2023-04-01
L’inclusività al cinema è stata un flop. Disney lascia a casa 7.000 dipendenti
La locandina di «Eternals» (Marvel)
Annunciati tagli per 5,5 miliardi. Malgrado supereroi donna o «etnici» non facciano vendere hanno licenziato pure Isaac Perlmutter, l’uomo che ha risollevato Marvel e che paga per le sue idee non politicamente corrette.L’inclusività a tutti i costi, perseguita negli ultimi anni, ha presentato il conto. Salato. L’ad di Disney, Bob Iger, ha inviato, nei giorni scorsi, una lettera a tutti i dipendenti, annunciando il taglio di 7.000 posti (il 3% del totale), puntando così a risparmiare 5,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. «Per controllare i costi e creare un’attività più semplificata», ha giustificato la sforbiciata Iger. A sorpresa, ma forse neanche troppa, tra le prime teste a cadere, c’è quella di Isaac “Ike” Perlmutter. Il nome, ai più, potrebbe non dire molto. Ma si tratta dell’uomo, oggi ottantenne, che ha rilanciato, e alla grande, il marchio Marvel, traghettando la casa fumettistica dagli albi in edicola ai film campioni di incassi nel box office di tutto il mondo. Perlmutter ha scalato le gerarchie Marvel fin dagli anni Novanta. Fu sua l’idea di dare vita a film dedicati a personaggi dei fumetti molto amati come Spiderman e X-Men, per creare un impero economico che sfruttasse il merchandising derivato. Ed è sempre stato lui a rendere possibile la cessione di Marvel a Disney nel 2009, per 4 miliardi di dollari. Un personaggio tanto refrattario a farsi mostrare in pubblico quanto parsimonioso nella gestione della società. Quasi maniacale, vien da dire, visto che è diventato leggenda il suo diktat, rivolto ai disegnatori della Marvel Comics, di riciclare pure le graffette buttate nel cestino. L’ascesa della Marvel targata Perlmutter ha avuto un primo scossone nel 2015 quando, per dissidi interni nella società, Bob Iger gli levò il controllo dei Marvel Studios (in pratica, il ramo di società che si occupa di realizzare i film con i supereroi del Marvel cinematic universe, Mcu) confinando Perlmutter nella divisione Entertainment (oggi assorbita da Disney) che si occupava principalmente di supervisionare i prodotti di consumo legati al marchio Marvel (i fumetti, che fruttano fino a 60 milioni di dollari annui, le licenze per i videogiochi e gli spettacoli). Ma quali sono stati questi dissidi interni che portarono al depotenziamento di Perlmutter? Sostanzialmente, di strategia: la Disney si lamentava della mancanza di diversità nei film del Mcu e l’ha voluta inserire a forza in tutte le sue ultime produzioni mentre, per il dirigente silurato, i giocattoli dei personaggi femminili e di quelli di colore o di altre etnie non vendevano abbastanza per giustificare la produzione di film e serie televisive ad alto budget incentrati su di loro. Lo stesso Iger ha scritto, nel suo libro The ride of a lifetime, che Perlmutter «continuava a mettere i bastoni tra le ruote a film come Black Panther e Captain Marvel». Disney, che ha presentato il taglio di 7.000 dipendenti anche come una conseguenza della pandemia da Covid, e Marvel si trovano ora ad affrontare un momento molto delicato: la fase di grande espansione dell’universo cinematografico legato agli Avengers Iron man, Thor, Hulk, Spiderman e Captain America sembra essersi esaurita. I non esaltanti risultati della Fase 4 e il difficile avvio di quella successiva (Ant-Man and the Wasp: Quantumania è stato un colossale buco nell’acqua a livello di incassi e recensioni) hanno avuto un duro impatto sulla casa di Topolino. Per esempio: dopo l’esordio nella prima settimana, con un incasso in Usa di 109 milioni di dollari, nel weekend successivo il terzo film dedicato ad Ant-man ha visto un vero e proprio crollo, perdendo addirittura il 70% (solo 32,9 milioni), cosa mai accaduta prima. Dopo il successo mondiale dell’ultimo Avengers: Endgame, la Fase 4 del Mcu doveva lanciare eroi femminili, inclusività etnica e sessuale. Ma è stata un mezzo fiasco, su tutta la linea. Soprattutto a livello economico. Black Widow con l’attrice Scarlett Johansson è la pellicola che ha generato meno introiti e successo (379 milioni di incassi). Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è stato il primo film Marvel dedicato completamente alla cultura orientale, tanto che hanno recitato soltanto attori di origine asiatica. Box office appena sufficiente, ma è finito nel dimenticatoio. Ancora più ambizioso e inclusivo è stato Eternals, film scritto e diretto dall’autrice premio Oscar Chloé Zhao e inclusivo al massimo, visto che poteva contare sul primo eroe sordomuto (una donna) e il primo supereroe ufficialmente gay del Mcu, Phastos, portato in scena dall’attore di colore Brian Tyree Henry. Eternals è stato stroncato dagli incassi e pure dalle recensioni. Per non parlare di Ironheart: quando uscirà, conterrà il primo personaggio drag queen del Mcu. A fronte, dunque, di budget di produzione sempre più faraonici, il botteghino per i polpettoni politicamente corretti continua a piangere. E la disaffezione ad andare al cinema causata dal Covid c’entra ben poco. È probabile che siano i creatori di questo universo inclusivo in continua e frenetica espansione la vera ragione del flop. La gestione si sta rivelando difficile, soprattutto dopo l’inserimento delle serie tv. Troppi personaggi, troppe storie da far combaciare e da sacrificare sull’altare del politicamente corretto, troppa inclusività inserita a forza nel caratterizzare i personaggi e, soprattutto, troppi prodotti da far uscire tutti insieme. Fattori che non fanno che abbassare la qualità.
Simona Marchini (Getty Images)