2018-12-28
Dopo il caos una pezza sulla «tassa ai buoni»
Giuseppe Conte annuncia la modifica alla norma che raddoppia l'Ires alle associazioni no profit: «A gennaio interverremo». L'intenzione era punire i «furbetti» della beneficenza ma, a causa della mancata riforma del Terzo settore, avrebbe colpito senza criterio le Onlus.Dopo giorni di aspre polemiche montate a cavallo delle feste natalizie, è arrivato ieri l'annuncio che la cosiddetta «tassa sulla solidarietà» verrà modificata al più presto. Parola dei due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che nella giornata di ieri sono intervenuti con due distinte dichiarazioni per manifestare la volontà del governo di fare dietrofront sul contestato provvedimento. Per comprendere di cosa si tratta, occorre fare un passo indietro alla notte tra il 22 e il 23 dicembre scorso quando il Senato licenzia, con 167 voti a favore, 78 contrari e 3 astenuti, il maxi emendamento alla legge di Bilancio 2019. Il comma della discordia interviene per abrogare l'articolo 6 del Dpr 601/1973, che disciplina, nella misura del 50%, la riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (Ires). Detto con parole più semplici, i soggetti interessati (enti di assistenza sociale e ospedalieri, società di mutuo soccorso, istituti di istruzione, accademie e fondazioni, nonché istituti autonomi per le case popolari) beneficiano di uno sconto pari alla metà dell'imposta dovuta da una normale azienda che opera a scopo di lucro: dal 24% al 12%. Una bella batosta per le realtà del terzo settore, dal momento che il raddoppio dell'aliquota dall'oggi al domani rappresenterebbe un aggravio importante. Secondo le stime dell'Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale (Uneba), che rappresenta oltre 900 enti in Italia (di cui 300 solo in Lombardia) attivi nel settore sociosanitario, assistenziale ed educativo (per la maggior parte «non profit» di radici cristiane), l'abolizione della «mini Ires» per una ex Onlus con 120 posti letto, può arrivare a costare tra i 6.000 e i 10.000 euro in più all'anno. Per questo motivo, il 20 dicembre scorso, con un comunicato stampa l'Uneba aveva manifestato «forte preoccupazione sulle scelte politiche in corso per il settore», e parlato per gli enti colpiti di un «soffocamento se si realizzerà l'appesantimento con la soppressione dell'aliquota ridotta Ires». Un allarme in tal senso era stato lanciato anche dalla Conferenza episcopale italiana, la quale sempre nella giornata del 20 dicembre per bocca del Segretario generale, Monsignor Stefano Russo, avvertiva che «se davvero il Parlamento procedesse con la cancellazione delle agevolazioni fiscali agli enti non commerciali con la soppressione dell'aliquota ridotta Ires, verrebbero penalizzate tutte le attività di volontariato, di assistenza sociale, di presenza nell'ambito della ricerca, dell'istruzione e anche del mondo sociosanitario». Fortemente critica anche Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore, l'associazione di categoria che dà voce a 88 organizzazioni nazionali (corrispondenti a 141.000 sedi territoriali) ed è perciò l'associazione di settore maggiormente rappresentativa in Italia. «Assurdo che debba essere proprio il terzo settore a pagare l'accordo con l'Europa», ha dichiarato la Fiaschi, quantificando in circa 118 milioni di euro il gettito 2019, e in 158 milioni quello dal 2020 in poi.La pressione degli enti no profit ha portato il governo a ripensarci. Subito dopo pranzo è arrivata la prima dichiarazione da parte di Luigi Di Maio. «Si volevano punire coloro che fanno finto volontariato», ha dichiarato il vicepremier, «e ne è venuta fuori una norma che punisce coloro che hanno sempre aiutato i più deboli». Varata la manovra, tuttavia, il nodo è rappresentato dalle tempistiche. «Non possiamo intervenire nella legge di Bilancio perché si andrebbe in esercizio provvisorio», spiega Di Maio, «ma prendo l'impegno di modificarla nel primo provvedimento utile». Gli fa eco, poco più tardi, Matteo Salvini. «Dopo aver incontrato e ascoltato tanti presidenti e associazioni», ha spiegato il ministro dell'Interno, «garantisco l'impegno del governo a intervenire per aiutare le tante associazioni di volontariato che utilizzano solo a scopo sociale i fondi, ci sarà invece massimo rigore con i furbetti che fanno altro». La parola definitiva è arrivata in serata dal premier Giuseppe Conte, il quale ha dichiarato che «provvederemo quanto prima, a gennaio, a intervenire per riformulare e calibrare meglio la relativa disciplina fiscale». Unica voce in dissonanza quella la sottosegretaria grillina all'Economia, Laura Castelli: «La norma la difendiamo, è parte di accordo con l'Ue».«Meglio tardi che mai», commenta alla Verità Franco Massi, presidente dell'Uneba. Il quale aggiunge che «da gennaio torneremo alla carica con iniziative e petizioni, assicurandoci che la promessa del governo di stralciare il raddoppio dell'Ires sia mantenuta». Commentando l'allusione ai «furbetti» del terzo settore, il presidente dell'Uneba ha poi aggiunto che «è perfettamente legittimo che il governo monitori e intervenga quando ce n'è bisogno, ma non per questo dev'essere colpita l'intera categoria». L'intervento dell'esecutivo potrà anche risultare scomposto, ma dà un'idea della complessità della galassia no profit. Sullo sfondo un intricato progetto di riforma, in piedi dal 2016 e che attende ancora di essere pienamente realizzato. Solo a ottobre, come riporta il Forum del terzo settore, dei 42 atti previsti nei quattro campi chiave (codice del terzo settore, servizio civile universale, 5 per mille e impresa sociale), solo nove risultavano adottati e appena sette ancora in elaborazione. Per ciò che riguarda le agevolazioni, l'abolizione della mini Ires si limitava ad anticipare il riordino fiscale previsto della riforma, per il quale però bisognerà attendere la piena operatività del registro unico (verosimilmente nel 2019).
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)