentale. Non è un mistero che in passato lo zar e il sultano abbiano usato le migrazioni come arma di pressione politica. Non a caso, il nuovo strategic concept della Nato ha denunciato il fenomeno della strumentalizzazione dei flussi migratori, mentre la recente Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo del ministero della Difesa italiano ha messo in evidenza la rilevanza del Sahel per la sicurezza di Roma. Quel Sahel in cui Putin sta guadagnando terreno grazie ai mercenari Wagner ed Erdogan tramite la vendita di equipaggiamento militare (a partire dai droni). Un ulteriore nodo nelle relazioni tra Italia e Turchia riguarda poi il gasdotto Eastmed. Se Palazzo Chigi ha lasciato intendere di essere interessato al progetto, Ankara è di tutt’altro avviso, visto che non vuole essere tagliata fuori né favorire atavici avversari come Grecia e Cipro. D’altronde, la freddezza mostrata da Biden su questo progetto – che era invece stato ben accolto da Donald Trump – rientra probabilmente sempre nell’approccio soft dell’attuale Casa Bianca nei confronti del sultano. Ma i rischi turchi per Roma non si fermano qui. Bruxelles ha recentemente siglato un accordo che consentirà a Israele di fornire più gas all’Ue, usando la sponda dell’Egitto. Si tratta di un’intesa indubbiamente significativa, ma anche rischiosa. Non dimentichiamo infatti che Il Cairo gode di legami stretti con Mosca e che, nel corso degli ultimi dodici mesi, i rapporti tra Erdogan e Fattah al Sisi si sono notevolmente rasserenati. Un’altra area di competizione tra Italia e Turchia riguarda poi i Balcani: il sultano sta infatti riuscendo a consolidare la propria influenza su Serbia, Macedonia del Nord, Albania e Bosnia-Erzegovina. Insomma, Draghi si appresta a un vertice non facile. Per recuperare centralità nel Mediterraneo, l’Italia avrebbe bisogno di un rafforzamento del fianco Sud della Nato e di giocare un ruolo di leadership in un tale quadro. Probabilmente era questo che il premier si aspettava in un primo momento da Biden (che in campagna elettorale aveva definito Erdogan un «autocrate»). Adesso, l’approccio filoturco della Casa Bianca rischia di infliggere un duro colpo a Roma. Draghi non deve quindi limitarsi a migliorare i rapporti col sultano. Deve anche far capire al presidente americano che la sua politica di arrendevolezza verso il leader turco costituisce un pericolo per la coesione della Nato. E che, in termini di affidabilità per un ruolo di leadership nel fianco Sud dell’Alleanza atlantica, l’Italia non è seconda a nessuno.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.