2024-03-07
Così la tenaglia pm-cronisti ha deviato indagini e nomine
Luca Palamara (Imagoeconomica)
Nelle carte di Perugia e Firenze l’intreccio tra alcuni magistrati e giornalisti. Notizie fatte uscire per decidere il vertice della Procura di Roma e condizionare il lavoro di colleghi invisi. Il ruolo di «Corriere» e «Repubblica». Ci sono carte giudiziarie che descrivono meglio di mille editoriali lo stato della giustizia in Italia. O meglio il Sistema che secondo Luca Palamara si sarebbe retto attraverso tante piccole ‘ndrine formate da un procuratore, altri due pm svegli, un investigatore altrettanto rapido, oltre che ammanicato con i servizi segreti, e un paio di giornalisti di testate importanti. Documenti che sono un distillato perfetto di come vadano le cose nei tribunali italiani, ma soprattutto nelle redazioni. Due mondi controllati per decenni dalla sinistra, su felice intuizione gramsciana.Le carte sono quelle contenute in due inchieste parallele, una della Procura di Firenze e una dei pm di Perugia, utili a comprendere quanto sia accaduto nel mondo dei magistrati e dei media circa cinque anni fa, quando venne azzerata la nomina a procuratore di Roma di Marcello Viola, colpevole di non essere nelle grazie delle toghe progressiste e delle loro teste di ponte dentro alle redazioni. Per poterlo azzoppare venne strumentalizzata l’inchiesta su Palamara e le intercettazioni ad essa allegate. L’inchiesta umbra, che ha portato alla condanna dell’ex cancelliere della Procura Raffaele Guadagno, accusato di accessi abusivi e rivelazione di segreto, mostra il Sistema in azione anche prima di quell’evento, per esempio, mentre si muove per spezzare le ossa al procuratore aggiunto di Perugia Antonella Duchini, accusata di reati gravi, ma colpita come se fosse un’assassina, mentre altri suoi colleghi, finiti a loro volta sotto inchiesta, non sono nemmeno stati citati sulla stampa, neppure su quella locale.Il pm del caso Palamara Mario Formisano, nell’agosto del 2018, si preoccupa della campagna mediatica anti Duchini, appena sanzionata dal Csm: «Purtroppo è bene che il provvedimento disciplinare sia divulgato sulla stampa. Potrebbe incidere sulle indagini». Investigazioni condotte, si badi bene, dalla Procura di Firenze e non certo da Formisano che quindi pensa di indirizzare il lavoro dei colleghi in una certa direzione divulgando il «provvedimento disciplinare» della Duchini. Guadagno rassicura il pm: «Penso che Ansa di Roma lo abbia avuto… fonte Csm». E Formisano replica: «Così anche i nostri giornali scriveranno qualcosa». Guadagno, raccogliendo il mandato, risponde: «Penso che sarà così… ti aggiorno». «Grazie mille» replica il magistrato. Il diligente cancelliere il giorno successivo, alle 9 del mattino, invia a Formisano tre articoli. Con questa chiosa: «Ecco qua». Anche la collega di Formisano, Gemma Miliani, dopo aver saputo da Guadagno che la Duchini avrebbe riferito all’ex cancelliere parole minacciose («Qualcuno la pagherà»), consiglia di procedere in modo irrituale: «Devi dirlo al procuratore e dirlo a Firenze, magari fuori verbale». Qualche giorno dopo, Guadagno chiede a Formisano di avvertire Luca Turco, procuratore aggiunto del capoluogo toscano, di questa sua intenzione. Il pm lo rassicura: «Lo farò, stai tranquillo». Il cancelliere, a un avvocato, dopo la sua testimonianza fiorentina, spiegherà: «Tutto bene ieri: 4 ore di parlato e 20 righe di testo scritto. Sono stati molto carini con me». Questa era l’aria che si respirava a Perugia e dintorni. Uno dei protagonisti di questa storia è, come detto, l’ex cancelliere Guadagno, il quale, a dicembre, ha patteggiato una pena di 1 anno e 2 mesi. L’uomo è stato punito per aver scaricato illecitamente dal sistema informatico della Procura circa 1.800 documenti collegati a 4 fascicoli sensibili: sulla cosidetta Sanitopoli, sulla Loggia Ungheria, sull’esame d’italiano taroccato per Luis Suarez, e sul caso Palamara. Atti che sono finiti in buona parte sui giornali.Del procedimento che riguardava l’ex presidente dell’Anm, dal 31 maggio 2019, data della perquisizione e del primo interrogatorio del magistrato, al 23 agosto 2021 sono stati scaricati 994 documenti. I primi 41, il 31 maggio, poi il 4, 7, 10 e 14 giugno 2019, quando sui quotidiani pullulavano le esclusive e le rivelazioni di segreto.La Procura di Firenze, dopo una denuncia dello stesso Palamara, ha estratto i tabulati di tre giornalisti del Corriere della sera e della Repubblica, Giovanni Bianconi, Fiorenza Sarzanini e Carlo Bonini. Nel 2021 Palamara, in un esposto, li aveva accusati di aver avuto accesso a documenti riservati e aveva chiesto al procuratore aggiunto Turco di individuare le fonti degli indagati. Alla fine il magistrato toscano non ha individuato le presunte gole profonde e ha chiesto l’archiviazione del fascicolo. Ma studiando i tabulati e incrociandoli con le carte di Perugia su Guadagno forse una pista emerge. Ed è molto interessante. Nei giorni dell’esplosione dell’inchiesta Sanitopoli, dal 15 al 26 aprile 2019, una delle giornaliste perugine più vicine all’ex cancelliere, Erika Pontini, riceve sette chiamate da Bianconi, che capitana il pool di giornalisti che si occupano del caso. È lei la staffetta umbra dei giornaloni? Le indagini non lo confermano, ma l’ipotesi è più di una suggestione. Infatti quando esplode il caso Palamara è la compagna di Bianconi, Fiorenza Sarzanini, a bombardare di telefonate la cronista perugina: 37 chiamate effettuate, 13 ricevute, più un paio di messaggi. Il tutto tra il 29 maggio, giorno in cui il caso compare sui giornali, e il 21 giugno. Viene contattata più volte anche la collega del Messaggero Valentina Errante, che nella campagna anti Palamara sarà in prima linea. Lei, Sarzanini e Bonini pubblicheranno per alcuni giorni articoli scritti con il ciclostile. Per poter ribaltare il tavolo delle nomine del Csm e, in particolare la promozione di Viola, viene scodellata una notizia che non reggerà già alle prime verifiche: Palamara è inizialmente accusato di aver incassato una mazzetta da 40.000 euro e un anello prezioso per far nominare un magistrato procuratore di Gela. Accusa che nei mesi successivi evaporerà completamente, per essere sostituita da una generica contestazione di traffico di influenze, senza collegamento alla nomina sopra citata. Ma all’inizio non conta che quella promozione non sia avvenuta, no, i pm cavalcano la notizia, infilano un trojan nel cellulare di Palamara e lo ascoltano mentre discute di nomine, che nulla hanno a che vedere con la corruzione. Quando, il 23 maggio, la quinta commissione del Csm indica il pg di Firenze Viola come nuovo procuratore di Roma, il Sistema mette in moto la sua macchina da guerra. Il grido di battaglia è «continuità». A Giuseppe Pignatone deve succedere un delfino in linea con il suo modus operandi. E Viola non lo è.Il 29 maggio 2019, La Repubblica spara in prima pagina: «Corruzione al Csm». E il sottotitolo indica la via a tutti gli altri: «Indagato a Perugia il pm Palamara. È l’uomo chiave degli accordi per la nomina del procuratore di Roma». Il segreto istruttorio viene sacrificato sull’altare della Ragion di Stato. Il Corriere della sera e Il Messaggero pubblicano articoli fotocopia.Il 29 maggio tre giornali scrivono tutti lo stesso pezzo, ma questo sembra frutto di insider dentro al Csm e al Palazzo di giustizia di Roma, più che di Perugia. Però nei giorni successivi il pool deve dare in pasto ai suoi lettori, alla politica e alla presidenza della Repubblica, le prove di questi rumors, di queste indiscrezioni. Ed ecco che inizia la fase 2.La cronista del Corriere, il 30 maggio, parla due volte con la Pontini, utilizzando la linea telefonica normale. Il 31 maggio, il giorno in cui Guadagno scarica i primi documenti, le due donne hanno una conversazione lunga quasi otto minuti. Ma è l’intero elenco delle telefonate a essere interessante. Alle 12:11 la Sarzanini parla con l’allora procuratore di Perugia Luigi De Ficchy, due minuti dopo con la giornalista umbra. Tra le 13:45 e le 14:15, secondo la Polizia postale, Guadagno scarica 41 documenti riservatissimi sull’inchiesta Palamara. Alle 16:27 la Sarzanini richiama De Ficchy e secondo i tabulati la conversazione dura 18 secondi. Alle 17:33 ricompare sui radar la Pontini. A chiamare è sempre la Sarzanini. Il giorno dopo quest’ultima parte per Perugia, dove, in base all’analisi delle celle telefoniche, rimane circa tre ore. Poi riparte, visto che alle 15:26 si trova vicino al lago Trasimeno, dove la famiglia possiede un rustico e dove rimane per circa 24 ore, scrivendo un articolo con alcune chicche contenute negli atti giudiziari. Infatti il 2 giugno, per la prima volta, il Corriere pubblica un articolo che cita espressamente i documenti che arriveranno al Csm solo il 3 giugno. Nell’occhiello si legge: «Le carte». Titolo: «Anche un pm dell’Antimafia nella trattativa sulle Procure. Patto con i politici per 5 posti». La Pontini chiama anche la sera del 3 giugno, del 4 giugno (data del presunto secondo accesso abusivo di Guadagno), del 7 (altro accesso), dell’11 (il giorno prima c’era stato un altro presunto scarico), del 13, del 17. Sei chiamate in tutto. Mentre la Sarzanini, nello stesso periodo, la compulserà circa una trentina di volte. Insomma un filo diretto piuttosto intenso.Ricordiamo che queste sono le chiamate di cui è rimasta traccia nei tabulati, cioè quelle effettuate con la normale linea telefonica e non su canali non tracciabili come Whatsapp, Signal e Telegram o altre chat criptate. Guadagno in quelle ore ha anche delle interlocuzioni dirette con Bianconi e Sarzanini via messaggio. Con il primo i rapporti risalgono almeno al 2013, con la seconda al 2018. L’1 giugno l’allora cancelliere cerca Bianconi per poter parlargli «un pochino».Il 9 giugno scrive alla compagna di lui: «Il terremoto è appena iniziato». Lei replica: «Lo so bene». Poi fanno riferimento a un documento, forse alla memoria depositata da Palamara: «Vorrei leggerla. Mi dicono che entro martedì potrebbe uscire» scrive la giornalista. Lui dice di sperare di vedere presto lei e il compagno. Il 4 luglio la Sarzanini scrive: «Ciao tutto ok? Ho bisogno di parlarti. Dove?». Lui replica: «Chiama pure qui» e indica un numero del Palazzo di giustizia. «Da un nuovo fisso» spiega. «Arrivo» anticipa la cronista. Il 5 luglio il Corriere della Sera sintetizza le dichiarazioni rese a verbale da chi aveva effettuato lavori di ristrutturazione a casa di un’amica di Palamara.L’ex cancelliere con la Pontini, con cui si dà appuntamento anche sulla chat criptata Telegram, inizia a parlare della nomina del procuratore di Roma già il 6 maggio e nei messaggi spiega, mostrandosi molto informato, che il favorito è «tale Viola». Il 29 maggio, dopo aver saputo che Guadagno era andato a testimoniare a Firenze contro la Duchini, la giornalista fa un riferimento a «Palamara». In quel momento il nuovo target è lui. Qualcuno potrebbe ipotizzare, senza prove, che dal 29 maggio Guadagno abbia iniziato a scaricare documenti sull’ex pm romano su input della Pontini. Ma se fosse così, resterebbe comunque senza nome la fonte che ha fornito le informazioni per i primi articoli di Corriere, Repubblica e Messaggero, gli scoop del 29, 30 e 31 maggio che raccontavano, pur senza citare nel dettaglio gli atti, l’inchiesta per corruzione su Palamara.I giornalisti indagati (e poi archiviati) a Firenze non hanno voluto (giustamente) rivelare le loro fonti, anche se Bonini ha indirizzato le indagini sulle «autorevoli fonti del Csm» citate in un suo pezzo.L’unica possibile fonte del Csm che compare in modo evidente nelle carte è Giuseppe Cascini, in quel momento consigliere del parlamentino dei giudici ed esponente di quella sinistra giudiziaria particolarmente ostile alle manovre di Palamara. Cascini è anche uno dei magistrati destinatari dell’informativa sulla presunta corruzione del collega, successivamente trasmessa a Perugia.Il fascicolo di Firenze contiene la chat di due consiglieri di Unicost, in cui Cochita Grillo scrive al collega Luigi Spina: «Oggi ho visto Bianconi andare da Cascini». Dal 2 maggio al 30 giugno Cascini scambia, in chiaro, quindici telefonate e tre messaggi con il giornalista del Corriere e cinque chiamate con Bonini. I finanzieri evidenziano come il 20 maggio, a ridosso del voto in commissione per Viola, Bianconi abbia effettuato due chiamate verso Cascini da 80 e 320 secondi. «Ulteriori contatti si registrano il 21 e il 29 maggio 2019, nonché nel giugno 2019». Cioè nel pieno del caso mediatico.Nell’immediata vigilia del voto per Viola, il 22 maggio, Bonini parla per 159 secondi con Cascini. Il 27 maggio il giorno precedente alla stesura del primo articolo, lo scoop sul caso Palamara, i contatti sono tre. Rispettivamente di 26, 3 e 65 secondi. Una volta a chiamare è il giornalista, due il consigliere. Non sappiamo se i contatti siano stati propedeutici o successivi a un incontro, né se i due abbiano conversato anche su altri canali non individuabili dai tabulati. Ciò che sappiamo è che i giornalisti hanno avuto contatti anche con De Ficchy.Gli investigatori annotano che Bianconi chiama l’allora procuratore di Perugia due volte durante il caso Sanitopoli. Ma, durante il caso Palamara, a comunicare con l’allora procuratore (stiamo parlando sempre delle chiamate in chiaro) è la Sarzanini, la quale dal 31 maggio al 4 giugno, chiama il magistrato tre volte. Dal 6 al 24 giugno sono ben 20 i contatti (le chiamate sono equamente divise) di Bonini con il procuratore, il quale, neo pensionato, rilascerà proprio a Repubblica il suo testamento morale sulla vicenda: un attacco pesantissimo a Palamara e a chi stava mettendo in discussione la regolarità della campagna mediatica in quel momento in corso.Nella rete dei magistrati sono rimaste anche le telefonate che i giornalisti hanno indirizzato ai due consiglieri del Quirinale Giovanni Grasso (14 contatti tra il 12 e il 17 giugno) e Stefano Erbani (5 contatti tra il 5 e il 17 giugno) e al quirinalista del Corriere Marzio Breda, ma anche all’allora vicepresidente del Csm David Ermini (21 contatti dal 30 maggio al 13 giugno, tutti con Bianconi), eletto nel 2018 grazie a Palamara, ma poi divenuto suo grande nemico.Le chat dell’inchiesta di Perugia permettono di ricostruire anche il milieu in cui è germogliata l’inchiesta Palamara. Un terreno che se non si può definire avvelenato, si può considerare inquinato. L’1 giugno 2019 è l’ultimo giorno di lavoro per De Ficchy. La Miliani commenta con Guadagno l’addio quasi con sollievo, forse per gli stretti rapporti che il suo vecchio capo aveva avuto con alcuni indagati, a partire da Palamara: «Sono più serena ora per assurdo… rispetto ai mesi terribili in solitudine che ho passato… basta gestire bene Giuseppe (il facente funzioni Petrazzini, ndr) ora, e Fausto è di grande aiuto in questo». Il riferimento è al procuratore generale Fausto Cardella, toga progressista, che sembra aver sostenuto la collega in un periodo difficile. Il cancelliere infedele concorda: «Sarà che ho un debole per Fausto, penso che averlo a fianco sia molto importante per i consigli e la sicurezza che può dare». Guadagno la informa del sostegno che le arriva da un magistrato romano, anche lui di Area, la corrente di sinistra, un ex collega di ufficio di Palamara a Roma: «Ti devo "portare" la solidarietà di Mario Palazzi. Un amico con cui abbiamo avuto modo di lavorare insieme» scrive lui. «Grazie lo conosco di fama, ringrazialo molto» risponde lei.Passano pochi giorni e Guadagno prova a combinare un incontro tra la pm e Cardella: «Fausto, se tu sei d’accordo, vorrebbe fare due chiacchiere con te a casa tua da soli. Se vuoi e ritieni lo accompagno io senza nessun altro. Fammi sapere, anche tardo pomeriggio oggi o domani sempre di pomeriggio». La Miliani si dice disponibile per quell’appuntamento un po’ carbonaro.Sempre Cardella, non si sa bene a che titolo, l’8 luglio 2019, scrive a Guadagno: «Ricorda il verbale perché Salvi mi stressa… salvami da Salvi». Quest’ultimo in quel momento è il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma e, a settembre, diventerà il pg della Cassazione al posto dell’indagato Riccardo Fuzio. Il dipendente della Procura promette: «Lo farò». Cardella, dopo qualche ora, sollecita: «Niente su Salvi?». Il cancelliere il giorno successivo scrive: «Hai la prima mail, ora ti arriverà la seconda».Anche il procuratore generale di Perugia, quindi, anziché chiedere i verbali per le vie ufficiali preferisce passare da Guadagno che, quindi, è «costretto» a fare accessi abusivi anche su richiesta del suo superiore gerarchico, il quale avrebbe ricevuto richieste altrettanto «informali» da Salvi.Il rapporto della Miliani con il successore di Cardella, almeno inizialmente, non è certo idilliaco. La pm fa sapere: «Spero non venga Sottani». Lo considera di «spessore intellettivo raro», ma anche «malvagio». «Ha lanciato strali contro la mia indagine e avanzato con Paolo dure critiche e pesanti illazioni anche contro di me». Paolo potrebbe essere un altro pubblico ministero di Perugia collega di ufficio della Miliani. La donna continua a parlare di Sottani: «Non mi è mai piaciuto e ora meno che mai. Ha detto a Paolo che io avrei dato le notizie a Bianconi tramite Enzo (il marito giornalista della Miliani, ndr) che secondo lui ha scritto un libro con Bianconi. […] Il bello che lo avrà detto a Palamara visto che erano molto legati». Quindi tira una frecciata: «È un po’ malvagio secondo me». «Un po’?» ribatte Guadagno. La Miliani invia l’emoticon del faccino che sorride. L’ex cancelliere promette: «Appena abbiamo occasione ti racconto una storia vissuta in prima persona». E la Miliani, per non essere da meno: «Anche io ho una storia», che riguarda evidentemente il nuovo pg. I due discutono pure di Cantone, in quel momento in corsa per il posto di procuratore di Perugia.Miliani: «Manuela (Comodi, altra pm del capoluogo umbro, ndr) scrive che Cantone lo vuole la Massoneria (maiuscolo, ndr), mi pare eccessivo, ecco, se avessero rispettato il testo unico avrebbero dovuto votare per Sandro (probabilmente Cannevale, marito dell’avvocato di Guadagno, ndr)». E il cancelliere è d’accordo: «Sicuramente tra i due Cantone non ha titolo». La Miliani rincara: «Veramente. Umbria24 ha scritto alla fine che Sandro era il più titolato… anzi tra i più titolati».Il 21 aprile 2020 i due commentano gli articoli di stampa usciti sulla notizia dell’avviso di conclusione delle indagini emesso dalla Miliani e da Formisano nei confronti di Palamara. Guadagno: «La Verità sempre contro corrente», cioè non filo Procura, come la maggior parte degli altri giornali. La coppia ne ha anche per il Fatto quotidiano, per un articolo di qualche giorno prima. Guadagno: «Da canaglia l’articolo su Fatto su Palamara». Miliani: «Sono sempre stati innocentisti, lui gli passava notizie, molto legato al Fatto. Ieri bello sul Corriere della sera». E il cancelliere osserva: «Altre persone... vuoi mettere Giovanni (Bianconi, ndr) un giornalista vero».La mattina di domenica 24 maggio 2020 la Miliani manda al cancelliere un altro articolo della Verità, intitolato «Palamara chattava anche con De Ficchy il giudice di Perugia che indagava su di lui», e ironizza: «Una domenica tranquilla». Dice anche di essere «onorata della stima di Fausto», ma attacca: «Piuttosto mi lascia sgomenta il silenzio del resto dell’ufficio».Il 29 maggio 2020 la Miliani manda a Guadagno altri articoli di stampa sulla vicenda Palamara e il cancelliere commenta: «Non avevo letto.... Ormai esce di tutto, anche cose futili, irrilevanti. Ma Erika (Pontini, ndr) come fa ad avere le chat?». La Miliani non è sorpresa: «No questo è utile, le hanno tutti… figurati… lui (Palamara, il suo indagato, ndr) le ha divulgate e gli si è battuto contro». Guadagno rincara: «È quello che ho detto anche a Mario. Tutto questo volevo essere un suo tornaconto (di Palamara), quasi come mandare un messaggio a dire “state attenti”, senza valutare che si poteva torcergli contro. Come sta accadendo. Spero che molti prendano le distanze da lui. Mi domando: era così potente? Io resto basito». La pm sottolinea: «Era potentissimo». Guadagno scivola su un commento politicamente scorretto: «Per di più Calabrese… sbaglio?». La Miliani, in questo caso, prova a togliere l’«aggravante» all’indagato: «Di origine sì. Però nato a Roma».Cari lettori, questo è il quadro. Buona giustizia a tutti.