Il Cav si riprende la scena con un lungo messaggio dopo un mese di ospedale. Il padre del partito ripercorre la sua avventura e indica la Cina come pericolo. Poi invita l’Ue a superare la regola dell’unanimità. Derby degli striscioni tra Marta Fascina e Lucia Ronzulli.
Il Cav si riprende la scena con un lungo messaggio dopo un mese di ospedale. Il padre del partito ripercorre la sua avventura e indica la Cina come pericolo. Poi invita l’Ue a superare la regola dell’unanimità. Derby degli striscioni tra Marta Fascina e Lucia Ronzulli.(Bis) Nonno Silvio è vivo, lotta insieme a noi, e sta pure meglio di quanto si potesse immaginare: il videomessaggio con il quale Silvio Berlusconi ha partecipato ieri alla convention di Forza Italia agli East end studios di Milano è una dimostrazione, l’ennesima, di quanto il vecchio leone non abbia alcuna intenzione di smettere di ruggire. Con un filmato realizzato al San Raffaele di Milano, dove si trova ricoverato dal 5 aprile scorso, Berlusconi parla per 20 minuti di fila: certo, è un po’ affaticato, ma la sensazione che trasmette è quella di aver attraversato anche questo mare, di aver scalato anche questa montagna. Una infezione polmonare, una leucemia cronica di cui soffre da tempo, hanno costretto Berlusconi, a 86 anni, a restare per molti giorni in terapia intensiva, e alzi la mano chi non ha temuto il peggio. E invece rieccolo, in camicia e giacca scura, seduto alla scrivania, pronto a tornare in campo, anche se in realtà dal campo non è mai uscito: i giorni più difficili hanno fatto registrare una ondata di affetto sincero da parte della stragrande maggioranza degli italiani, anche di quelli lontani dalle idee di Forza Italia, ma che si sentono rassicurati dal fatto che Silvio sia sempre qui, perché, in fondo in fondo, ognuno di noi almeno una volta nella vita ha spazzato via la paura della vecchiaia pensando a lui. I contenuti del discorso sono un mix di sentimentalismo, grandi classici e spunti politici di attualità. «Qualche notte fa», esordisce il Cav, «qui al San Raffaele mi sono svegliato improvvisamente con una domanda in testa che non riuscivo a mandare via: ma come mai sono qui? Ma che ci faccio qui? Per cosa sto combattendo io qui? Vicino a me vegliava la mia Marta. Anche a lei posi la stessa domanda: perché siamo qui? E lei mi disse: siamo qui perché hai lavorato tanto, ti stai impegnando molto per salvare la nostra democrazia e la nostra libertà». Marta è, naturalmente, la Fascina, la quasi-sposa di Berlusconi, nuova reggente del cerchio magico di Silvio, quel cordone politico che da decenni circonda il Caro leader, sempre e comunque governato da una donna. Molto dopo Francesca Pascale, ormai diventata un personaggio pubblico autonomo, con le sue battaglie per i diritti civili e il matrimonio con Paola Turci, e subito dopo Licia Ronzulli, fedele aiutante di campo sacrificata sull’altare della necessità di tenere ben saldi e senza ombre i rapporti con Giorgia Meloni, ecco Marta Fascina, devota e pia, silenziosa e dal look sempre castigatissimo, che ha trascorso in ospedale tutto il mese, non lasciando mai il suo quasi-sposo. Il derby Fascina-Ronzulli si consuma a colpi di striscioni: «Marta sei una leader. Il popolo di Forza Italia ti ama», recita un banner portato a Milano da un gruppo di giovani di Forza Italia provenienti dalla Campania; «Forza Licia» è invece lo striscione dedicato alla capogruppo al Senato, che però viene fatto spostare, secondo la ferrea legge del più forte che regna in tutte le curve degli stadi del mondo. Una buona metà del discorso di Berlusconi è dedicata alla storia di Forza Italia, ed è la parte dei grandi classici, delle hit evergreen: «Tutto ebbe inizio», ricorda Silvio, «quando i sondaggisti delle mie tv in quel giugno del 1993 parteciparono a una mia riunione e interrogati da me sulle elezioni che erano vicine, affermarono con sicurezza: vinceranno i comunisti! I comunisti? Ma no, non è possibile, risposi d’impeto, non hanno mai vinto! C’è sicuramente una soluzione per continuare a non farli vincere! Risposero: l’unica via è fondare un nuovo partito che sappia contrastare la sinistra. Ma c’è qualcuno in grado di farlo? Si guardarono», aggiunge Berlusconi, «sorrisero e puntarono il dito su di me. Solo lei, presidente, perché lei con il suo Milan è diventato il simbolo della vittoria, e poi perché è amato dagli italiani». Gli applausi scroscianti della platea saranno in tutto 16, più o meno uno ogni minuto del discorso. Si passa all’attualità: «Noi siamo il pilastro essenziale e leale di questa maggioranza», sottolinea Berlusconi, «siamo la spina dorsale di questo governo. Per questo siamo in campo, per far sì che le sue decisioni siano davvero corrette, giuste, equilibrate. Noi vogliamo aumentare le pensioni, i salari, gli stipendi che sono rimasti quelli di 20 anni fa. Noi vogliamo ridurre la pressione fiscale sotto il 40% mentre ora è al 44%». Non manca, per la gioia di Giorgia Meloni, che sta cercando il modo di svincolarsi dagli accordi della Via della Seta, e degli Stati Uniti, una randellata alla Cina: «L’Europa è il nostro orizzonte di riferimento», sottolinea Berlusconi, «solo l’Europa può essere protagonista nelle grandi sfide globali, a cominciare da quella posta dall’imperialismo cinese. L’Europa», si rammarica Silvio, «nel mondo, conta poco. Se la Cina, lo dico naturalmente per assurdo, un giorno decidesse di occupare l’Italia, e magari qualche altro Paese europeo, non sapremmo assolutamente contrastarla e la cosa migliore che ci converrebbe fare sarebbe quella di andare a scuola a studiare il cinese! Dobbiamo far sì che l’Europa divenga un vero continente unito, con regole di voto diverse rispetto a quelle attuali. Dobbiamo passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata». Un tema che l’Europa si sta ponendo, ma che come i lettori della Verità sanno bene, potrebbe essere per l’Italia un’arma a doppio taglio. Se dovesse arrivare la modifica, con l’addio alla necessaria unanimità, sostituita da due forme di voto, la maggioranza semplice e, per i temi più delicati, una maggioranza qualificata di almeno 15 Stati su 27 e di una rappresentanza non inferiore al 65% della popolazione Ue, per contare qualcosa Roma dovrebbe sedere nel salotto buono, con Parigi e Berlino.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.







