
Accordo tra l'azienda e 150 nosocomi americani per la gestione delle cartelle cliniche. I dubbi sul trattamento dei dati personali.Continua, tra i colossi del Web, la corsa al possesso di milioni di dati sanitari, a insaputa però degli stessi pazienti. Ad aggiudicarsi l'ultima tappa, per ora, è Google (Big-G) che ha stretto un accordo con Ascesion, una delle più grandi catene di ospedali americani, per lavorare a un progetto di archiviazione e di analisi dei dati contenuti in decine di milioni di cartelle cliniche. La partnership, denominata Project Nightingale, prevede che Big-G fornisca ad Ascension uno strumento in grado di dare al medico la possibilità, digitando semplicemente nome e cognome del paziente, di accedere a tutti i sui dati clinici e di condividerli con altri specialisti. Ovviamente il sistema potrebbe anche aiutare nella prescrizione di esami e nella diagnosi, grazie all'intelligenza artificiale (Ai) su cui Big-G ha investito anni fa, acquisendo Deep Mind e incardinandola in Alphabet, la sua holding dedicata alla sanità. Certo, sulla carta l'obiettivo dell'accordo sembra quello di rispondere in modo rapido e più efficace al bisogno di salute del paziente, ma ci sono degli effetti collaterali tutt'altro che secondari, soprattutto sull'uso di questi tantissimi e utilissimi dati (big data). Per fornire questo servizio bisogna spostare i dati dei pazienti sui sistemi Cloud di Google. In questo caso stiamo parlando delle cartelle cliniche di 50 milioni di persone, più degli abitanti della Spagna. Ascension, con 150 ospedali in 21 Stati e 25 miliardi di dollari di fatturato l'anno, è infatti il secondo provider sanitario americano. Attualmente Google avrebbe già nei sui archivi 20 milioni di cartelle cliniche, le altre saranno caricate entro il prossimo febbraio, secondo Business Insider. I dubbi sono dovuti al fatto che i dati di Ascension, oltre ad essere finiti nella rete di Google, sarebbero stati trattati da almeno 150 dipendenti di Big-G che, lavorando al progetto, hanno avuto accesso a esami di laboratorio, diagnosi mediche, cartelle cliniche e lo storico con le informazioni sanitarie dei pazienti, compresi nomi, cognomi e date di nascita. Anche circa 2.000 dei 40.000 medici e infermieri della rete ospedaliera Ascension, per testare il sistema, hanno potuto accedere a contenuti sanitari di questi pazienti. Sia Google che Ascension hanno affermato che il programma ha seguito le leggi statunitensi sulla privacy (Hipaa) e che non hanno reso pubblica l'iniziativa perché era ancora ai primi passi e in fase di definizione. Non è chiaro però perché i pazienti (e i medici) non siano ancora stati informati sul passaggio dei loro dati nei sistemi di Google, né quando avrebbero ricevuto aggiornamenti, senza l'inchiesta pubblicata dal Wall Street Journal. La collaborazione tra Ascension e Google, rivelata in questi giorni, è infatti iniziata in sordina alla fine dell'anno scorso. I dubbi sulla privacy, sollevati da molti osservatori, sull'uso che le grandi piattaforme tecnologiche fanno dei dati dei loro utenti, soprattutto su questioni sensibili come la salute, non sono infondati. Grazie ai potenti algoritmi dell'intelligenza artificiale si possono profilare servizi ad hoc per scopi commerciali. Negli ultimi anni numerose grandi aziende tecnologiche si sono inseriti nella corsa ai big dati sanitari. Oltre a Google che aveva già in passato firmato un accordo con la Royal Free Nhs Trust, che gestisce tre ospedali a Londra per avere accesso ai dati 1,6 milioni di pazienti, società come Amazon e Apple stanno lavorando a progetti di vario tipo per gestire i dati dei pazienti, che per il momento sono i loro dipendenti, per testare servizi di telemedicina. Amazon ha stretto un accordo con il Sistema sanitario inglese (Nhs) per fornire consigli medici ai pazienti che pongono una domanda all'assistente vocale Alexa. Assieme a Jp Morgan e Berkshire Hathaway, Amazon intende creare un sistema di assistenza da remoto in grado di fare concorrenza alle assicurazioni, perché meno costoso, e alle farmacie, consegnando le medicine direttamente a casa del paziente. Watson, l'Ai della Ibm, sta testando un sistema per la gestione delle malattie rare in un ospedale tedesco. In attesa di un aggiornamento della legge sulla privacy, qualcosa si sta muovendo nei tribunali americani. Proprio Google deve affrontare una class action avviata lo scorso giugno per aver gestito, tra il 2009 e il 2016, grazie a un accordo con l'Università di Chicago, i dati sanitari di centinaia di migliaia di pazienti senza le autorizzazioni dovute.
Emanuele Orsini (Ansa)
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