2024-03-29
Niente lieto fine per la Disney: ritirate le cause contro DeSantis
Intesa tra il colosso e la Florida dopo la disputa sul parco di Orlando e gli attacchi al repubblicano per lo stop al gender nelle scuole. Ma l’azienda ha grane pure con gli investitori: «Basta woke, i film devono divertire».Il governatore della Florida, il repubblicano Ron DeSantis, ha vinto il lungo braccio di ferro con la Disney. La battaglia tra lo «Stato del sole splendente» e il colosso dell’intrattenimento era iniziata circa due anni fa. Nell’aprile 2023, era persino finita in tribunale. Ieri, però, l’azienda di Topolino ha alzato bandiera bianca, sospendendo qualsiasi azione legale contro DeSantis, che era stato accusato dalla Disney di «adottare misure politiche per danneggiare» le sue attività.Ma qual era la causa di questo contrasto, che è arrivato fino alle carte bollate? Tutto ha inizio nella primavera del 2022. In quel periodo, l’amministrazione DeSantis varò due leggi che, per i militanti woke, suonarono come un duro pugno nello stomaco. Una di queste norme ha bandito dalle scuole l’insegnamento della controversa Critical race theory: una materia di chiara impronta marxista che rilegge la storia dell’umanità alla luce delle oppressioni razziali (vere o presunte). La seconda legge, invece, si chiama Parental rights in education bill e riguarda, pertanto, «i diritti dei genitori nell’educazione». In sostanza, è una norma che vieta di affrontare «i temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere» dalle scuole materne fino alla terza elementare, lasciando ampia libertà ai genitori sul tempo e i modi con cui affrontare il discorso con i propri figli. Tradotto: niente drag queen che leggono favole gender negli asili o maestre intersezionali che vestono i maschietti di rosa.La seconda legge anti-indottrinamento, in particolare, ha mandato su tutte le furie la galassia Lgbt e, appunto, la Disney. Del resto, è arcinoto che la celebre casa cinematografica sforni da anni film e cartoni animati improntati alla più rigida ortodossia woke: una strategia che ha pagato ricchi dividendi in termini di galloni politicamente corretti, ma che, al contempo, ha fatto registrare pesanti perdite al botteghino (con tanto di dolorosi tagli al personale). Ad ogni modo, la Disney ha pensato bene di unirsi in prima fila alla crociata contro la legge di DeSantis. Che, dal canto suo, ha risposto per le rime ed è passato alla controffensiva. In Florida, infatti, sorge il Walt Disney World, un parco divertimenti che, per estensione e numero di attrazioni, supera anche la Disneyland di Los Angeles. Inaugurato nel 1971 vicino a Orlando, il Walt Disney World è un complesso mastodontico: è composto da quattro parchi tematici, due parchi acquatici, sei campi da golf e 27 hotel a tema, a cui si aggiungono diverse zone commerciali e aree di divertimento. Ma come è stato possibile edificare una struttura così imponente, che si estende per oltre 100 chilometri quadrati e accoglie circa 60 milioni di visitatori all’anno? Ebbene, è stato possibile perché la Florida, nel 1967, concesse alla Disney il controllo del distretto in cui sorge il parco, dando così alla casa cinematografica un’ampia autonomia gestionale. In pratica, la Disney ottenne un trattamento di favore che le permetteva di non dover sottostare a determinate regole in vigore nel resto della Florida, in particolare quelle sui permessi edilizi e la manutenzione delle strade.Per rispondere agli attacchi ricevuti, Ron DeSantis ha quindi revocato il controllo del distretto alla Disney. Che, ovviamente, non l’ha presa bene. Anche perché, poco prima della revoca, il colosso dell’intrattenimento aveva approvato un grande progetto che prevede la costruzione di un quinto parco a tema, 14.000 nuove stanze d’albergo e vari altri edifici: si parla di un investimento da circa 17 miliardi di dollari. Colpita nel portafogli, la Disney ha allora deciso di intraprendere una serie di azioni legali contro il governatore della Florida. Il quale però, nel novembre 2022, è stato rieletto alla guida dello Stato con una maggioranza bulgara, sfiorando il 60% dei voti: una vittoria così schiacciante non si registrava in Florida da ben 40 anni. Ora, dopo un anno di discussioni e trattative, Disney e DeSantis hanno trovato un accordo, con l’azienda di Topolino che ha fatto cadere ogni accusa contro il governatore. «Siamo contenti di mettere fine a tutte le cause in corso presso il tribunale statale della Florida», ha comunicato Jeff Vahle, il presidente del World Disney World. Da parte sua, DeSantis si è detto molto soddisfatto, sottolineando che questa intesa conferma la bontà delle decisioni della sua amministrazione: una vittoria su tutta la linea. La politica dell’«inclusività», dopotutto, ha danneggiato seriamente la Disney sia nell’immagine che nei bilanci. Lo ha fatto notare di recente il grande investitore Nelson Peltz, che mira a entrare nel consiglio d’amministrazione del colosso dell’intrattenimento. In un’intervista al Financial Times, Peltz ha criticato aspramente l’attuale dirigenza della Disney, in particolare l’ad Bob Iger e Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios (che fanno parte sempre del Gruppo Disney), ossia i due principali sostenitori della catastrofica strategia woke. «La gente guarda un film o una serie per divertirsi, non per ricevere un messaggio», ha sentenziato Peltz. Che poi ha spiegato: «Perché devo avere una Marvel tutta al femminile? Non che io abbia qualcosa contro le donne, ma perché devo farlo? Perché non posso avere una Marvel che sia entrambe le cose? Perché ho bisogno di un cast tutto nero?». A forza di rincorrere le minoranze, la Disney ha finito per perdersi la maggioranza. E ora deve pagarne lo scotto.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)