2022-11-03
Dopo chiusure, green pass e idranti le facce toste gridano ai diritti violati
Dal leader M5s all’ex ministro Andrea Orlando, dagli intellò progressisti ai giuristi: chi ieri difendeva coprifuoco, carta verde e punizione del dissenso, oggi fa finta di niente e si straccia le vesti per la norma di Matteo Piantedosi.Repubblica la chiama «legge manganello». La Stampa «legge liberticida». Gli avvocati evocano lo spettro del codice Rocco. Enrico Letta paventa la repressione del diritto di critica. Per carità: il decreto anti rave del governo è migliorabile. Ma i fanatici del regime Covid, menestrelli del green pass e ultras degli obblighi vaccinali, ora che si battono il petto per la libertà in pericolo, rischiano l’overdose di sfrontatezza.Il capo dei buffoni è Giuseppe Conte: «Questa è una norma da Stato di polizia», tuona l’uomo che tenne un Paese ai domiciliari. Che le forze dell’ordine le spediva a inseguire chi correva sul bagnasciuga. Che impose il coprifuoco alle 22. Forse è solo una questione di vocali: quando egli dimorava a Palazzo Chigi, e lo Stato era di «pulizia», andava tutto benissimo. È la stessa esiziale contraddizione che pervade i piddini, d’improvviso animati da uno spirito anarcoindividualista. Così, il segretario uscente passa dallo sdegno per il «premio ai no vax», a denunciare la «minaccia preventiva contro il dissenso». Si ricorda cosa ne era del dissenso, quando il suo partito governava? Se li ricorda gli idranti sui portuali no pass di Trieste? E il Daspo a Stefano Puzzer, colpevole di aver improvvisato un banchetto in piazza del Popolo a Roma? E la direttiva con cui Luciana Lamorgese comandava ai prefetti di «individuare specifiche aree urbane sensibili», nelle quali interdire lo «svolgimento delle manifestazioni» contro i divieti Covid? Proprio quell’ordine, secondo Amnesty, oggi allarmata per il destino di chi volesse scendere in piazza, non rappresentava una «compressione» del diritto di «manifestazione pacifica». «Vogliono reprimere chi protesta», accusa adesso Andrea Orlando. «Usano il bazooka contro le formiche». Lui, con gli italiani che non si erano vaccinati, ha usato la pistoletta ad acqua? Quando qualcuno aveva provato a mettere in dubbio l’intangibilità del certificato verde, l’esponente dem si scandalizzava: «Penso sia incredibile che nel nostro Paese si sia aperta una discussione su questo punto». Eh sì: era sacrosanto negare, come insisteva l’ex ministro del Lavoro, i tamponi gratis per l’accesso a fabbriche e uffici. Il senatore dem Antonio Misiani la considerava una concessione «diseducativa». Ma ora costui biasima la norma di Matteo Piantedosi: «È sproporzionata». Sproporzionata, capito? Subordinare alla vaccinazione la possibilità di portare a casa il pane quotidiano, invece, era proporzionato. La vetta la tocca Alessandro Zan: il padre - pardon, il genitore 1 - del ddl per mandare alla sbarra i nemici dell’ideologia Lgbt, definisce il primo atto di Giorgia Meloni «un mostro liberticida». Un pulpito che certo non potrà scippargli il radicale Riccardo Magi, stizzito per il testo «dal sapore putiniano». Solo che, ai tempi della card, egli puntava il ditino: «Non spacciamo l’egoismo per libertà». Eppure, c’è qualcuno più svergognato dei politici: intellettuali e agit prop progressisti. In un paginone sul quotidiano di Torino, il filosofo Umberto Galimberti deplora «l’aggressività di tutte le destre», la «tolleranza zero» nei confronti di «ragazzi che mangiano, bevono, ascoltano musica ad alto volume e magari usano anche droghe e alcol». È la «fine della libertà», è «l’inizio della repressione». Ed è lo stesso Umberto Galimberti che, a dicembre 2021, inneggiava al Mario Draghi «quasi dittatore»: «Che decida lui a prescindere dalle bandierine dei partiti, che vogliono difendere questa o quell’altra categoria, allentando la difesa nei confronti del virus». I giovani alcolizzati e drogati non si toccano, le altre «categorie» sì. Specialmente quella dei contrari al green pass, i «pecoroni» incapaci di «muovere le rotelle del cervello», verso i quali il pensatore, maggiormente noto per le scopiazzature che per le opere originali, dichiarava di non avere «più pazienza, perché non è che sono una minoranza che esprime le sue opinioni», sono «una minoranza che porta in giro l’infezione», «blocca l’attività economica», «fa danni tremendi. E continuiamo con il rispetto della minoranza?». Ma va’: solo se la minoranza odia Giorgia Meloni. Entra in cortocircuito con sé stesso anche lo scrittore Erri De Luca: il provvedimento anti rave, proclama, è uno «schedario della gioventù», con «pene da patibolo» per innocue «manifestazioni autogestite». L’ex di Lotta Continua, però, non era tanto misericordioso con i refrattari all’iniezione: «Mi verrebbe da considerarli marginali». Mica contano come i punkabbestia. «Ogni scelta o argomento non può avere a che fare con la parola libertà», che «non dipende dalla facoltà di andare in un locale pubblico». Dipende dalla facoltà di intrufolarsi abusivamente in una proprietà privata per sballarsi?È più sottile, ma non meno schizoide, la genia dei costituzionalisti. Giovanni Maria Flick, ex presidente della Consulta, sale in cattedra: la Carta «parla di limitazioni “soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, mentre non fa cenno a pericoli per l’ordine o per la salute pubblica». Toh: e come mai, allorché ci si interrogava sulla liceità dell’obbligo vaccinale, il giurista suggeriva di «limitare la libertà di circolazione», nel nome della «salute della collettività», del «principio di solidarietà» e dei «doveri inderogabili»?Quante ne vedremmo, se i novelli guardiani dei diritti tenessero fede ai loro vecchi principi. Qualcuno striglierebbe i fattoni: se vi sentite male, pagatevi le cure. Da qualche colle romano risuonerebbe un monito: su occupazioni e feste lisergiche, non s’invochi la libertà. Già: in fin dei conti, è sufficiente la faccia di tolla.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)