2022-08-23
Solita doppia morale pd: indignarsi più per un video che per uno stupro
Una donna viene abusata nel centro di Piacenza da un richiedente asilo della Guinea. Giorgia Meloni rilancia il filmato di un quotidiano. Si scatena la bagarre e nel mirino finisce la leader di Fdi anziché il violentatore.Una donna è stata stuprata all’alba di domenica nel centro di Piacenza da un richiedente asilo della Guinea. È un fatto gravissimo e non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo se la sinistra non avesse perso una grossa fetta di buon senso. Invece che succede? Nemmeno due parole di circostanza per condannare l’episodio, ma una valanga di fango su Giorgia Meloni che ha preso dal sito del Messaggero il video della violenza e l’ha rilanciato su Twitter perché «non si può rimanere in silenzio davanti a questa atrocità». Per la sinistra italiana è più scandaloso, violento, indecente, indegno, sciacalloso, raccapricciante il tweet della Meloni che lo stupro dell’africano. È lei che va condannata, non il ventisettenne guineano finito in prigione.Per Enrico Letta, segretario del Pd, pubblicare il video è «indecente e indecoroso»: «Il rispetto delle persone dev’essere prima di tutto; invito a una campagna elettorale in cui si parli delle cose senza essere irrispettosi dei diritti delle persone». Per Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) «rilanciare il video di uno stupro non è informazione, non è politica, ma bieco sciacallaggio senza dignità». Per la deputata Pd Valeria Valente «è davvero raccapricciante il tentativo di strumentalizzare anche la violenza sulle donne a fini elettorali». Katia Tarasconi, sindaca Pd di Piacenza, non è «colpa di chi si impegna per l’accoglienza e l’integrazione se un richiedente asilo commette un crimine». E che sarà mai. La melma lanciata con il ventilatore da Letta & C. ha raggiunto anche il cittadino che, sentendo le grida della povera donna, dalla finestra di casa ha girato il breve video con il telefonino. È stato degradato a vile, guardone, uno che non ha mosso un dito. Naturalmente le cose non sono andate così: quest’uomo ha raccontato al Tg3 Emilia Romagna di avere immediatamente avvertito la questura (le volanti sono giunte in brevissimo tempo) e poi ha filmato la scena con lo smartphone come prova per gli inquirenti.Lo stupro in sé è già sparito, tiene banco soltanto la polemica elettorale. Non conta che la Meloni abbia preso il video dal sito Internet del Messaggero, uno dei principali quotidiani italiani. E non conta neppure che il volto della vittima fosse stato reso irriconoscibile, quello dell’aggressore idem, e che il tweet condannasse il crimine ed esprimesse solidarietà alla donna violentata. La leader di Fratelli d’Italia non aveva nemmeno citato la sinistra: «Non si può rimanere in silenzio», aveva scritto su Twitter, «davanti a questo atroce episodio di violenza sessuale ai danni di una donna ucraina compiuto di giorno a Piacenza da un richiedente asilo. Un abbraccio a questa donna. Farò tutto ciò che mi sarà possibile per ridare sicurezza alle nostre città». Non erano accuse a sinistra, né critiche alle politiche sull’immigrazione del governo Draghi, né contestazioni alla ministra Luciana Lamorgese. Eppure la sinistra ha sollevato uno scandalo. È la stessa sinistra che, a fine luglio, non si era fatta problemi a far girare le immagini (in chiaro) del tragico pestaggio di Civitanova Marche in cui ha trovato la morte l’ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu. Se lo straniero è vittima, tutto è lecito; se è il colpevole, il video va fermato. La Meloni ha solidarizzato con l’ucraina stuprata mentre da Letta a Fratoianni non si è levata una parola per condannare la violenza sessuale. Sette anni fa Matteo Renzi, allora segretario Pd e presidente del Consiglio, non si fece scrupoli a mostrare a tutto schermo alla festa dell’Unità di Milano la foto del piccolo Alan Kurdi annegato su una spiaggia della Turchia in uno sbarco. La accompagnò con questa sobria didascalia urlata: «Qui non c’è il Pd contro la destra, ma gli umani contro le bestie». Fu sommerso dagli applausi del suo popolo.Erano i primi del settembre 2015, sono passati sette anni e a sinistra hanno la memoria corta. Allora nel Pd nessuno alzò il sopracciglio né puntò l’indice accusatore per condannare l’uso di una foto tragica a scopi di polemica politica. Anzi, Renzi fu difeso come un sincero democratico e un paladino dei diritti dei più deboli. Quando c’è da insultare la destra, il rispetto dei diritti è un concetto molto elastico. Giorgia Meloni è tornata ieri su Twitter con un video per dare le sue ragioni. «Non so se il Pd creda davvero a ciò che sta dicendo e scrivendo», ha detto, «nel qual caso le cose sono molto peggio di quanto credessimo. Mi lascia molto perplessa che chi mi attacca perché ho espresso solidarietà a una vittima di stupro e condannato l’aggressore non ritenga di fare altrettanto. Non spendono una parola per condannare o solidarizzare, ma attaccano me. Dicono che ledo la sua dignità. A Letta dico che la lesione della dignità non è la condanna di uno stupro: è lo stupro. Perché di questo non parlate?». Secondo tema, «ancora più surreale»: qualche giorno fa la Meloni ha pubblicato un video dicendo che la destra al governo punterà molto sullo sport per i giovani, seguendo l’esempio dell’Islanda che con una politica del genere ha drasticamente ridotto le devianze giovanili. «Risposta di Enrico Letta: viva le devianze». Già, viva le devianze da Letta.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.