2022-09-03
Dopo le bronchioliti, lo pneumococco. I bimbi pagano il conto dei lockdown
Gian Vincenzo Zuccotti (Imagoeconomica)
Uno studio Usa sui dati inglesi mostra, nel 2021, un aumento d’infezioni sotto i 15 anni, dovuto anche al calo delle immunizzazioni. Un caso simile a quello del sinciziale in Italia: «I virus sono esplosi dopo le chiusure».Non c’è pace per i più piccoli. Li hanno voluti vaccinare contro il Covid, quando le vere emergenze a quell’età sono rappresentate da eccessi di infezioni trasmesse per via respiratoria al termine dei lockdown, o dal calo delle vaccinazioni pediatriche dovuto al pensiero fisso sul coronavirus. Uno studio statunitense mostra come nel periodo luglio-dicembre 2021, dopo la rimozione delle restrizioni nel Regno Unito, l’incidenza della malattia da pneumococco invasivo (Ipd) nei bambini di età inferiore ai 15 anni sia stata maggiore (1,96 ogni 100.000 bambini), rispetto allo stesso periodo del 2020 (0,7 ogni 100.000) e negli anni pre pandemici 2017-2019 (1,43 ogni 100.000). Lo pneumococco è un batterio patogeno che si trasmette da persone malate o portatori sani, di solito attraverso tosse. Può provocare diverse malattie non invasive come polmoniti, otiti, sinusiti, congiuntiviti, o invasive se il batterio entra nel sangue o nel liquido cerebrospinale quando allora causa patologie molto gravi, quali polmoniti batteriemiche, meningiti e sepsi. All’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (Ukhsa), le infezioni segnalate dagli ospedali del servizio sanitario nazionale inglese tra luglio e dicembre dello scorso anno si riferivano per il 32% a bambini di età inferiore a 1 anno, per il 42,5% a quelli di fascia 1- 4 anni, per il 18% alla fascia 5 - 9 anni e per il 7,5% in quella 10-14. Al di sotto dei quattro anni, l’incidenza era più elevata ma «l’aumento dei casi infantili che superano i livelli pre pandemici potrebbe far presagire aumenti in tutte le fasce di età», ipotizza Marta Bertran, epidemiologa presso l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito, tra gli autori dello studio. Nuovi dati usciranno in novembre, intanto il quadro che emerge dall’analisi di sei mesi è che le restrizioni sociali hanno impedito la normale trasmissione di virus respiratori nella loro stagione tipica, esplosi invece quando si è posto termine all’isolamento forzato. Come accadde lo scorso anno con il virus respiratorio sinciziale, che causò un numero elevatissimo di bronchioliti pure in Italia. Durante la pandemia, la vaccinazione anti pneumococcica raccomandata entro l’anno di età è calata fortemente, quindi dovremo aspettarci un’emergenza pediatrica ben più fondata dell’allarme Covid, alimentato per far vaccinare i bambini? L’abbiamo chiesto a Gian Vincenzo Zuccotti, preside della facoltà di medicina dell’Università statale di Milano e direttore del reparto di pediatria e pronto soccorso pediatrico dell’ospedale dei bimbi Vittore Buzzi. Quando, nel novembre 2021, il professore segnalò il problema di reparti e terapie intensive al completo, non si riferiva affatto a problematiche dovute al virus che ci hanno regalato i cinesi. «I bambini finiti in rianimazione per Covid si contano sulle dita di una mano», dichiarò il professore, alle prese con posti letto occupati all’80% da bronchioliti. Un’esplosione di casi che davano problematiche respiratorie e che erano la conseguenza di un rallentamento della prevenzione, della cura dei bambini durante la pandemia. «Quello che si è trascurato, presenta il conto», commenta oggi Zuccotti. «Con le chiusure non ci sono stati contatti e non hanno potuto aver luogo i consueti contagi stagionali, che possono portare a ospedalizzazioni diluite durante l’anno. Virus come quello respiratorio sinciziale sono esplosi al termine dei lockdown, creando in due mesi una fortissima pressione sugli ospedali. Non era mai accaduto prima». Non c’era emergenza Covid «per i bambini è stata solo organizzativa, non sanitaria», puntualizza il primario, ma per un’altra infezione respiratoria trascurata grazie al ministro della Salute, Roberto Speranza, «c’è stata l’emergenza bronchiolite. Rischiavamo di non sapere come assistere», ricorda il preside della facoltà di medicina alla Statale. Non si stanno registrando impennate di casi di pneumococco invasivo, ma il professore fa presente che «come è capitato con le bronchioliti, per le quali ancora non c’è un vaccino, potrà accadere pure con le malattie da pneumococco, che invece sono prevenibili con la vaccinazione. Durante la pandemia si sono trascurate coperture vaccinali importanti nell’età pediatrica e non sappiamo quali effetti avremo nei prossimi mesi». Nelle raccomandazioni 2022 di Ropi, la Rete oncologica pazienti Italia, si legge che «le fasce di popolazione che presentano il maggior rischio di infezione pneumococcica invasiva sono quella pediatrica, particolarmente i bambini sotto i 2 anni, e quella anziana», ma che nel nostro Paese «la copertura vaccinale anti pneumococco è ancora bassa: 24-30%». Invece di raccomandarla, potenziando questi inoculi, negli ultimi due anni sarà calato ulteriormente il numero delle vaccinazioni (quando l’Iss vorrà fornirceli, sarà sempre troppo tardi), spingendo solo sul vaccino anti Covid, inutile per la maggior parte dei bambini. Non solo, in Italia «attualmente non è diffuso su tutto il territorio nazionale lo screening neonatale di questa patologia, che permetterebbe di iniziare subito la profilassi delle malattie da pneumococco, come avviene in altri Paesi europei», ricorda Acp, l’associazione culturale pediatri. «Ritorniamo a concentraci sulla prevenzione delle comuni malattie dell’infanzia», è l’invito che fa Zuccotti. «Quando calano le vaccinazioni, non è facile recuperare il tempo perduto, soprattutto con centri vaccinali che hanno altro carico di lavoro. Nel frattempo, però, i microrganismi non stanno ad aspettare. Ne approfittano e provocano patologie anche gravi».
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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