2019-03-21
«Distruggere le Popolari serviva a favorire i colossi internazionali»
Il presidente dell'associazione di settore Corrado Sforza Fogliani: «Manovra Ue attuata con il bail in. Matteo Renzi ha incoraggiato l'oligopolio, non la concorrenza. Per sostenere crescita e imprese, però, servono istituti di credito locali».Corrado Sforza Fogliani, presidente dell'Associazione nazionale fra le banche popolari, ha accettato di discutere con La Verità dopo il clamoroso pronunciamento della Corte di giustizia dell'Ue, che ha accolto il ricorso contro la decisione della Commissione di Bruxelles che considerò «aiuto di Stato» l'intervento del fondo interbancario di tutela dei depositi per il salvataggio di Tercas nel 2014. Presidente, che idea si è fatto di questa decisione importantissima?«Facciamo subito un passo in avanti, perché le scelte della Commissione su Tercas produssero nei mesi successivi effetti pesantissimi». Dopo Tercas, infatti, nella seconda metà del 2015 si pose il tema delle quattro banche (Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti), e anche allora si propose di ricorrere al fondo interbancario. Ma alla fine il governo Renzi decise di cedere…«Mi spiego il comportamento tenuto dal governo Renzi sulle quattro banche solo pensando a come poi le cose sono andate a finire: una sorta di anticipazione forzata del bail in (che tecnicamente sarebbe entrato in vigore solo dal 1° gennaio successivo, ndr), e una vera e propria campagna di diffamazione contro le banche popolari per giustificare la cosiddetta “riforma", in realtà una controriforma, che nel frattempo era stata approvata da Matteo Renzi, e che avrebbe portato otto delle grandi banche popolari su dieci a convertirsi in spa» Spieghiamolo bene.«Il fatto che delle Popolari venissero screditate faceva gioco a Renzi. Anche alcuni grandi giornali, per riferirsi alle quattro banche, parlavano sistematicamente di “quattro Popolari". E non era vero: erano tre Casse e una Popolare. Ho passato almeno un mese a precisare e rettificare: ma la parola d'ordine era: “Quattro popolari"».Il risultato fu che le quattro banche furono mandate in risoluzione, con più di 100.000 azionisti azzerati e pure 12.000 obbligazionisti subordinati messi in ginocchio. Si poteva evitare?«Certo. Era già evitato, appunto perché ci si era assicurati l'intervento del fondo interbancario. E grida vendetta ciò che fu detto a proposito della nozione di “aiuto di Stato"».Cioè?«Allora ci si disse che era aiuto di Stato perché nel fondo era presente, per motivi di sorveglianza, un rappresentante di Banca d'Italia. Chiaramente un argomento pretestuoso. Infatti poi hanno cambiato versione, dicendo che il fondo “perseguiva finalità pubbliche". Ma con questo criterio tutto può essere ritenuto “pubblico"!».Lei fu tra i pochi a violare - già allora, in tempi non sospetti - il santuario del «ce lo chiede l'Europa», e a contestare la decisione italiana di piegarsi al no della Commissione. «Guardi, fu tutta una concatenazione che mirava - e mira - a distruggere le banche di territorio, quelle che realmente disturbano le grandi banche internazionali. Lo diceva Einaudi già nel 1931: “Voi predicate la concentrazione. Ma sono invece le banche di territorio ad assicurare la concorrenza sui singoli mercati". E sa perché? Perché le banche di territorio - per definizione - sono interessate a che il loro territorio vada bene. E non a caso è dimostrato che dove ci sono banche locali, i tassi sono più favorevoli alle imprese». Rilettaendo oggi, quindi, quella decisione della Commissione non fu solo burocratica, ma era parte di un preciso disegno per indurre alla svendita un pezzo di sistema bancario italiano? «Dai tempi di Renzi in poi, si sono purtroppo fatti passi verso l'oligopolio bancario, non verso la concorrenza». E fu fissato un prezzo irrisorio per i crediti deteriorati delle quattro piccole banche…«Intanto, ci fu l'ingiunzione di realizzare, di vendere le sofferenze in fretta e furia, svalutandole. Se si va sul mercato a vendere in fretta e furia, è chiaro che chi acquista se ne approfitta».Il delitto perfetto, insomma.«Da parte del governo di allora ci fu un atteggiamento totalmente supino rispetto all'Europa. A tappetino». Al di là del tema decisivo delle Popolari, perché Renzi e Padoan si piegarono così?«Sono convinto che abbiano barattato le Popolari con la legge di bilancio che volevano approvare. Non hanno fatto nulla per tenere la posizione sul fondo interbancario». Tra l'altro, la letterina al governo italiano proveniente dalla Commissione europea sulle quattro banche, successivamente resa nota, pur nella sua ambiguità, lasciava forse uno spazio per una trattativa con le autorità europee. Nel tipico linguaggio da Sibilla cumana, Bruxelles diceva in sostanza: «Non potete usarlo se è aiuto di Stato. Potete farlo se ci dimostrate che non è aiuto di Stato». «Ma infatti, non si fece nessuna grande battaglia. In un primo momento, non si pretese neppure un atto formale da parte dell'Ue che fosse subito impugnabile. Io chiedevo: “Ma come ve l'hanno detto? Dovete pretendere una presa di posizione ufficiale". Ci si rispondeva che era arrivata una mail da Bruxelles».Lei è anche un uomo che conosce il giornalismo. Ieri mattina, su tre dei maggiori quotidiani italiani, per trovare la notizia bisognava arrivare a pagina 18, a pagina 20 e a pagina 29. Non c'era gran voglia di discutere la notizia o è una mia malignità?«Eh, è la povertà di certo giornalismo. Quando c'è di mezzo l'Europa, o quando viene fuori qualcosa che può presentare l'Europa per quella che purtroppo oggi è, qualcuno preferisce nascondere la testa sotto la sabbia. Da burocrate a burocrate ci si aiuta. Poi alcuni grandi giornali si lamentano se perdono copie. Ma se propongono il pensiero unico… Ci sono invece giornali che aumentano copie - voi ne sapete qualcosa - perché non sono uguali agli altri...».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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